Quando le donne sono troppo buone
Non mi sono mai sentita tanto cattiva come in questi giorni. Di fronte alle prove di generosità e abnegazione delle altre donne constato, con tristezza, i miei limiti. Però, vi prego, ditemi cosa ne pensate voi.
La mamma della bimba dimenticata in macchina dal padre, dopo avere deciso di donare i suoi organi e avere così salvato tre bambini, oltre che i loro genitori, ha scagionato, non si può neppure dire perdonato, suo marito, dicendo letteralmente: «Lui non ha nessuna colpa. Sarebbe potuto capitare a chiunque. Era un ottimo papà e sua figlia l’adorava».
Leggo e, oltre all’angoscia di una storia troppo dolorosa, assurda, una tragedia insopportabile, sento un sottile senso di colpa. Perché dal primo momento, identificandomi, come immagino molte di voi, ho pensato: io come avrei reagito? Lo so, sono domande a cui è quasi impossibile dare una risposta, perché nessuno può sapere come reagirà a uno tsunami, prima di esserne travolto. Tutto cambia, i tuoi riferimenti si perdono e tu non sei e non sarai mai più la stessa persona.
Però continuo a non capire come faccia quella madre, che ha subito la più mostruosa delle ingiustizie, a essere così “buona”, equilibrata, generosa. E ne sono ammirata, vorrei imparare, vorrei capire dove trova la forza per assolvere suo marito, involontario, inconsapevole assassino di sua figlia, perché io, insieme al dolore, temo che sarei annichilita dalla rabbia.
Perché la “distrazione”, come è stata definita anche quella di essersi dimenticata una figlia, è così diffusa tra gli uomini, da essere considerata quasi naturale. Si sa, loro sono concentrati su altro, sulle cose loro per lo più, e il resto sono solo dettagli. Ecco, vedete, sto già “litigando”, è più forte di me.
La verità è che quel mostruoso “poteva capitare a chiunque” si spiega solo se per chiunque si intende qualunque uomo. Il che è comunque ingiusto e milioni di italiani avrebbero tutto il diritto di ribellarsi e di dire che mai e poi mai loro potrebbero cancellare dalla mente per 5 ore un figlio. Eppure, il dubbio ci rimane. La routine era cambiata: la mamma era incinta e quindi portare la bimba all’asilo toccava a lui.
E la mente ha fatto rewind, inspiegabilmente è tornata indietro, alla prassi precedente e lui si è “solo” dimenticato. È già successo, non è la prima volta che se ne legge, ma (quasi) sempre ai padri. Le madri, potenza della natura, si ricordano sempre. Ma non è questo il punto. Il punto è che lei, quella donna, con un gesto del cuore commovente, probabilmente di fronte al dolore annichilente di suo marito, ha perdonato.
E io che sono capace di litigare e tenere il muso per una commissione non fatta, per una frase sbagliata, per una questione di principio, mi sento piccola e meschina. Poi leggo che Anne Sinclair, la moglie pluritradita di Strauss-Kahn, insiste a credergli e trascorrerà gli arresti domiciliari con lui.
Potenza dell’amore? Può darsi. So solo che io sarei già da un avvocato. E non per occuparmi del suo processo...
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