«I figli rovinano le carriere delle madri?»: l'editoriale di Silvia Grilli
Ho messo al mondo mia figlia Anna molto tardi, quando già avevo una carriera e la prospettiva di occuparmi di un altro essere umano non mi faceva più venire gli attacchi di panico. A 20 o 30 anni mi sarebbero tremate le vene ai polsi all’idea di rimanere incinta.
Per molto tempo nelle redazioni dove ho lavorato, a stragrande prevalenza maschile, sono stata guardata come una carrierista, una mezza donna, un essere strano che aveva rinunciato a essere madre per fare un mestiere da uomo. Immagino che mi avrebbero punita in altro modo se avessi annunciato una gravidanza. Quando alla fine è successo, nessuno mi ha creduta. Ho faticato a convincerli che era tutto vero: aspettavo una bambina.
Quando ho sentito la cantautrice Lily Allen dire in un podcast che le sue due figlie di 12 e 11 anni le hanno «rovinato» la carriera, ho pensato che fosse una frase un po’ crudele nei confronti delle ragazzine, ma era la verità. Le donne che diventano madri ne pagano il prezzo nella professione. I figli contraccambiano con il loro immenso amore, ma il lavoro non contraccambia. «Le amo e mi completano», ha continuato Allen, «ma per quanto riguarda la fama me l’hanno totalmente rovinata. Mi dà fastidio quando dicono che si può avere tutto, perché francamente non si può».
Allen ha 38 anni. A 20 ebbe un enorme successo, poi decise di fare un passo indietro e porre le bambine come priorità della sua vita. Non voleva che avessero un’infanzia come la sua: una piccola lasciata spesso sola dai genitori che lavoravano nel cinema.
La cantante ha scelto tra figli e professione, come molte di noi. A volte se n’è pentita, come molte di noi. È uno strazio che ci accompagna. Io non ho dovuto scegliere perché ero già grande e avevo trovato un equilibrio. Mia figlia non mi ha tolto niente, anzi me l’ha aggiunto: mi tiene con i piedi per terra, è la mia serenità. Ma a 20 o 30 anni, quando cercavo la mia strada per il mondo, non ce l’avrei fatta. Quando poi, da grande, l’ho desiderata non è stato facile averla.
Per questo dico sempre alle mie amiche che pensano di avere tutta la vita davanti: «La natura è crudele, congelate gli ovuli». Sembra una soluzione estrema, lontana dall’idea romantica di creature che nascono dall’amore di una coppia. Ma è una scelta di autodeterminazione. Lo ha consigliato anche la modella Bianca Balti a sua figlia, affinché non limiti le sue possibilità di diventare madre. In Italia è una pratica ancora costosa, dovrebbe essere resa più accessibile.
Quante di noi soffrono per aver rinunciato alla maternità per la carriera o perché non hanno trovato l’uomo giusto? Tante. Le capisco tutte. È doloroso il rimpianto: volere figli quando è troppo tardi per poterli avere.
L’altro giorno ho incontrato una persona alla quale avevo suggerito di conservare gli ovociti. Mi ha abbracciata mostrandomi il pancione. Al settimo cielo, mi ha detto che la gravidanza era arrivata naturalmente, inaspettatamente. Ero felice per lei. So che non dovrà rinunciare a molto: una carriera l’ha già conquistata. So anche che non li chiamerà «sacrifici», quelle piccole rinunce alla scalata professionale per stare con la figlia. Le chiamerà «benedizioni», sempre che al lavoro lo capiscano. Un padre può avere “tutto”: lavoro e famiglia, nessuno lo metterà in discussione. Ma una madre no: sarà lei stessa la prima a mettere questo “tutto” in discussione.
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