«Gli stupratori palestinesi e quelli di Palermo»: l'editoriale di Silvia Grilli
Ho letto le testimonianze dei sopravvissuti che raccontano di ragazze stuprate e uccise dalle milizie palestinesi, abbandonate accanto ai cadaveri dei loro amici e familiari durante un festival all’aperto nel sud d’Israele.
Ho visto il filmato del corpo di una trentenne rapita e torturata dagli islamisti di Hamas, buttata come un rifiuto sul retro di un furgoncino con le gambe spezzate, mentre attorno uomini palestinesi le sputano addosso, le tirano i capelli, festeggiano la parata del suo corpo nudo sulle strade di Gaza urlando: «Allah è più grande del tuo dio e del tuo governo».
Ho guardato il video di una giovane israeliana con il sangue che ancora le esce dai pantaloni dopo lo stupro, spintonata dentro una jeep militare rubata all’esercito israeliano, mentre un gruppo di palestinesi continua ad accanirsi su di lei.
Le clip che i terroristi islamici hanno postato su Telegram, per vantarsi delle loro gesta efferate durante l’attacco a Israele del 7 ottobre, mostrano un disprezzo assoluto per l’umanità, ma soprattutto l’odio per le donne. Hamas sputa sulle ragazze senza velo perché considera la nostra libertà blasfema e una minaccia al loro potere.
Esattamente come accade in Afghanistan con i talebani. Precisamente come succede in Iran con la polizia della morale che tortura, incarcera, uccide le donne a testa scoperta che si ribellano alla sottomissione. Io sto male quando vedo amiche (anche famose, magari le stesse che combattono a gran voce contro i femminicidi) confondere questi terroristi con la Resistenza.
Hamas non è Resistenza, è un culto della paura, antisemita e misogino. La liberazione di un popolo e lo stupro non possono andare di pari passo. Io magari non ne so molto (come mi accusano quelli che m’invitano a parlare solo di fatuità e di stare al mio posto come mi converrebbe da direttrice di un giornale femminile), ma sono stata inviata in Medio Oriente dopo l’11 settembre e di quello che scrivo sono sicura.
Parlo da femmina certo, e da femmina osservo: non ci sono mai donne alle manifestazioni dei gruppi islamisti paramilitari di Hamas. Le hanno cancellate dalla vita pubblica, facendole diventare ombre nere. Ugualmente le hanno trasformate in fantasmi in Afghanistan. Le vogliono mute e sottomesse, coperte dalla testa ai piedi, in Iran. Non a caso proprio questo regime appoggia i terroristi palestinesi. C’è una parte del mondo dove la misoginia e il terrore camminano insieme. Bisogna condannarli entrambi senza se e senza ma.
Care amiche che mettete sui social cuoricini sotto la parola “Resistenza” e condividete slogan a favore di Hamas, riflettete un attimo prima di farlo. Questo è l’11 settembre di Israele. Qui non si tratta di liberazione della Palestina, ma di odio senza limiti, crimini contro l’umanità. Contro gli ebrei, certo. Ma anche contro la libertà e contro le donne. So già che scriverete: “La questione degli stupri è molto più che trasversale, visto anche quello che è successo a Palermo”. Prevedo che obbietterete: “Anche gli ebrei ortodossi hanno un problema con l’emancipazione delle donne”.
O ancora: “In tutte le guerre i soldati stuprano le femmine civili”. Scommetto che direte tutto ciò ed è tutto vero, ma non conta. Sposta solo lo sguardo da un’altra parte per non ammettere il problema. Nessuno degli stupratori di Palermo ha ammantato la sua disumanità con la scusa della liberazione dall’oppressione.
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