Al cinema lo vediamo nei panni di un gangster, senza capelli e con un ghigno feroce. Ma la vera trasformazione che spaventa Johnny Depp è quella che ha fatto diventare la sua “bambina” Lily Rose una modella super sexy. L’attore, che oggi ha anche una seconda vita da testimonial, ci svela il lato fragile del suo essere padre, perché ha imparato a tirare i mattoni e quali sono le tentazioni alle quali proprio non sa resistere

A settembre cinema è sinonimo di due parole: Venezia e Toronto. Nei festival di queste città vengono presentati i film che si contenderanno gli Oscar e i Golden Globe e qui arrivano i divi che saranno i protagonisti della prossima stagione. Come Johnny Depp, che abbiamo seguito, appunto, da Venezia a Toronto: il suo film Black Mass - L’ultimo gangster (nelle sale dall’8 ottobre) è la storia vera di uno dei più spietati e potenti gangster di Boston tra gli Anni 70 e 90, l’irlandese James “Whitey” Bulger. L’attore per interpretarlo si è trasformato fisicamente: capelli radi, pettinati all’indietro, e denti storti. Quando sulla laguna la star ha partecipato all’anteprima, insieme con la nuova, bellissima moglie Amber Heard, proprio i suoi denti, anche dal vivo anneriti e pencolanti, sono stati il soggetto di rocambolesche congetture sul web. C’era chi sosteneva che li stesse perdendo tutti a causa della droga, che era appesantito, che ormai aveva perso definitivamente il suo sex appeal. Ma il mistero è stato risolto quando ho pranzato con Depp al ristorante Arlecchino, sull’isola di San Clemente: il suo sorriso non è altro che quello di Jack Sparrow. «Le riprese del quinto episodio della saga I pirati dei Caraibi sono finite», dice l’attore. «Ma dobbiamo rifare un’ultima scena e così ho una dentatura finta attaccata sopra la mia. Odio andare dal dentista e ho preferito non farmela togliere per venire a Venezia. Certo, se sorrido si vede un ghigno da corsaro. E di questi tempi sorrido spesso e volentieri».
Conosco Johnny da più di 20 anni e oggi l’ho trovato sereno e felice. Lui conferma: «Mi sento in forma come non avrei mai pensato di esserlo a 52 anni», dice. L’ennesima prova: ha deciso di avventurarsi in una campagna per Dior, divertendosi a posare per una nuova fragranza, non a caso chiamata Sauvage.
Come mai, a questo punto della sua carriera, si è messo a fare il modello?
«Ci sono diverse cose che mi hanno convinto. A cominciare dal fatto che la campagna è stata girata dal regista e fotografo di moda francese Jean-Baptiste Mondino: è una persona che ammiro molto perché ogni suo lavoro è fantasticamente irriverente. Poi, sapevo che sarebbe stato coinvolto il chitarrista statunitense Ry Cooder: m’immaginavo sul set con lui a suonare la chitarra. Questo è bastato, ho detto di sì. Il resto è arrivato dopo: non sono nemmeno sicuro di quale sia stato il momento in cui ho saputo che il profumo si sarebbe chiamato Sauvage, ma è un nome che mi ha sedotto subito».
E com’è stato girare un piccolo filmato come testimonial?
«Più bello dei soliti set. Un film che dura due ore è come un’opera teatrale di Anton Čechov: tutto deve avere un senso. Se compare un revolver nel primo atto, sai che nel terzo sparerà. Ma quando si fanno questo genere di cortometraggi, di piccole cose commerciali, non ci sono regole. Nulla deve per forza avere un senso. E a me questa sensazione di libertà piace moltissimo».
Sull’isola di San Clemente Johnny e io abbiamo avuto pochissimo tempo per parlare, ma nessun problema. Il suo film Black Mass - L’ultimo gangster sarebbe stato presentato anche al Festival di Toronto e così ci siamo dati appuntamento in Canada. E quando lo incontro di nuovo all’hotel Shangri-La, mi dà quella che per lui è una bellissima notizia: la sua residenza in Provenza, che era in vendita per 28 milioni di euro, ora non lo è più. Tolta dal mercato da Johnny stesso: «Io e mia moglie Amber ci siamo stati da poco», racconta. «E d’improvviso ho capito che quel luogo è stato molto importante per me. Lì ho visto i miei figli crescere e mi piace pensare che, quando io sarò polvere, i miei nipoti e bisnipoti correranno per quelle stanze».
A proposito di figli che diventano grandi, la carriera da top model di Lily Rose, la sua primogenita 16enne avuta con l’attrice francese Vanessa Paradis, va fortissimo. È diventata quasi più famosa di suo padre.
