Riccardo Tisci: Solo a Napoli ho riscoperto l’Italia
Riccardo Tisci, direttore artistico di Givenchy, da ragazzo quasi odiava il suo paese. Poi è tornato ad amarlo. E ora racconta a Grazia, in questa intervista esclusiva, perché ha scelto la città simbolo del Sud per fare da sfondo alla sua moda
Riccardo Tisci a 41 anni, è ancora considerato il ragazzo prodigio della moda, quello che ha saputo dare nuova vita a Givenchy, marchio che non avevano saputo resuscitare star del calibro di John Galliano e Alexander McQueen. È l’amico di stelle globali come la regina dei reality Kim Kardashian e di suo marito Kanye West, dell’artista Marina Abramović, della popstar Madonna, della stilista Donatella Versace. È l’italiano eletto quest’anno tra i cento personaggi più influenti del mondo (insieme con la scrittrice-fantasma Elena Ferrante) dalla rivista statunitense Time. Ci si potrebbe aspettare quindi una superstar della moda, con addetti stampa e assistenti pronti a vigilare su di lui. Invece, quando arrivo all’appuntamento, è proprio Tisci ad aprire la porta della sua stanza. È un ragazzone alto, in T-shirt e bermuda neri. Ha la fronte e il naso scottati da una giornata passata all’aperto, senza crema protettiva.
Siamo a Napoli, davanti a Castel dell’Ovo: dalla finestra aperta entra il rumore della risacca. Tisci è qui per girare un video e scattare il look book della sua pre-collezione primavera 2017, le cui foto Grazia pubblica in esclusiva in queste pagine.
Perché proprio Napoli?
«Sono pugliese, cresciuto a Como. A 17 anni sono andato a Londra per studiare moda. Ho vissuto in Gran Bretagna, negli Stati Uniti, a Parigi. L’Italia mi mancava, anche se non sempre me ne sono reso conto. Quando rientravo qui, cercavo di vivere nel mio mondo segreto, che è quello della mia famiglia, che tengo lontano dai riflettori. Da qualche anno ho ricominciato a scoprire il mio Paese e mi sono reso conto che è una delle nazioni più pazzesche al mondo. Abbiamo una terra meravigliosa, una cultura invidiabile, bellezze incredibili. Per presentare le mie collezioni ho iniziato a fare foto e video, ogni volta in una città diversa. E ora ho deciso di dedicare la prossima primavera-estate al mio Paese: è una celebrazione e un ringraziamento all’Italia per il supporto che mi dà. E ho voluto anche far vedere un’Italia diversa. Sarebbe stato facile scegliere Milano, Roma o Firenze. Napoli è una città meravigliosa, un centro culturale fondamentale per il mondo. Ha aspetti molto dark, ma celebra anche la vita, il sesso, la bellezza. Le foto e il video ritraggono tre Napoli diverse: quella chic, quella da cartolina, quella più underground. Ho voluto solo modelli italiani: Mariacarla Boscono, da sempre la mia amica e musa, Greta Varlese, che ho scoperto tre anni fa, Matilde Rastelli, un volto nuovo, Alessio Pozzi e Mario Brugioni, che ha aperto la mia sfilata maschile».
Quindi anche lei sta riscoprendo l’Italia?
«Quando ero ragazzino odiavo vivere qui: ero povero, un meridionale trapiantato al nord. Sono cresciuto in un ambiente in cui, se nasci povero, muori povero. Io sono riuscito a costruirmi una vita diversa. Da lontano, ho imparato a osservare il nostro Paese con occhi diversi. E credo che dobbiamo ritrovare l’orgoglio delle nostre origini. Con queste foto voglio mostrare un’Italia meno folkloristica, più cool, vista con gli occhi di una nuova generazione di italiani. Napoli è uno dei centri dove è nata la musica elettronica. Gli ultimi vent’anni sono stati complicati per il nostro Paese, ma la vita qui ha un’energia che poche nazioni hanno».
Lei si è spesso impegnato in prima persona in cause importanti, come la lotta al razzismo, alla discriminazione di genere e, ultimamente, contro la violenza sulle donne.
«Sono sempre stato circondato da donne fantastiche: sono cresciuto con mia madre, rimasta vedova quando io ero molto piccolo, e le mie otto sorelle. E il mio successo deve molto alle donne. Sono un femminista. Per me è inconcepibile pensare che una delle mie sorelle o delle mie nipotine, o qualsiasi donna, possa subire un abuso. La sola idea mi fa stare male. Trovo disgustosi gli uomini violenti e anche chi sa, ma non parla».
E quindi che cosa ha fatto?
«Ho rapporti con alcune celeb molto intimi. Non ho tantissimi amici, ma quelli che lo sono, lo sono davvero. Per tanti anni sono stato escluso perché ero povero, mi sono sentito messo da parte, ma quando ho cominciato ad avere successo, mi sono detto: “Sono capace di vendere abiti, accessori, alta moda. Forse posso fare di più”. Oggi alcuni stilisti rappresentano i giovani. Io ho un milione e mezzo di followers su Instagram: ho deciso di usare il mio potere, piccolo o grande che sia, per alzare la mano e dire quello che penso. Devo ringraziare Givenchy che mi ha sempre supportato. Tre anni fa Anohni, il nuovo nome del cantante Antony and the Johnsons, si è esibito alla mia sfilata e ha scritto una lettera toccante contro la violenza sulle donne. Ora sosteniamo molte associazioni che si impegnano in questa battaglia».
Secondo lei da che cosa nasce questo odio?
«I maschi reagiscono così perché sono ignoranti e insicuri. Dagli Anni 70 le donne hanno acquisito potere: non tutti lo accettano, sono frustrati, ma le cose miglioreranno. Credo che da qui a poco ci sarà una reale parità tra i sessi, non uguaglianza: siamo diversi, ed è giusto che sia così. Ma voi avete qualcosa in più: l’uomo parla con la mente, voi con la mente e con il cuore».
Lei è stato inserito dalla rivista americana Time, questa primavera, tra le cento personalità più influenti del mondo anche per il suo impegno.
«È stata una delle emozioni più forti della mia vita. Credo di non aver mai pianto così tanto, perché è un riconoscimento importante, che pochissimi italiani hanno avuto. Non me lo sarei mai aspettato, soprattutto da parte degli americani, che sono difficili da convincere. Io sono orgoglioso di essere italiano».
Ma anche gli Stati Uniti la amano molto: l’anno scorso la sua sfilata a New York è stata un trionfo.
«Per festeggiare i miei dieci anni da Givenchy ho voluto una passerella all’aperto, con un pubblico di 5.000 persone normali. Ho voluto la strada perché io vengo da lì. E l’ho fatta aprire dai rappresentanti di cinque grandi religioni, che hanno cantato l’amore. È l’unica cosa che non ha prezzo, non ha sessualità, non ha colore. È l’emozione più bella. È la forza che salverà il mondo».
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