Federico Zampaglione: «Il cuore non è fatto per fermarsi»
Un nuovo album dedicato al viaggio, una figlia che lo aiuta a rimanere bambino e una compagna, l’attrice Claudia Gerini, che canta a squarciagola ai suoi concerti. Federico Zampaglione dei Tiromancino parla a Grazia del suo mondo. E lancia un appello a chi non crede più nell’amore
Un’isola lontana da tutto, il silenzio, il sole che si tuffa nell’oceano. È il segnale che Federico Zampaglione stava aspettando: una corsa in camera ad afferrare la chitarra e giù a comporre il brano Piccoli miracoli, che sta scalando le classifiche in questi giorni. «È una canzone nata dalla magia del tramonto e pensata per le donne: vorrei fare un appello alle lettrici di Grazia», mi dice il leader dei Tiromancino. «Ho tante amiche che rischiano di non credere più all’amore: guai a cedere alla trappola del cinismo, Piccoli miracoli è il mio modo di dire loro che la primavera finalmente è arrivata. Godetevela, senza sprecare neanche un attimo».
Il suo nuovo album di inediti Nel respiro del mondo (esce l’8 aprile) è proprio un inno a godersi la vita, con tutte le avventure e le sorprese che riserva. Noi lo abbiamo ascoltato in anteprima: è un disco che parla di treni, ma anche di porti e navi, orizzonti lontani e brezze marine. Viene voglia di metterlo come colonna sonora all’inizio di un viaggio. Quando glielo dico, Zampaglione risponde: «Mi fa piacere: io stesso l’ho realizzato guardando il mare, pensando al suo respiro che tutto rigenera».
Che tipo di viaggio è stato Nel respiro del mondo?
«Un anno e mezzo fa mi sono isolato in una casa a Sabaudia, in provincia di Latina. Era inverno, avevo davanti solo il mare e la spiaggia deserta. Quando sei in luoghi come quello, il tempo si ferma. Io, allora, componevo. Il risultato è un disco che attraverso la metafora del viaggio inteso come spostarsi, ma anche come curiosità verso nuove esperienze e nuovi incontri, prova a dire a chi ascolta che non bisogna mai dare nulla per scontato. Lo considero il mio album più maturo».
Lei si sente maturo?
«Abbastanza, ma lascio spazio al mio lato fanciullesco, che serve comunque a credere nel sogno. Ho 47 anni, sono in un’età di mezzo: meglio evitare gli stati d’ansia e accettare il presente, che vivi meglio se sei consapevole che certi attimi sono irripetibili».
Il suo è anche un album che parla di amore e di destino, di uomini e donne che si cercano e di intese formidabili che resistono al tempo, come quella descritta in Tra di noi.
«È un brano a cui tengo molto, forse il mio preferito: parla di un amore solido, vero, mai ingannevole, complice, duraturo. Claudia (Gerini, la sua compagna, ndr) invece preferisce Molo 4. Nel disco racconto anche l’amore come un viaggio verso una meta sconosciuta: è un sentimento che non dipende da te e che non sai mai dove ti porterà».
Come mai tanto romanticismo?
«Il cuore vive di vita propria. Anche Mare aperto e L’ultimo treno della notte parlano di amore in modo poetico, mentre Imprevedibile e Non dipende da noi sono più ironiche: lì viene fuori la contrapposizione uomo-donna».
E chi vince la guerra dei sessi?
«Tutti e nessuno. Le donne faticano a ridurre le loro aspettative, gli uomini lottano con tutte le loro forze per rimanere un po’ bambini. Io ho capito tre cose: che se ci lavori con pazienza puoi migliorare, ma prima o poi i difetti tornano a galla. Che anche la persona più tranquilla nella situazione giusta può diventare imprevedibile. E che la vita è fatta di avvicinamenti e allontanamenti. Lo canto in Mare aperto: “L’amore è sempre in viaggio e tu non sai quando ti fermi e quando poi ripartirai”».
Dei punti fermi, nel viaggio, però, ci sono. Da anni vediamo Claudia cantare a squarciagola ai suoi concerti: quanto conta per lei il suo sostegno?
«Sapere che Claudia è lì è tutto. È una fortuna poterci scambiare opinioni, consigli, buone energie. Poi abbiamo una bambina meravigliosa (Linda, 6 anni, ndr) che già ha una bellissima voce. Non lo dico perché sono il padre, giuro. Tante volte prova a canticchiare con me e resto stupito».
Che effetto le fa crescere una donna?
«Da padre provi un innamoramento assoluto e capisci di essere un uomo “in progress”: devi imparare ogni giorno a fare il papà. Adesso mia figlia ha l’età che preferisco: possiamo parlare di tutto».
Lei è molto seguito dal pubblico femminile. Fino a dove si spinge l’affetto delle sue fan?
«Fino alla pelle: attraverso i social mi mandano spesso foto dei loro tatuaggi ispirati alle mie canzoni. Curioso pensare che le tue parole restino impresse sulla pelle di qualcuno. A me fa piacere: quello femminile è un pubblico sensibile. Per questo quando scrivo sto bene attento alle parole: le donne le pesano, nel bene e nel male. E a volte se le scrivono sulla pelle».
Da sempre compone canzoni con suo padre Domenico. Come mai?
«Siamo molto connessi a livello emotivo, da sempre, fin da quando ero piccolo e mi portava a pescare al mare con maschera e fucile. Lavorare con lui è sempre un’emozione. È il mio migliore amico, un visionario capace di darmi ottimi suggerimenti. Il primo brano scritto insieme è stato Amore impossibile».
Lei che tipo di bambino era?
«Vivace, turbolento, curioso: il tipico “casinaro” da ultimo banco. Mia figlia è come me: una bambina alla dinamite. Ma sono contento, anche io mi sforzo ogni giorno di tenere il suo passo: se mi spegnessi, diventerei triste, concreto, senza creatività. Che uomo è uno senza fantasia?».
C’è un motto che si porta dietro dall’infanzia?
«Sì: “Sulla barca”».
Ovvero?
«Via, navigare, andare. Anche controvento, nel caso».
In questo vento vado a navigare, cantava il cantautore Gianmaria Testa, recentemente scomparso. Che ricordo ha di lui?
«Era un personaggio totalmente fuori dagli schemi: delicato, poetico, intelligente, stimatissimo all’estero. Ho provato un grande dispiacere quando ho saputo che se ne è andato così presto».
La sua canzone d’amore preferita?
«È di Lucio Dalla: Anna e Marco».
E tra tutte le canzoni scritte da lei quale sceglierebbe?
«Difficile pescarne una, anzi è quasi impossibile. Due anni fa ho scritto Liberi, a cui resto affezionato: se la riascolto, racconta molto dell’uomo che sono diventato».
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