Sara Jessica Parker: Il bello di essere la prima

Quando ancora non c’erano i social network la sua forza è stata condividere tutto della sua vita. Ecco perché il simbolo di Sex and the City, in cui si sono identificate milioni di donne, è in mostra con Grazia a Milano. E qui Sarah Jessica Parker racconta perché anche nella nuova serie Divorce diventerà un’icona

Sara-Jessica-Parker-g

Se mai un giorno scriveranno la storia definitiva delle serie tv, probabilmente Sarah Jessica Parker si meriterà la copertina. L’attrice americana, 51 anni, è senza dubbio il simbolo della stagione d’oro dei serial di culto, grazie ai 94 episodi in cui è stata Carrie Bradshaw, la protagonista super glam di Sex and the City. Sarah Jessica e Carrie sono state a lungo nell’immaginario collettivo una persona sola, l’icona di stile in cui si sono identificate generazioni di donne. Come vi racconteremo in YOU, la mostra organizzata da Grazia con The Blonde Salad e in programma alla Triennale di Milano dal 7 al 13 ottobre (vedi pagina 102 e 116), la forza di Parker non sono stati solo abiti e accessori esclusivi, ma la capacità di incarnare una donna che, molto prima dello strapotere dei social, metteva a disposizione di tutti ogni particolare, anche imbarazzante, della sua vita sentimentale. E adesso a chi le chiede se la serie, terminata dopo sei stagioni nel 2004, potrebbe avere un seguito, lei risponde candidamente: «Vediamo».

Intanto, Parker è pronta a un altro ruolo simbolo. All’hotel Four Seasons di Los Angeles l’attrice mi parla di come si è trasformata in Frances, la protagonista di Divorce (il debutto in America è previsto per il 9 ottobre, mentre in Italia arriverà su Sky Atlantic dal 30 novembre). E se per anni avevamo sognato il matrimonio di Carrie con l’eterno fidanzato, Mr. Big, ora troviamo Parker alle prese con una separazione. In un momento in cui Hollywood è sconvolta dal tumultuoso divorzio tra Angelina Jolie e Brad Pitt o da quello, meno rumoroso, ma altrettanto sorprendente tra Naomi Watts e Liev Schreiber (vedi anche a pagina 139) che poche settimane fa avevamo visto affiatati a Venezia, nessuna trama è più attuale di questa. Soprattutto per Parker che spesso si è trovata al centro di inconsistenti gossip sullo stato della sua relazione con il marito, l’attore Matthew Broderick.

Che cosa sapeva di divorzi prima di unirsi al cast di questa serie tv?

«Quello che più o meno sappiamo tutti. I miei genitori si sono separati quando ero ancora una bambina, i miei fratelli non sono più sposati e ho buone amiche che, se non hanno divorziato, in passato hanno attraversato profonde crisi coniugali. L’unica cosa che posso dire con certezza è che ogni separazione è una storia a sé. E che, per quanto marito e moglie lo scelgano per prendere strade diverse, hanno un solo modo per superarlo bene: lavorare insieme su questa rottura».

Il prossimo anno lei e Matthew Broderick raggiungerete il traguardo dei 20 anni di matrimonio. Come siete riusciti ad avere una relazione così longeva?

«La risposta è sempre la stessa: il segreto è tenere il nostro rapporto per noi. Non ne parliamo e quindi lo facciamo restare una cosa solo nostra».

Però da donna sposata avrà vissuto qualche volta le situazioni che provocano l’allontanamento tra i protagonisti di Divorce.

«Certo, anche se il mio matrimonio è diverso da quello del mio personaggio, so bene quanto sia difficile fare i genitori senza litigare ed essere sulla stessa lunghezza d’onda nella gestione della casa e nel vivere i sentimenti. Per esempio, pur non essendo in crisi, comprendo bene il senso d’inerzia che fa star male Frances. Una delle sue battute migliori è quando dice al marito che lei ogni sera torna a casa felice e che poi tutto passa appena vede la macchina di lui parcheggiata all’esterno».

Però dice anche altro.

