Antonia Klugmann: «Con me tutto ha più sapore»
Antonia Klugmann è la chef stellata che sostituirà Carlo Cracco tra i giudici del talent show Masterchef. Nella sua cucina prepara ricette a base di erbe che vengono dai boschi. E questa capacità di trasformare la natura in piatti gourmet l’ha portata lontano: l’ha fatta diventare una vera protagonista, non solo in tv.
«Nessuno può dire di conoscermi davvero finché non mangia qualcosa cucinato da me». Sarebbe da prenderla in parola, Antonia Klugmann, 38 anni il 2 settembre, triestina, professione chef. Anche solo per curiosità. E se il suo nome non vi dice nulla, aspettate di vederla come prima donna giudice nella prossima edizione di Masterchef (in onda in dicembre su Sky Uno, al posto di Carlo Cracco).
Avvocato mancato, la sua carriera è cominciata per caso. «Mi piaceva studiare Giurisprudenza, ma dopo tre anni ho lasciato l’università: non mi vedevo a fare quel mestiere per tutta la vita», racconta Antonia. «Mi sarebbe piaciuto qualcosa di più creativo. Amo l’arte e il teatro. A quei tempi, vivevo da sola e l’unica cosa che facevo la sera, quando rientravo dopo le lezioni, era preparami da mangiare. Ma non sapevo cucinare. Ho sempre voluto imparare a farlo e già che c’ero ho frequentato un corso serio, cucina generale e pasticceria della scuola Altopalato».
Ha scoperto una vocazione e da allora non si è più fermata. «Solo quando cucino mi sento davvero me stessa».
Antonia ha un tratto che la caratterizza: il perfezionismo. Quando qualcosa le piace, ci si butta con passione. Le piaceva la vela ed è diventata istruttrice (al centro velico di Caprera, tra le più antiche scuole italiane), e da aspirante cuoca è diventata una chef stellata.
Ha fatto per quattro anni la gavetta sotto la guida dello chef Raffaello Mazzolini. Nel 2009, dopo aver aperto il suo primo locale in provincia di Udine, arriva in finale come Miglior chef emergente del Nord Italia e l’anno dopo vince il torneo esordienti della Prova del Cuoco, su Raiuno. Nel dicembre 2014 finisce la costruzione del suo ristorante: L’Argine di Vencò, a Dolegna del Collio, in provincia di Gorizia, che dopo pochi mesi ha ricevuto una stella Michelin all’interno della Guida 2016.
Proprio per la sua passione per il trattamento dei cibi, la casa auto mobilistica Alfa Romeo l’ha scelta come ambasciatrice della prossima campagna pubblicitaria per il lancio di Stelvio, il nuovo Suv, tutto dedicato “a chi ci mette le mani”.
E tra i fornelli ha trovato anche l’amore, Romeo De Feo. «Stiamo insieme da 16 anni, lui è il mio uomo di sala, è un maître e non un cuoco, per fortuna. Non ci possono essere due chef sotto lo stesso tetto». Il ristorante lo hanno aperto insieme, vicino a un bosco, sul confine tra Italia e Slovenia, ed è stata eletta miglior cuoca per la Guida dell’Espresso 2017. Nonostante i successi, però, Antonia non ha perso la semplicità.
Ci sentiamo al telefono durante una pausa delle riprese di Masterchef e durante l’intera chiacchierata si è sempre definita “una cuoca”.
Antonia, come si trova a fare televisione?
«È un’esperienza tutta diversa, anche se in qualche modo il cuoco ha sempre a che fare con un pubblico. Oggi dobbiamo anche comunicare ciò che facciamo. Gran parte del mio lavoro è anche questo, andare in altri ristoranti, fare dimostrazioni e congressi. E anche nel nostro ristorante la cucina è a vista, dietro una grande vetrata. I clienti mi vedono cucinare. In un certo senso è come se andassi in scena».
Quasi un reality show a tutti gli effetti. Ma è proprio sicura di poter sostituire un caratteraccio come quello di Cracco?
«Il mio obiettivo non è replicare ciò che faceva Carlo. Ho avuto modo di conoscerlo in diverse occasioni e lo apprezzo molto. Siamo diversi ma quanto al caratteraccio, mi creda, ce l’ho anch’io. In cucina sono molto severa, ci tengo che tutto sia perfetto. Per un cuoco può anche essere la centesima volta che compie quel gesto nel preparare un certo piatto, ma il cliente che viene da noi è spinto dalla curiosità e deve avere attenzione al cento per cento».
È vero che manda i suoi collaboratori in giro per i boschi?
«Sì, poveretti. Oggi siamo troppo abituati ad andare al mercato a comprare ciò che serve, e quasi sempre troviamo di tutto. Invece, l’alimento selvatico non è sempre disponibile e raccoglierlo in modo corretto determina il raccolto di domani».
Lei usa le erbe dei boschi. Più che un corso di cucina, i cuochi devono frequentare cenni di botanica!
«Sì, all’inizio i giovani che vengono da noi sono in difficoltà, ma imparano presto».
Da dove è nata questa passione per la natura?
«L’ho presa da mia madre, che nella vita fa il medico. Ma è stato un amore da adulta. Lei è sempre stata un’amante del giardinaggio, mentre io lo odiavo e non la capivo quando stava ore a curare le piante. Oggi ho un orto tutto mio ed è il cuore della mia cucina».
Alfa Romeo l’ha scelta come uno dei talenti che “hanno lasciato il segno e non ha paura a metterci le mani”. Ma che cosa c’entra lei con le auto?
«Se vedesse le mie mani capirebbe la mia passione per la manipolazione degli ingredienti. Per non parlare dell’orto che me le rovina. E in più, io adoro guidare. Faccio tra gli 80 e i 100 mila chilometri l’anno. In auto mi rilasso e spesso il mio tempo libero è quello che trascorro nei trasferimenti. Tante idee per i miei piatti mi sono venute mentre ero alla guida».
Ci fa un esempio?
«Una pasta con i garusoli, lumache di mare, condita con del silene, un’erba comune che si trova nei prati, in Friuli Venezia Giulia si chiama sclopit, molto usata anche in Emilia, ma lì si chiama strigolo. Con le lumache di mare ho creato un ragù, una salsa rossa, da abbinare ai maccheroncini fatti in casa e sopra l’erba povera. Oppure un’altra, la zucca alla liquirizia e all’erba Luisa: radice di liquirizia grattugiata, adagiata sopra zucca confit cotta al forno con buccia di limone e arancio, con una purea di funghi e mandorla».
E un sogno che non sia commestibile?
«Vorrei consolidare ciò che ho costruito. Mi affascinano le grandi famiglie di ristoratori, quelli che si tramandano le tradizioni da generazioni. E il mio progetto è continuare a fare sempre meglio il mio lavoro».
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