Emily Blunt: «Posso essere cattiva?»
Da bambina si sentiva un maschiaccio. Oggi snobba Los Angeles per vivere tra i vigneti e va sul red carpet solo se necessario. Grazia ha incontrato Emily Blunt, che nel suo prossimo film, Sicario, sfida poliziotti e narcotrafficanti. E che ha le idee molto chiare su un punto: a parte suo marito, bravissimo a dare il biberon, gli uomini vanno ancora messi in riga
«Da bambina adoravo gli sport, ero un tipo atletico, mi sentivo un vero maschiaccio. E avevo dichiarato guerra al rosa. Guai a vestirmi con quel colore. La cosa buffa è che mia madre, invece, mi diceva sempre che ero una tenera fifona, che avevo paura delle api e dei palloncini che scoppiano». L’attrice che mi sta davanti, bionda e sottile in un abito di crêpe bianco Anni 50, è Emily Blunt e sembra davvero lontana anni luce dalla curiosa descrizione che fa della sua infanzia.
Per lei è cambiato tutto il giorno che ha cominciato a recitare. È successo in modo inaspettato, perché, fino a 18 anni, pensava sarebbe diventata una traduttrice simultanea alle Nazioni Unite. Invece ha conosciuto la sua prima “maestra”, l’attrice Judi Dench, che l’ha coinvolta in uno spettacolo teatrale nel West End londinese, The Royal Family.
Poi Emily ha incontrato Meryl Streep, in Il diavolo veste Prada. E ha fatto ancora centro nei panni della segretaria zelante e snob. Non stupisce, con simili punti di riferimento, che oggi Blunt sia una delle attrici più eclettiche in circolazione. Seconda di quattro figli, con una madre ex attrice e il padre avvocato di fama, di lei i registi dicono che abbia un dono: arriva sempre al nocciolo del problema. Lo capisco anche mentre mi parla di Sicario, il film di Denis Villeneuve presentato all’ultimo festival di Cannes e nelle sale dal 24 settembre. Emily interpreta un’agente dell’Fbi che si trova ad affrontare la spietata guerra tra i cartelli della droga al confine tra Messico e Stati Uniti. «Avevano bisogno di una figura che fosse credibile nel ruolo, ma che desse anche l’idea di essere una ragazza alla mano», mi racconta l’attrice. Che così si è trovata accanto a due giganti di Hollywood: Benicio Del Toro, con cui in mezzo ai pericoli raccontati dal film trova pure il tempo di flirtare, e Josh Brolin.
Osservo Emily attentamente mentre si accomoda per l’intervista. Faccio davvero fatica a pensare che, pochi mesi, fa ha dato alla luce una bambina, Hazel, avuta con il marito attore e sceneggiatore John Krasinski.
Sicario è il film che ha girato subito dopo la sua gravidanza. Come è stato riprendere il lavoro?
«Denis Villeneuve, il regista, è arrivato a casa nostra all’improvviso. Avevo partorito da sole cinque settimane. Ero esausta, sovrappeso e sconvolta all’idea che mi stesse chiedendo di fare un personaggio come quello che vedrete. Ma ha saputo essere molto convincente. Non ci crederete, visto il tema del film, ma è stato uno dei set più spensierati e divertenti che mi siano capitati».
Tutta quella violenza del copione non le ha creato problemi?
«All’inizio mi sembrava impossibile da affrontare. Quando hai un figlio ti spaventi più facilmente, hai una diversa sensibilità. Ho confidato tutti i miei timori a una carissima amica. Che ha detto: “Mi sembra perfetto per te interpretare una donna così diversa da quella che sei ora”. Aveva ragione».
L’anno scorso ha recitato incinta.
«Sono stata fortunata con il musical Into the Woods. A Hollywood non ci sono tanti ruoli in giro per una donna sovrappeso. Si dà troppa importanza all’aspetto fisico di un attore ed è stata una fortuna avere una parte che mi permettesse di essere anche incinta».
Sicario affronta il tema del maschilismo sul lavoro. La protagonista è un’agente che scopre di non esercitare nessun potere su un gruppo di maschi.
«Intende potere fisico o psicologico?».
Psicologico, iniziamo da quello.
«Mi sono sentita vicina a questa donna tosta e competente che capisce di avere solo scalfito la superficie con le sue indagini e di avere un’idea molto poco realistica del suo lavoro. Scoprirà infatti che gli uomini del governo agiscono con lo stesso spietato cinismo dei narcotrafficanti. Il suo sistema di valori salta in aria e in pochi giorni diventa l’ombra di se stessa».
