Nessuno (sia chi l’ha votata sia chi non l’ha votata) può negare che la vittoria di Giorgia Meloni sia un fatto epocale. Una donna che ha fondato un partito e vinto le elezioni si prepara a diventare Presidente del Consiglio. Nella storia patriarcale della nostra Repubblica mai una signora aveva raggiunto tali vette.
Eppure il suo trionfo elettorale ha avuto poco a che fare con l’essere donna. Ha contato di più la sua personalità e ancora di più essere stata all’opposizione durante il Governo di unità nazionale di Mario Draghi. Non ci sono sondaggi su che cosa abbiano votato le donne, che per metà non hanno indipendenza economica e per un terzo non votano. Però dubito l’abbiano scelta perché femmina.
Il suo partito si chiama Fratelli d’Italia, senza contemplare le sorelle, e non sappiamo se Giorgia si vorrà fare chiamare “la presidente”. Eppure, nella sua enorme scommessa di governare questo Paese, Meloni non ha solo la responsabilità di fare vincere gli italiani, ma anche le italiane se vuole fare parte (come ha dichiarato di volere) della storia.
Si è discusso molto e con toni accesi del fatto che lei sia o no un bene per le donne. I suoi oppositori la dipingono come portavoce del patriarcato. Lei si è dichiarata femminista. Nata dopo che la madre aveva deciso all’ultimo momento di non abortire, nega di voler restringere la legge sull’interruzione di gravidanza, ma vuole potenziare la prevenzione e la scelta di non abortire.
Ha conosciuto i pregiudizi e gli ostacoli per una mamma che vuole fare politica quando, incinta di alcuni mesi, si candidò nel 2016 a fare il sindaco di Roma. Però non ha detto come intenda vincere le discriminazioni e dare più opportunità di carriera alle donne. Anzi, è contraria alle quote rosa, perché dichiara di puntare sul merito e non sulle concessioni.
«Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono cristiana» è lo slogan che l’ha resa famosa tra chi la ama, chi la odia, chi la deride. Io non penso affatto che una femmina abbia il dovere sociale di fare figli. Lei invece sì.
Non è sposata, ha un compagno, una bambina, ed è preoccupata per le culle vuote. Vuole sostenere la natalità concedendo asili nido gratis, per esempio. Giudicheremo dai fatti il suo operato. Però una cosa la so già: possiamo archiviare il ritornello del «ci vuole una donna» che abbiamo sentito troppe volte in troppe occasioni.
Quando si pensava alla successione del presidente Sergio Mattarella, era ridicolo vedere i partiti estrarre dal cilindro nomi a caso purché declinati al femminile. Anche coloro che giudicano Meloni l’antifemminista per eccellenza, e sono tante, con lei una cosa l’hanno vinta: un altro soffitto di cristallo è stato abbattuto. Da grandi le bambine vorranno fare anche le premier, oltre che le astronaute. Di sinistra, di destra, di centro, non importa. L’importante è l’ampiezza del loro orizzonte.
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