«Questa volta parliamo di orgasmo: il nostro»: l'editoriale di Silvia Grilli
Ho visto un film molto bello alla Mostra del Cinema di Venezia. S’intitola Povere creature! e racconta la storia di una donna affamata di conoscenza e godimento. Una creatura senza idee preconcette perché, tornata in vita grazie al trapianto del cervello di un feto, cresce con la libertà di pensiero di una bambina.
Non approfondisco la trama (all’inizio un po’ spiazzante, ma non spaventatevi) perché quando uscirà al cinema merita assolutamente che lo vediate. Emma Stone, che interpreta la protagonista, è straordinaria e bravissimi sono anche Mark Ruffalo e Willem Dafoe. Superlativo il regista Yorgos Lanthimos, lo stesso della Favorita.
Ma qui, più che del film, vorrei parlare d’orgasmo, perché per tre quarti della proiezione la protagonista Bella Baxter va alla scoperta del sesso: prima per pura ricerca del piacere, poi per bisogno sia di soddisfazione fisica sia di soldi, vendendosi in un bordello di Parigi. Senza dubbio il suo è un viaggio di libertà.
Con un cervello che è un foglio bianco, Bella si prende senza pregiudizi piacere ma anche violenza dagli uomini che vogliono possederla. Il sesso le piace perché è una pagina tutta da scrivere, lei non ha avuto come la stragrande maggioranza di noi un’educazione restrittiva, tabù religiosi, fantasmi di genitori che le dicevano «questo sì, questo no», esperienze negative e il piacere se lo piglia.
Però, poiché il film è stato diretto da un uomo, sceneggiato da un uomo, tratto dal libro di un uomo, Bella è ancora una volta, seppure con intento femminista, una femme fatale da sogno erotico maschile senza limiti, un corpo visto attraverso gli occhi loro. È ancora una volta il prodotto dello sguardo che domina l’industria del cinema di Hollywood. Quella che ci ha rovinate con la sua sempre identica litania ginnica in cui le donne arrivano all’orgasmo all’istante oppure sospirando o ululando come se stessero chiamando qualcuno in un’altra galassia. Però la cosa grandiosa è che in questo film Bella il godimento se lo prende. E noi?
Gli anni del movimento #metoo hanno compilato la lunga lista di ciò che non vogliamo: non vogliamo che ci mettano le mani dentro le mutande, che ci palpino il sedere, che si prendano sesso senza il nostro consenso, eccetera. Ma che cosa desideriamo?
La liberazione delle donne è poca cosa, se non implica anche la libertà di prendersi il proprio piacere. Eppure, se una donna esplicitamente e autonomamente asserisce la sua sessualità, non siamo molto distanti dall’epoca di Bella: la fine dell’800. È impossibile separarci da una cultura che ci giudica se trasgrediamo ai comandamenti, mentre esonera gli uomini. Per questo rimane così difficile per noi accedere alle nostre vite intime e riconoscere il nostro piacere.
Quali sono le nostre fantasie? La nozione di ciò che vogliamo non è forse stata sempre legata a quello che ci è stato mostrato di volere? Com’è il nostro erotismo non dettato dalle fantasie dei nostri amanti? Il desiderio degli uomini lo conosciamo e lo abbiamo interiorizzato, ma il nostro? Non ci guardiamo forse il corpo con il loro sguardo? Con il loro sguardo non ci osserviamo anche mentre facciamo sesso? Siamo il loro sogno erotico, ma il nostro qual è? Quante di noi sanno che cosa desiderano? Quante di noi lo chiedono? Abbiamo un enorme talento nel fingere orgasmi per non minare l’autostima degli uomini. Ma la verità su di noi?
Abbiamo un lungo passato. Una lunga storia di schiavitù, traumi e vergogne da superare. Non domandiamo, perché ci è stato insegnato che c’è qualcosa di male nel prenderci il sesso come vogliamo e quando vogliamo. Combattiamo con sensi di colpa e fantasmi di antenate e antenati. Piacere agli uomini e nello stesso tempo rispettare le regole sociali è stato il nostro lavaggio del cervello. Avremmo tutte bisogno della mente neonata di Bella. Avremmo tutte necessità di scoprire i nostri desideri. Vorrei tanto che almeno le nostre figlie ci riuscissero.
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