«Sì, dice: “Voglio cambiare la mia vita finché ne ho la possibilità”. Può sembrare una frase egoistica, soprattutto se pronunciata da una persona che ha promesso di amare l’altro per sempre, ma so bene che tanti si sentono esattamente allo stesso modo».

Nella serie siete divertenti. Penso a quando confessa a suo marito, l’attore Thomas Haden Church, che l’inizio della fine è stato quando si è fatto crescere i baffi.

«Volevamo sembrare veri e il divorzio, benché sia un tema serissimo, dà vita a tante situazioni che hanno un risvolto umoristico. Uomini e donne iniziano a comportarsi come se fossero bambini, si fanno dispetti, oppure eliminano ogni filtro e, nel lasciarsi, dicono al partner tutto quello che hanno taciuto per non farlo star male. Frances, per esempio, in certi momenti sembra freddissima, in altri esagera, arriva persino a essere crudele: ma questo era il modo più onesto di raccontare una donna alle prese con una delle crisi più importanti della sua vita. E poi il divorzio non stravolge solo la tua vita sentimentale, ma mette in discussione la tua idea di sicurezza: quella economica, ma non solo».

In questo percorso un ruolo determinante ce l’ha anche l’aspetto fisico. Rispetto a Sex and The City, qui la vediamo alle prese con un guardaroba tutt’altro che glam.

«Era molto importante che i miei abiti segnassero una rottura dalle precedenti esperienze televisive. Frances non è trasandata o mal vestita, è solo una donna e una madre in un momento difficile. Per rendere questa idea al meglio i nostri costumisti hanno deciso di farmi indossare solo abiti e scarpe usati. Sono stata conquistata da questa scelta perché senza gli abiti giusti avremmo tradito lo spirito della storia. Quindi, anche se quello che vedrete in tv non vi sembra esattamente della mia misura, sappiate che era esattamente l’effetto che cercavamo».

Un’altra cosa inusuale è vederla nei panni di madre di un adolescente. Lei nella realtà ha tre figli, James, 14 anni, e le gemelle, Marion e Tabitha, 7. Si è preparata a Divorce pensando a loro?

«Sì, il ruolo del genitore mi è venuto abbastanza naturale. Ma mi ha fatto anche riflettere su quanto, i ragazzi siano sensibili al clima familiare: se c’è qualcosa che non va, ne risentono subito. Tanto che uno dei passaggi più difficili per una coppia che si sta separando è proprio trovare il modo di parlarne ai figli».

Lei con chi si sfoga, quando le cose in famiglia non vanno per il verso giusto?

«Io mi trovo molto a mio agio a parlare con mio fratello Pippin, ma anche mia sorella Rachel mi ha aiutato tante volte. Anche se, a essere onesti, sono gli altri che chiedono consiglio a me, 24 ore su 24».

Lei, oltre che una madre e un’attrice, è diventata anche un’imprenditrice di successo con la sua linea di scarpe SJP. Ora nei grandi magazzini americani Bloomingdale’s sta per debuttare la sua collezione di abiti. Ma, riprendendo il titolo di un suo film di cinque anni fa, come trova il tempo di far tutto?

«Lo cerco, sto sveglia tardi la notte, metto insieme più attività allo stesso tempo. Ma la moda mi dà molte soddisfazioni, sono ancora eccitata come il primo giorno quando, per esempio, in magazzino arrivano le scarpe prodotte in Italia, o quando devo incontrare un cliente importante. Sono tanti impegni tutti insieme ma, come donna, posso dire che si può fare. E non so se un uomo potrebbe fare e affermare altrettanto».

Non trova mai del tempo per se stessa?

«Sì, mi è capitato proprio l’altro giorno. Per una serie inspiegabile di motivi ho passato un’intera giornata a leggere e basta. È stato fantastico: un solo giorno che mi ha dato il beneficio di una settimana intera di vacanza. A volte se ne sente il bisogno».

C’è chi accusa Hollywood di dimenticare le attrici che superano i 50 anni. Lei che cosa ne pensa?

«Posso dire di non aver ancora vissuto un’esperienza negativa. Almeno finché qualche giornalista non mi chiederà un’intervista per un articolo sulle donne mature che usano Instagram. Scherzo. La questione dell’età non è tra i miei primi pensieri: tranne quando c’è qualcuno me la ricorda».

