Contro Renzo Bossi si è scatenato uno tsunami di critiche. Re dei bamboccioni è la più gentile. Lungi da me l’idea di volerlo difendere. Anzi. Però essere “figlio di” rimane un bel problema...
Non ho mai incontrato Renzo Bossi (ho intervistato suo padre una volta, ma molti anni fa). Di lui so solo quello che tutti abbiamo letto sui giornali e sentito nei notiziari. E, da madre, la prima considerazione che ho fatto è che non sopporterei di avere un figlio che va male a scuola, se la prende comoda, approfitta dei privilegi che ha e sfrutta il cognome che porta, più che contare sulle proprie forze per vedere di fare qualcosa di buono nella vita.
Detto questo, per l’ennesima volta mi sono ritrovata a pensare che comunque essere “figlio di...” può aiutare, in qualche caso può addirittura essere una fortuna, ma ha sempre un prezzo da pagare. E il prezzo può essere così alto da distruggerti. In questo numero di «Grazia» pubblichiamo un’intervista a James McCartney, unico figlio maschio del mitico Paul, che impavido è sceso sul terreno di suo padre e - udite, udite - di mestiere fa il musicista, anzi il cantante e chitarrista esattamente come lui.
Il confronto, ovviamente, è impietoso. Ma ora, io dico, se sei figlio di un mito del nostro secolo, chi te lo fa fare di sfidarlo proprio sul terreno dove lui è, per definizione, imbattibile? Eppure tanti figli d’autore, contro ogni razionalità, non riescono a resistere al fascino (autolesionista) di seguire le orme paterne.
Con il bel risultato di dovere tutta la vita confrontarsi con quel modello. Cosa li spinge? Forse davvero il sangue non è acqua e il dna alla fine vince sempre. Oppure più banalmente il contesto in cui crescono è quello e famiglia e amici di papà sono un’irresistibile garanzia di successo. O, ahimè, quella carogna dell’inconscio li costringe a voler dimostrare a se stessi e al mondo di essere migliori di lui (che nel caso del nostro povero James è davvero un’impresa disperata).
Qualche storia, per fortuna, va anche a finire bene. Il mondo dello spettacolo, quello dello sport, per arrivare a quello del business, sono pieni di figli famosi che si sono dimostrati all’altezza del cognome che portano. Ma altrettanto lunga è la lista dei delfini a vita, eterni junior in perenne attesa di passare in prima fila e con scarse possibilità di riuscirci.
Oltretutto la vita media si è allungata e così, per esempio, il povero Charles è da quel dì che aspetta che la regina madre, 86 anni di cui 60 trascorsi sul trono, lasci gentilmente il posto. Ma lui principe ereditario ci è proprio nato, mentre per quel che riguarda i partiti, in democrazia, le regole dovrebbero essere un po’ diverse.
Comunque il Trota, ex erede designato alla guida del Carroccio, ha dichiarato che “tornerà a studiare”. E i cattivi già si interrogano su quel verbo. Studiare? No, l’altro: in genere si torna dove si è già stati...
Online intanto infuria il dibattito. “Vorreste essere figlio di genitori famosi?”. Moltissimi no. Qualche sì. E un dubbio: ma se poi ti chiamano Chanel...?
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