Per prepararsi ha conosciuto delle vere agenti dell’Fbi?
«Ho fatto amicizia con cinque di loro. Volevo sapere tutto della loro vita, che cosa fanno per rilassarsi, che musica ascoltano, che cosa pensano. Le ho trovate molto aperte e concrete, sono determinate quando agiscono, ma anche molto umane fuori dal lavoro. Quello che mi ha colpita è che nessuna di loro avesse una relazioni sentimentale stabile. Mi sono chiesta se valesse lo stesso per i maschi che lavorano nell’Fbi, ma non è così. Hanno tutti figli e qualcuno che li aspetta a casa. Ma, nonostante questo, le agenti con cui ho parlato amano profondamente il loro lavoro».
Che cos’altro l’ha sorpresa, parlando con loro?
«Ho chiesto a una ragazza se avesse un rito speciale, prima di compiere un raid. Mi ha detto che la sera prima dorme sempre sul divano, per non sentirsi troppo comoda. L’ho trovata interessante come preparazione».
È cambiato il modo in cui si rapporta al lavoro, adesso che è madre?
«Scelgo solo progetti che voglio fare davvero. E quando accetto un ruolo mia figlia è sempre il primo pensiero. Ma non sono il tipo di attrice che pianifica molto la propria carriera, né mi curo troppo di che cosa gli altri pensino di me. Solo quando sono sui red carpet mi rendo conto di queste dinamiche, di quello che circonda le star del cinema. Forse, se fossi sempre a contatto con i miei colleghi, sarei più insicura».
Ma lei vive in California, che è il cuore dello star system.
«Lavoro molto anche in Inghilterra, non vivo a Los Angeles tutto il tempo. Se vuoi tempo per riflettere, quella città non è il luogo giusto. Io e mio marito abbiamo una casa in campagna, una fattoria a Ojai, a due ore di auto da Los Angeles, tra le vigne. Lì riesci veramente a staccare. Si tratta di una cittadina fuori dal mondo, di quelle in cui la gente è deliziosa, ma un po’ alternativa».
Dice di fare una vita tranquilla e semplice, però si è sposata nella villa di George Clooney sul lago di Como. Come lo spiega?
«In effetti, George è un caso a sé, ma la maggior parte dei nostri amici è fatta di persone normali, con cui puoi uscire a cena senza essere riconosciuta. Per chi ci incontra di mattina siamo come una qualsiasi altra coppia con un figlio».
Suo marito l’aiuta?
«Certo, siamo sempre in due in pista e John è bravissimo a lavare i biberon. E siamo organizzati in modo da avere sempre qualcosa in frigo per il giorno dopo».
Parlate di lavoro a casa?
«Eccome, anche se considero la preparazione di un personaggio un fatto molto personale. Fatico a discuterne finché non arrivo su un set. Certo, avere accanto qualcuno che capisce il tuo ambiente aiuta parecchio».
Reciterebbe in un soggetto scritto da John? Avete mai pensato di lavorare insieme?
«Siamo appena stati marito e moglie in un film d’animazione, Animal Crackers, che uscirà l’anno prossimo. E ci siamo divertiti».
Qualcuno dice che lei è molto ambiziosa. È d’accordo?
«Mi sorprende molto. Pensi che ho preso in cosiderazione di diventare un’attrice solo dopo che qualcuno mi aveva visto in una recita della scuola. Non è stata una mia iniziativa. Un agente era venuto a Edimburgo e mi ha detto: “Vuoi recitare? Credo che tu possa riuscirci”. Stavo per andare all’università, volevo diventare una traduttrice. Devo tutto a Judi Dench, lei mi ha fatto capire quanto questo lavoro possa essere divertente, se non lo prendi troppo sul serio».
Che cosa può anticiparmi del suo prossimo film, il fantasy The Huntsman?
«Sarò la regina della neve e vestirò abiti meravigliosi. Non ho mai fatto la parte della cattiva e la cosa, mi intriga molto. Il film sarà divertente e gotico. Il regista Cedric Nicolas-Troyan è un visionario e io potrò dare finalmente sfogo al mio lato oscuro».
Ripensando a quello che mi ha detto a inizio intervista, mi viene spontaneo chiederle se sua figlia ama il rosa
«Ne è circondata. Sospetto che diventerà la ragazza più femminile che conosca».
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