«Tanto che mi fa paura. Quello che le sta succedendo è qualcosa che davvero non mi sarei mai aspettato. Almeno non così presto. Comunque sono contento che lo stilista di Chanel, Karl Lagerfeld, l’abbia voluta come modella, quasi alla stessa età di quando ha fatto posare sua madre Vanessa. È un caso, o forse è un segno del destino. Adesso Lily Rose ha anche iniziato a recitare, ho scoperto che le piace e ne sono contento. Sotto i miei occhi la mia bambina si sta trasformando in una giovane donna. Credo che per ogni genitore vedere l’uscita dei figli dall’infanzia sia incredibile e anche terrorizzante. Quando la vedo truccata e con un vestito supersexy, non posso fare a meno di provare una sensazione di inquietitudine. Mi ci devo abituare. Ma non posso farci nulla, lei sta prendendo la sua strada, da adulta».
Che tipo di rapporto avete?
«Sono un papà orgoglioso, perché lei è forte, a volte tagliente e non ha paura di nulla, mi dice tutto. Siamo molto in confidenza. E se ha bisogno di qualche consiglio, io sono lì, al suo fianco, per darglielo. Credo che il miglior modo di aiutare lei e suo fratello Jack sia essere un genitore presente e pronto ad ascoltare».
Parliamo del suo nuovo film, Black Mass – L’ultimo gangster: perché ha voluto interpretare il malavitoso Jimmy Bulger?
«Per le sue sfaccettature, i vari livelli della sua umanità. Era un criminale che, però, aveva una sensibilità: cercava di essere un buon padre di famiglia, amava molto sua madre e suo fratello. Poi, si è trasformato in qualcosa che non è più riuscito a controllare e l’unico suo modo di esprimersi è diventata la violenza. Sono stato conquistato dalla storia, quella di un uomo che camminava sul filo del rasoio di due personalità e due sentimenti, amore e odio».
È riuscito a incontrare Bulger?
«Ho chiesto al suo avvocato se aveva voglia di ricevermi in prigione. Volevo parlargli, non per farmi confessare i suoi crimini, ma soprattutto per sapere dei suoi aneddoti, la verità sui suoi sentimenti. Ma lui si è rifiutato. Non si è riconosciuto nel libro su di lui da cui è tratto il film (Black Mass: The True Story of an Unholy Alliance Between the FBI and the Irish Mob, scritto nel 2001 da Dick Lehr e Gerard O’Neill, ndr) e non sopporta i due giornalisti che per scriverlo lo hanno tormentato per anni. Io credo che sia stato accusato di tante cose che non ha commesso. L’FBI lo ha fatto diventare un caprio espiatorio: il male assoluto. E nessuno ha voglia di difendere o aiutare il male assoluto».
Il film parla anche di amicizia e di onore. Che cos’è la lealtà per lei?
«Tutto. Le persone di cui ti prendi cura e quelle che si sono prese cura di te, che non hanno avuto paura di starti vicino anche nei momenti più bui. C’è un buon numero di amici così nella mia vita: per loro farei qualcunque cosa. Anche commettere un crimine? Forse».
Un altro personaggio importante del film è la madre del protagonista e il rapporto tra loro è molto tenero. E quello di Johnny Depp con la sua mamma com’è?
«Mia madre ha una storia interessante. È cresciuta molto, molto povera, nello stato del Kentucky. È nata in una baracca di legno, senza nemmeno il bagno. Lo so che suona come un romanzo di Mark Twain, ma è la verità. Così il suo carattere è stato formato dalle privazioni. E mi ricordo che, quando ero un bambino e stavo andando per la prima volta a scuola, mi ha detto: “Se qualcuno alza le mani su di te, prendi un mattone e colpiscilo”. Così ho fatto. E ha funzionato. E per tutta la mia vita ho usato, metaforicamente, un mattone per difendermi. Questo non vuol dire che rompevo la testa a chi era in disaccordo con me, ma che non ho mai accettato le ingiustizie. Sì, la mia mamma mi ha preparato davvero bene per la vita».
Che cos’è la felicità per Johnny Depp?
«Le cose semplici: uscire con la persona amata, leggere un libro che mi fa sognare, come quelli di Lawrence Krauss o Christopher Hitchens. In quei momenti Hollywood non esiste, c’è solo il bello di una vita normale. E questo è davvero quello che mi piace».
Una volta, durante un’intervista, sua moglie Amber Heard mi ha detto che non sa resistere alla cioccolata fondente. E la sua più grande tentazione, qual è?
«Amber ha detto solo cioccolato fondente? Vogliamo chiamarla di nuovo? La lista è molto, molto più lunga. E volete sapere qual è la mia? Facile: cioccolato fondente e Amber».
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