Secondo lei non nascondere la propria età è una scelta femminista?

«Non vorrei essere riduttiva. Essere donne in America oggi vuol dire tante cose. Puoi essere una candidata alla Casa Bianca, puoi essere la persona che facendo due lavori manda avanti la sua famiglia da sola, puoi essere un’artista, una scienziata, una sognatrice. Puoi avere accanto un uomo che è il tuo migliore amico e anche il tuo grande amore».

Secondo lei, alle elezioni di novembre, saranno le donne a sconfiggere Donald Trump, l’avversario repubblicano della candidata Hillary Clinton?

«A decidere saranno tutti gli elettori, non solo le donne. Un po’ in tutto il mondo esistono leader populisti come Trump, persino in Europa, ma quello che mi hanno insegnato è che per sconfiggerli la soluzione è una sola: andare a votare».

  • IN ARRIVO

«Se la strage in spiaggia o il saccheggio alla Stampa sono definiti "resistenza"»: l'editoriale di Silvia Grilli

Silvia Grilli
Il nuovo numero di Grazia è ora in edicola. Ecco l'editoriale della Direttrice Silvia Grilli

La resistenza è necessaria con ogni mezzo», «con Hamas fino alla vittoria», «ora e sempre resistenza». Sono slogan che sentiamo nelle piazze di tutto il mondo alle manifestazioni contro Israele.

Per chi li inneggia possono essere innocua teoria, opinioni a favore della Palestina o semplicemente parole urlate per non sentirsi esclusi dal gruppo, non una chiamata alle armi per massacrare i presunti oppressori. Ma c'è sempre chi prende la teoria alla lettera. Domenica 14 dicembre, quegli slogan sono stati scritti con il sangue degli ebrei.

Un padre e un figlio pachistani hanno sparato sulla folla che celebrava il primo giorno della festa religiosa ebraica dell’Hanukkah su una spiaggia famosa per le nuotate al tramonto. Quindici morti e decine di feriti sono rimasti sulla sabbia a Bondi Beach, uno dei posti più belli, pacifici e gioiosi dell’Australia. Il primo ministro Anthony Albanese ha dichiarato che non riesce a spiegarsi tutto questo male. Io credo sia molto spiegabile: per gli invasati che considerano Israele il male assoluto, massacrare gli ebrei è fare giustizia.

È la colpa dei giudei che spinge giovani ProPal a saccheggiare la redazione del quotidiano La Stampa (paradossalmente uno dei più favorevoli alla causa palestinese). Induce quel centinaio di manifestanti a scrivere e urlare slogan terroristi come “Stampa-Morta” o «giornalista sei il primo della lista», mentre una loro guru, Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite, riduce l'assalto a un «monito ai giornalisti».

Nella tradizione ebraica, Hanukkah è la festa della luce, della speranza. Colpire bambini, anziani e adulti che festeggiano la vita non è diverso da quando il 7 ottobre i terroristi di Hamas fecero strage al Nova Festival. Sparare sulla spiaggia in un momento storico in cui c'è qualche passo verso la pace è voler cancellare la speranza nel futuro.

Eppure, ho ancora fiducia che l’umanità possa superare l’odio. Domenica 14 dicembre, in Australia, questa speranza aveva i gesti di un uomo: Ahmed Al Ahmed, fruttivendolo immigrato siriano, che si è precipitato su uno dei terroristi e gli ha strappato il fucile. Aveva le gambe di Jackson Doolan, il bagnino veterano della spiaggia, ex star di Baywatch in Australia, che è corso a piedi nudi per un chilometro e mezzo portando il borsone dei medicinali. Aveva le braccia di tutti coloro che si sono adoperati per salvare le vittime, sollevandole sulle tavole di soccorso che di solito vengono usate per trasportare la gente a riva.

Gli orrori si ripetono, sembrano non volersi fermare. Ma se le persone corrono ad aiutare, se ci sono solidarietà e compassione, c’è ancora speranza nell’umanità.

