A 18 anni è andata via da Cuba, si è sposata in Spagna, ha voltato ancora pagina ed è sbarcata a Hollywood. Ana de Armas è la rivelazione di Blade Runner 2049. e qui racconta perché sul set, a cominciare da Ryan Gosling, nessuno poteva fare a meno di lei.
Ordina un caffè e mi dice che durante le riprese di Blade Runner 2049 non lo beveva mai, per non essere tentata di metterci tanto zucchero. Ana de Armas è un tipo solare e presto mi accogerò che sa prendere con ironia le piccole manie del suo lavoro di attrice.
Siamo nel cuore di Barcellona, fa caldo e sono i frenetici giorni prima dell’uscita del film più atteso dell’anno. Boccoli ramati e labbra carnose, mi racconta che nel film interpreta Joi, la miglior amica dell’Agente K, cioè Ryan Gosling.
Mi ricorda anche che quando Ridley Scott ha girato il suo capolavoro, lei che oggi ha 29 anni, non era nemmeno nata. Ana ha lasciato Cuba a 18 anni per trasferirsi in Spagna da sola. Poi è stata la volta di Los Angeles, dove vive.
L’attrice è già stata sposata all’attore spagnolo Marc Clotet, da cui si è divisa dopo due anni, e oggi è single. Ma considerato che ha debuttato a Hollywood con due film, solo un paio di anni fa (entrambi al fianco di Keanu Reeves), e che si trova già sul set di Three Seconds, diretta da Andrea Di Stefano, con Rosamund Pike e Clive Owen, siamo sicuri che di lei si sentirà parlare parecchio.
Come descriverebbe il personaggio di Joi?
«È una donna molto coraggiosa e appassionata, è la migliore amica e amante dell’Agente K: lo sostiene e lo incoraggia. Perché lo ama davvero, e per lui farebbe qualsiasi cosa».
Come ha ottenuto un ruolo così importante?
«Facendo tre audizioni. All’inizio non credevano fossi adatta, ma quando il regista Denis Villeneuve è venuto sul set, la seconda volta, e mi ha visto nella scena in cui dico a Ryan: “Ti ho sempre detto che sei speciale”, ha capito che ero la ragazza giusta».
Ricorda la prima volta in cui ha visto Blade Runner?
«Ero molto giovane, a Cuba, e non ho capito quello che poi ho realizzato dopo, lavorandoci. Scott è stato un genio visionario, ha raccontato il futuro dell’umanità, il senso degli esseri umani e della tecnologia».
Lavorare con Ryan Gosling è il sogno delle sue colleghe, lo sa?
«Se sei così fortunata da realizzarlo, è un viaggio facile. È così divertente e preparato, ti rende le cose molto semplici. E poi vuole costruire qualcosa con te, è un uomo che ama il gioco di squadra».
Che atmosfera c’era sul set?
«Una tensione pazzesca, mista a momenti di grande divertimento. Ryan ha un grande senso dell’umorismo e alleggeriva il clima. Però anche io ho contribuito, ero quella che ballava per lui tutto il tempo».
In che senso?
«Lo facevo senza musica. Sono una persona felice, e siccome il lavoro era pesante, questo era il modo che avevo trovato per distrarci».
Ha lasciato Cuba a 18 anni, si è trasferita in Spagna e poi a Los Angeles. Dove si sente a casa?
«Non credo ci sia un posto fisico, ma che contino le persone che ti circondano. Però Cuba resta il mio vero nido, lì ci sono i miei genitori, i miei amici, le mie radici».
So che quando è arrivata a Los Angeles non parlava nemmeno inglese. Si è dimostrata coraggiosa, un po’ come il suo personaggio.
«È una città durissima, specie se paragonata ai valori con cui sono cresciuta, lontani dalle fantasie di Hollywood. Qui tutto sembra molto superficiale, non sai mai di chi ti puoi fidare, quindi vivo con il mio piccolo gruppo di amici e il mio cane. A volte mi chiamano i conoscenti che ho ancora in Spagna, per dirmi che vorrebbero fare un grande cambiamento nella vita, e mi chiedono consigli su come mi sono comportata io. Non ci ho mai pensato: sarò immatura, ma penso sempre che nelle cose sia meglio buttarsi e basta».
Condivide le sue scelte con qualcuno?
«No, faccio da sola. Quando ho deciso di lasciare Cuba non avevo mai viaggiato. I miei mi hanno incoraggiata a seguire il mio sogno, dicendomi che sarei potuta tornare a casa in qualsiasi momento. Così ho imparato a fidarmi di me stessa, ed è importante perché mi sono trovata anche a dover lottare. In Spagna mi sono creata una nuova famiglia, e dopo otto anni l’ho di nuovo lasciata: per ogni scelta c’è sempre un prezzo da pagare».
La lezione più importante che ha imparato finora?
«Ho capito che non devo giudicarmi e farmi troppe domande, ma stare con i piedi per terra e apprezzare quello che ho».
Quando a 13 anni è andata all’accademia di Teatro dell’Havana per studiare recitazione, se lo sarebbe mai aspettato di finire sul set con Harrison Ford?
«Per niente, anche se sapevo di voler fare questo lavoro. In famiglia stavamo bene con quello che avevamo, però volevo crescere, e sapevo che là fuori, nel mondo, c’era dell’altro, e sono andata a prendermelo. A 16 anni ho girato il primo film, e oggi sono qui».
Che cosa si immagina dopo Blade Runner 2049?
«So che mi vedranno tutti. Credo che seguirò il consiglio di mio padre: “Guarda il più lontano possibile, ma fai piccoli passi”».
La sua è una famiglia numerosa?
«No, ho un fratello, è un fotografo che lavora a New York come ritrattista indipendente».
Ne deduco che i vostri genitori abbiano incoraggiato molto la creatività.
«Mio padre è andato a studiare filosofia in Russia, era un insegante, e anche mia madre è una donna colta».
Chi ha avuto come modello e ispirazione, in questi anni?
«Mi piace molto Cate Blanchett, passa da grandi film a quelli indipendenti. Adoro anche Diane Keaton e Jennifer Lawrence. E poi ammiro molto chi produce, come l’attrice Elisabeth Moss. Sento che sempre più donne stanno prendendo piede in questo mondo, e io tifo per loro».
Photo Credits: Getty Images e Instagram
© Riproduzione riservata