Meghan Markle racconta la dolorosa esperienza dell'aborto spontaneo: «È un dolore quasi insopportabile»
Duchessa del Sussex, moglie del principe Harry, "principessa" che ha lasciato diritti e doveri reali per il bene della sua famiglia, in particolare del suo primo figlio Archie.
Di sicuro Meghan Markle non ha bisogno di alcuna presentazione. In fondo, è stata presa di mira dai giornali di tutto il mondo arrivando ad essere la persona più trollata su internet di tutto il 2019.
Nonostante tutto questo, però, Meghan ha deciso di non lasciarsi fermare dalle critiche ma continuare invece a fare del bene, a qualsiasi costo. Anche quando si tratta di raccontare una dolorosa storia personale.
In un editoriale molto toccante scritto per il New York Times, Meghan rivela di aver avuto un aborto spontaneo lo scorso luglio, spiegando le difficoltà di superare il dolore e la tristezza di questo momento così delicato e doloroso per moltissime donne.
Riportiamo qui quanto scritto dalla Duchessa.
(Continua sotto la foto)
La lettera in cui Meghan Markle racconta il suo aborto spontaneo
«Era una mattina di luglio che iniziava normalmente come qualsiasi altro giorno. Prepara la colazione. Dai da mangiare ai cani. Prendi le vitamine. Trova il calzino mancante. Raccogli quell pastello che è rotolato sotto il tavolo. Mi sistemo i capelli in una coda di cavallo prima di prendere mio figlio dalla sua culla.
Dopo aver cambiato il pannolino, sentii un forte crampo. Mi lasciai cadere a terra con lui tra le braccia, canticchiando una ninna nanna per calmarci entrambi La melodia allegra era in netto contrasto con la mia sensazione che qualcosa non andasse bene.
Sapevo, mentre stringevo il mio primogenito, che stavo perdendo il secondo.
Ore dopo, ero in un letto d'ospedale, tenendo la mano di mio marito. Sentii l'umidità della sua mano e gli baciai le nocche, bagnate dalle nostre lacrime. Fissando le fredde pareti bianche, i miei occhi persero espressione. Provai a immaginare come saremmo guariti.
Ho ricordato un momento dell'anno scorso quando Harry e io stavamo finendo un lungo royal tour in Sud Africa. Ero esausta. Stavo allattando nostro figlio appena nato e stavo cercando di mantenere una facciata coraggiosa sotto gli occhi del pubblico.
"Stai bene?" mi aveva chiesto un giornalista. Gli risposi onestamente, non sapendo che ciò che stavo per dire avrebbe risuonato in così tante mamme nuove e non, e con chiunque avesse, a modo suo, sofferto in silenzio. La mia risposta improvvisata sembrava dare alle persone il permesso di raccontare la loro verità. Ma non è stato tanto poter rispondere onestamente ad aiutarmi, quanto la domanda in sé.
"Grazie per avermelo chiesto", ho detto. "Non molte persone mi hanno chiesto se sto bene".
In quel letto d’ospedale, guardando il cuore di mio marito andare in pezzi, mentre lui tentava di tenere insieme i pezzi del mio, ho capito che l’unico modo per iniziare a guarire è questo, chiedere "Stai bene?"»
La Duchessa ha continuato ripercorrendo mentalmente quest'anno e tutto il dolore che ha portato con sé. Ha ricordato le vittime di COVID e le violenze in America contro gli afroamericani; in particolare ha fatto riferimento a Breonna Taylor e George Floyd.
«E noi stiamo bene? Quest'anno ha portato tantissime persone ad un punto di rottura. Perdita e dolore hanno afflitto ognuno di noi nel 2020, facendoci affrontare momenti difficili e debilitanti.
Inoltre, sembra che non riusciamo più ad andare d'accordo su ciò che è vero. Non solo litighiamo per le nostre opinioni; ma siamo polarizzati sul fatto che ciò che sia accaduto sia, in effetti, vero. Siamo in disaccordo che la scienza sia reale. Siamo in disaccordo che un'elezione sia stata vinta o persa. Siamo in disaccordo sul valore del compromesso. Questa polarizzazione, insieme all'isolamento sociale necessario per combattere questa pandemia, ci ha fatto sentire più soli che mai».
E tornando all'esperienza dell'aborto, Meghan Markle racconta:
«Perdere un figlio significa portare con sé un dolore quasi insopportabile, vissuto da molti ma di cui parlano pochi. Nel dolore della nostra perdita, io e mio marito abbiamo scoperto che in una stanza di 100 donne, tra le 10 e le 20 di loro hanno una volta nella vita sofferto di aborto spontaneo. Eppure, nonostante la sconcertante comunanza di questo dolore, questo tema rimane un tabù, piena di vergogna (ingiustificata) che perpetua un ciclo di lutto solitario.
Qualcuno, molto coraggiosamente, ha già raccontato la sua storia: ha aperto la porta, sapendo che quando una persona dice la verità, dà a tutti la licenza di fare lo stesso. Abbiamo imparato che quando le persone ci chiedono come stai e ascoltano davvero la risposta, con cuore e mente aperti, il carico di dolore spesso diventa più leggero, per tutti noi. Invitati a condividere il nostro dolore, insieme facciamo i primi passi verso la guarigione.
Quindi questo Ringraziamento, mentre pianifichiamo festeggiamenti diversi da qualsiasi altro anno - molti di noi separati dai nostri cari, soli, malati, spaventati, divisi e anche alla disperata ricerca di trovare qualcosa, qualsiasi cosa, di cui essere grati - impegniamoci a chiedere agli altri "Stai bene?". Per quanto possiamo essere in disaccordo, per quanto fisicamente distanti, la verità è che siamo più connessi che mai a causa di tutto ciò che abbiamo sopportato individualmente e collettivamente quest'anno.
Ci stiamo adattando a una nuova normalità in cui i nostri volti sono nascosti da maschere, ma questo ci costringe a guardarci negli occhi, a volte pieni di calore, altre di lacrime. Per la prima volta, da molto tempo, come esseri umani, ci stiamo davvero guardando in faccia, ci stiamo davvero vedendo.
Stiamo bene? Sì, prima o poi staremo bene».
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