  • IN ARRIVO

Grazia è in edicola con Maya Hawke

Maya-Hawke
Ecco cosa vi aspetta nel nuovo numero di Grazia, da oggi in edicola e su app

Maya Hawke è la protagonista di copertina Grazia in edicola e app. Si è fatta conoscere con la serie Stranger Things, arrivata all’ultima stagione. Ora l’attrice newyorkese figlia delle star Uma Thurman ed Ethan Hawke, girerà il nuovo capitolo di Hunger Games dove vuole portare l’energia di chi non ha paura di crescere.

Questa settimana intervistiamo alcune icone di Hollywood. Incontriamo Zoe Saldana, al cinema nel ruolo di Neytiri, la madre combattente di Avatar. Parliamo con Ariana Grande, in corsa ai Golden Globe con Wicked e le attrici premio Oscar Jodie Foster e Laura Dern.

Il 2025 ha cambiato noi e la Storia. Grazia lo ripercorre. Dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca alla guerra a Gaza. Dalle vittorie di Jannik Sinner all’elezione del primo Papa americano fino alla scomparsa di icone come Ornella Vanoni e Giorgio Armani.

Grazia ha scelto i personaggi da tenere d'occhio nel 2026: le sciatrici Sofia Goggia e Lindsey Vonn attese alle Olimpiadi invernali, María Corina Machado, premio Nobel per la Pace che potrebbe cambiare le sorti del Venezuela, Lady Gaga in arrivo in concerto in Europa e molti altri. Da Can Yaman a Jacob Elordi, da Timothée Chalamet a Jeremy Allen White, che cos’hanno in comune i nuovi sex symbol? Mettono d’accordo mamme e figlie. Grazia ve li racconta.

Abiti dorati, trasparenze, ricami e dettagli preziosi. Grazia ha scelto i capi che ti rendono protagonista delle notti di festa e delle serate più speciali. Ma anche lo stile più cool per il 2026.

E nelle pagine dedicate alla bellezza trovate tutti i segreti per brillare: dalle strategie effetto freddo per una pelle più tonica alla scelta del fondotinta e del correttore giusti per illuminarla.

  • IN ARRIVO

Jodie Foster: "Faccio film per capire chi sono"

jodei-foster
Jodie Foster festeggia al cinema 60 anni da star. Nel thriller Vita privata, da oggi nelle sale, è una psicanalista tormentata. Ma a noi racconta come, grazie alla sua carriera, ha capito che le donne over 50 hanno tutte le carte per vincere

Come trascorre il giorno del suo compleanno una diva planetaria come Jodie Foster, sotto i riflettori dall’età di tre anni? «Lavorando», mi risponde accomodata sulla poltrona, mentre sorseggia un cappuccino. Neanche a farlo apposta la incontro proprio il giorno in cui compie 63 anni e mi confida che finita l’intervista andrà con gli amici a festeggiare. Sessant’anni di carriera tondi, fresca del Golden Globe vinto a gennaio per la sua performance nella serie True Detective: Night Country, la regista e attrice torna al cinema con il nuovo film di Rebecca Zlotowski Vita Privata. Presentato in anteprima al Festival di Cannes e dall’11 dicembre al cinema, la vede calarsi nei panni della nevrotica psichiatra Lilian Steiner, ossessionata da un caso molto delicato.

Che rapporto ha con il passare del tempo?

«Buono. Mi sento più felice che mai in vita mia».

Davvero?

«Parlo di una gioia profonda, non di quello che mi accade giorno per giorno. Le cose della vita, belle e brutte, capitano. Ma vivo un momento in cui il lavoro sta andando sempre meglio e ho superato l’ansia delle domande: “Sarò in grado di farcela con le mie forze?”, “Avrò una famiglia?”. Tutte questioni archiviate, per fortuna non devo più preoccuparmene. Da giovane passavo tanto tempo a pensare a me stessa, dopo una certa età mi sono concentrata sulle storie degli altri, è più facile e divertente».

Anche in Vita privata ascolta le storie degli altri.

«La mia Lilian non è una psichiatra risolta, anzi, è parecchio nevrotica. Non riesce a comprendere come sia possibile che la sua paziente in cura da nove anni (Virginie Efira, ndr) si sia potuta uccidere. Non ci crede, non ammette la possibilità che lei, in quanto psichiatra, sia stata così sorda».

