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Moda

“La mia moda nasce dai ricordi”: Chiara Corso, la vincitrice italiana di Refashion che dà nuova vita al passato

“La mia moda nasce dai ricordi”: Chiara Corso, la vincitrice italiana di Refashion che dà nuova vita al passato

foto di Cecilia Falovo Cecilia Falovo — 29 Ottobre 2025
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Vincitrice di Refashion-Il Futuro della Moda, la nuova produzione di Vinted e Discovery Media, Chiara Corso conquista pubblico e giudici con una capsule ispirata agli anni ’60

È italiana la vincitrice della prima edizione di Refashion- Il Futuro della Moda, il nuovo show di Vinted e Discovery Media dedicato alla moda second-hand e al design circolare.

Si chiama Chiara Corso, vive nel Regno Unito, e ha conquistato pubblico e giudici con una capsule ispirata alla Nostalgia e agli anni ’60, intrecciando memoria, stile e sostenibilità.

Per chi non lo conoscesse ancora, il programma trasmesso su Real Time e discovery+ ha visto otto giovani designer europei sfidarsi per creare look da passerella esclusivamente con capi di seconda mano, trasformando l’usato in haute couture.

Il premio? Presentare la propria collezione alla London Fashion Week e contribuire con le vendite a Oxfam, organizzazione impegnata contro la povertà e le disuguaglianze.

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Florencia Di Stefano-Abichain - speaker, content creator e presentatrice radiofonica al suo debutto come conduttrice televisiva 

Credits: Courtesy of Press Office

Abbiamo avuto il piacere di parlare con Chiara Corso dopo la sua vittoria e scambiarci idee riguardo alla creatività, alla memoria e al futuro della moda sostenibile.

Cosa ti ha spinto a partecipare a Refashion- Il Futuro della Moda e cosa ti ha attratto di più del concept legato al second-hand?

«Un’amica mi ha mostrato l’annuncio e ha pensato che fosse perfetto per me. Lavoro spesso con abiti di seconda mano, così ho deciso di provarci, anche se all’inizio ero titubante. Il mondo della moda può essere spietato, ma ho scelto di fidarmi di me stessa, dei miei sogni e della mia creatività. L’idea di reinventare capi pre-loved e trasformarli in qualcosa di nuovo mi ha subito affascinata: è come dare una seconda possibilità, sia agli abiti che alle idee.»

ok Melissa Haldbrook Akposoe, Zadrian Smith, Florencia Di Stefano-Abichain (2)

Credits: Courtesy of Press Office

Hai vinto con una capsule ispirata alla “Nostalgia” e agli anni ’60. Com’è nata l’idea e che ruolo ha avuto tua nonna nel processo creativo?

«Mia nonna è sempre stata la mia musa. Da bambina la vedevo come un raggio di sole, elegante e sorridente anche solo per andare in spiaggia. Quella passeggiata verso il mare, in cui salutava tutti con il suo sorriso, per me era una vera passerella. Ho voluto catturare quella gioia e quell’eleganza spontanea. Gli anni ’60 rappresentano proprio questo: un’epoca di ottimismo, amore e leggerezza. Volevo che i miei abiti raccontassero quel senso di felicità che provavo accanto a lei.»

Creare con capi second-hand richiede un approccio diverso rispetto al disegnare da zero. Qual è stata la sfida più grande?

«Quando lavori con capi già esistenti, non hai metri di tessuto neutro davanti a te. Hai forme, cuciture, materiali limitati: è come risolvere un puzzle con pezzi già vissuti. Ma è proprio lì che nasce la vera creatività. Devi imparare ad ascoltare ciò che un capo ti suggerisce.»

Sei ore per completare ogni look: come si lavora sotto quella pressione?

«Sei ore non sono per niente sufficienti! (ride) Ricordo la prima puntata: tutti tagliavano e cucivano, io fissavo il manichino sperando mi dicesse qualcosa! Poi mi sono detta: divertiti, segui la tua visione. Da lì in poi ho lasciato scorrere la creatività. Certo, ci sono stati momenti di panico, ma ho imparato a lasciar andare il perfezionismo. E sì, toglietemi tutto, ma non le paillettes e gli strass - altrimenti non sarei io!»

Oggi i tuoi capi sono in vendita su Vinted e il ricavato va a Oxfam Italia. Cosa significa per te?

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Credits: Courtesy of Press Office

«È un onore immenso. La moda è spesso vista come qualcosa di superficiale, ma qui c’è un valore profondo: le mie creazioni non solo raccontano una storia, ma aiutano concretamente altre persone. Quegli abiti dimenticati ora generano qualcosa di buono, e questa è una sensazione stupenda. È come un cerchio di positività che si allarga sempre di più.»

Il second-hand è ancora percepito da molti come “alternativo”. Pensi che esperienze come Refashion possano cambiare le cose?

«Sì, assolutamente. I vestiti dovrebbero portare storie, non polvere. Spesso ci dimentichiamo quanta vita ci sia dentro un capo. Oggi comprare usato è diventato anche un gesto di stile, non solo di consapevolezza. E se un abito proviene da qualcuno che lo ha amato, tu ne erediti anche una parte della sua energia. È questo che rende il second-hand così speciale: è autentico.»

Hai lavorato con designer da tutta Europa. Cosa hai imparato da quel confronto?

«È stata un’esperienza meravigliosa. All’inizio temevo un ambiente competitivo, ma mi sono ritrovata tra persone creative, gentili e generose. Ci scambiavamo idee, consigli, materiali. Nessuno proteggeva i propri segreti, tutti condividevano un sogno comune: creare moda in modo sostenibile. È stato bellissimo vedere come ognuno interpretasse la sostenibilità in modo diverso, ma con lo stesso scopo: trasformare il pre-loved in re-loved.»

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Credits: Courtesy of Press Office

Guardando al futuro, quali sono i tuoi prossimi progetti?

«Voglio continuare a creare capi pre-loved trasformandoli in pezzi unici e lavorare con brand che condividano la mia visione. Non riesco a fermarmi: la mia creatività deve trovare una via per esprimersi, e questo è il modo più autentico che conosco.»

Se potessi lasciare un messaggio a chi comprerà un tuo look su Vinted, cosa diresti?

«Quando indossi uno dei miei capi e ti senti più leggera, sorridi o balli, sappi che è per quel momento che creo. Ogni cucitura porta un pezzo della mia anima. Vorrei che chi li indossa si sentisse unico, perché lo è: come il capo che ha scelto.»

Con la sua energia luminosa e la sua sensibilità artistica, Chiara Corso rappresenta una nuova generazione di designer per cui la moda è espressione, memoria e responsabilità.

Refashion ha dimostrato che lo stile non deve per forza nascere dal nuovo: può germogliare dal passato, rinascere da un abito dimenticato e trasformarsi in un gesto di bellezza consapevole.

E guardando le sue creazioni, è chiaro che il futuro della moda non è solo sostenibile, è profondamente umano.

© Riproduzione riservata

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