Ritiene che come società abbiamo perso il potere di ascoltare?

«Mostrare curiosità verso gli altri è tutto. Noi attori siamo allenati all’ascolto, per lavoro siamo chiamati a calarci nelle vite degli altri ed è una bella abitudine mettersi nei panni altrui, un esercizio che possiamo fare tutti. Ci aiuterebbe come società».

Dal titolo del film alla realtà, essendo conosciuta in tutto il mondo sin da piccola come ha fatto a proteggere la sua, di vita privata?

«Sforzandomi sempre molto. Lavorando sin da bambina sapevo di dovermi proteggere: volevo andare a Disneyland, ma senza le telecamere che mi seguissero. Volevo essere libera di andare al supermercato, o prenotare un volo senza che nessuno lo facesse al posto mio. Ci ho sempre tenuto a mantenere viva la mia indipendenza, tracciando una linea netta tra la mia vita pubblica e quella privata. Oggi sono contenta di aver seguito quell’impulso».

Nel film la sentiamo sfoggiare un francese fluente…

«Mi fa sentire più sicura di me, rispetto all’inglese. Sarà che devo la passione per il francese a mia madre, che me lo fece studiare». 

Come mai?

«Non aveva mai viaggiato fuori dagli Stati Uniti fino ai cinquant’anni, ma la cultura europea l’affascinava. Comprava di continuo riviste e libri su Parigi e Napoleone, addirittura dipinse le pareti di casa con i colori delle antiche pietre romane. Quando ero bambina fece il viaggio dei suoi sogni e andò in Francia, con un tour in bus di quelli turistici».

Che cosa le disse al ritorno?

«"Jodie, impara il francese e diventa una grande attrice francese". Era il suo modo di dirmi che sognava per me una vita più ampia di quella americana. Anche perché erano gli anni 70, al potere c’era Nixon, non era facile essere americani. A mia madre piaceva l’idea che potessi scegliere di essere libera di inventarmi una vita tutta mia».

Ha fatto lo stesso con i suoi figli?

«Dovrebbe chiederlo a loro (Charlie e Kit, 27 e 24 anni, ndr). Intanto uno di loro sa parlare benissimo il tedesco, le mie radici tedesche ne sono contente».

Che rapporto ha con la psichiatria?

«Sempre stata scettica, ma una volta mi sono fatta ipnotizzare».

Com’è andata?

«Mi ripetevo: "Ma perché pagare 90 dollari a un tipo quando potrei smettere di fumare gratis oggi stesso?", eppure ha funzionato. Non amo la psicanalisi, per quanto la trovi attraente da un punto di vista cinematografico: non mi piace Freud, in America nessuno lo stima più, era un grandissimo sessista. Trovo però importante che al cinema si parli di salute mentale».

E che si mostri come le donne over 50 abbiano desideri, diritto al piacere e una vita sessuale appagante, come la sua Lilian con l’ex marito interpretato da Daniel Auteuil: perché tutto questo al cinema si vede ancora poco?

«Dovremmo parlare per ore della rappresentazione del corpo femminile. Purtroppo i pregiudizi sulle donne dopo una certa età sopravvivono, non solo al cinema. Ma sono speranzosa: registe come Zlotowski dimostrano di voler raccontare le donne per quello che sono, con tutti i loro desideri. La mia Liliane non è solo una psichiatra, una madre e una nonna, ma una donna che si esprime anche attraverso il  corpo».

Con Auteuil avete avuto un intimacy coordinator?

«È una figura che ho scoperto sul set di True Detective. Ho detto: "Che lavoro pazzesco, dov’eri tu quando avevo 16 anni?". Ormai io e Auteil abbiamo superato i 60 e abbiamo risolto senza, ma sono contenta che questa figura esista, era importante che ci fosse».

Che cosa di lei non hanno mai capito finora?

«Non sono seria come credono. Non ho mai capito perché il pubblico mi affibbi quest’aura di serietà, io sono una persona leggera. Certo, se mi fanno domande serie rispondo in modo serio e amo fare lavori significativi, ma se sapeste com’è la mia giornata ideale cambiereste idea».


Com’è la sua giornata ideale?

«Sveglia presto, sci ai piedi, la sera una partita di calcio in tv e una cena gustosa. Altro che tormentata, sono una persona felice e ottimista verso il futuro».

  • IN ARRIVO

Come trasformare l'eredità in un'opportunità per i propri figli

Elena Valzania x Alleanza
L'eredità di famiglia può assicurare un sostegno economico ai propri cari. Basta sottoscrivere una polizza di investimento adeguata, affidandosi a un bravo consulente

Elena Valzania ha 57 anni e vive a Ravenna, in una casa che ha ereditato dalla sua famiglia. Cresciuta in un contesto economicamente stabile, è stata segnata più di quanto pensasse da ciò che ha ricevuto in eredità: non solo beni, ma un intero modo di vivere e pensare il denaro. «I nostri familiari conducevano vite semplici, risparmiavano e investivano».

A un certo punto, la malattia entra nella sua storia familiare e si intreccia alle questioni economiche. Il padre di Elena si ammala gravemente, per poi morire quando lei ha 20 anni. Insieme con i beni materiali, Elena riceve anche un’eredità invisibile: l’idea che il lavoro debba essere per forza fatica. Un peso silenzioso che la accompagna a lungo, anche dopo la laurea in Farmacia, quando si avvicina all’omeopatia e inizia a lavorare. «Rispetto allo studio, lavorare mi sembrava facilissimo, ma proprio per questo mi pareva che non valesse abbastanza». E infatti, quando viene assunta in una cooperativa di Bologna, non negozia lo stipendio.

La sua carriera aziendale si interrompe durante la sua prima maternità: l’azienda viene acquisita e, al rientro dal congedo, capisce che stanno cercando di spingerla alle dimissioni.

Da allora, Elena non è più rientrata nel mondo del lavoro “ufficiale”. I soldi necessari ad andare avanti, però, in un modo o nell’altro, entrano. Ed Elena procede nella sua vita, con una leggerezza sconosciuta ai suoi familiari. Che le è concessa, però, anche grazie all’eredità materiale ricevuta da loro: «Mio marito e io abbiamo sempre avuto la mentalità di investire sulla nostra famiglia. Tuttora siamo concentrati sul mantenere i nostri tre figli agli studi e i beni di famiglia sono un mezzo per sostenere questa nuova generazione».

Parola all'esperta: le polizze come strumento di tutela

RISPONDE ELENA BELLUCCI DELL’AGENZIA ALLEANZA DI EMPOLI (FI)

1) Come si gestisce un’eredità ricevuta?
«Ricevere un’eredità può risultare persino destabilizzante, specie se si tratta di grandi somme, e senza una gestione attenta il rischio è di sperperare il patrimonio o di non trarne vantaggio. È insomma necessaria un’attenta pianificazione che parta dai bisogni dell’individuo o della famiglia, ragione per cui può essere molto utile affidarsi a un buon consulente assicurativo e finanziario. Tra le soluzioni possibili ci sono le polizze di investimento, che combinano l’opportunità di investimento con la componente assicurativa, che offre una protezione sul capitale o sul rischio di vita. Ne esistono di diversi tipi: con quelle a capitale garantito, per esempio, si ha la certezza che il capitale che sarà restituito all’uscita dall’investimento non sarà inferiore a quello versato».

2) Che vantaggi hanno, rispetto alle altre soluzioni? 
«Le polizze da investimento sono nate per chi desidera assicurare un sostegno economico ai propri cari, anche in caso di decesso, con l’aggiunta di un rendimento. Offrono però anche altri vantaggi: uno dei più importanti sta nel fatto che il capitale così collocato non rientra nell’asse ereditario e non viene considerato nel calcolo dell’eredità ai fini della tassa di successione. In caso di morte del contraente le somme passano al beneficiario, nel rispetto delle quote di eredità legittime disponibili, e questo rende la polizza un ottimo strumento per tutelare le coppie non sposate o i minori».

Testo di Annalisa Monfreda
*co-fondatrice di Rame, rameplatform.com