Eleonora Carisi: Il mio matrimonio da It Girl
Eleonora Carisi, una delle influencer più famose al mondo, si è sposata. Ma prima ha posato per Grazia con abiti da sogno (compreso il suo) e ha raccontato del momento in cui, dopo una vita contraria alle nozze, si è convinta a dire sì
Perfetto: intervista subito. Così poi, mentre mi truccano e mi pettinano, posso sbrigare un po’ di lavoro». In questa frase c’è tutta Eleonora Carisi e forse anche gran parte di una intera generazione di donne. Quella che lei, 32 anni, interpreta alla perfezione: ragazze che la vita se la costruiscono da sé. A partire dal lavoro: che, invece di cercare, inventano. Eleonora, torinese, ha creato un sito (joujouvilleroy.com), ha aperto un’agenzia di comunicazione digitale (Grumble) e partendo dalle pagine di Grazia.it (era una delle nostre prime it girl) è diventata una delle più conosciute influencer italiane. Le case di moda la ingaggiano come testimonial, la sua agenda è piena di eventi in cui è ospite, il suo cellulare è il suo ufficio. Anche qui. Adesso.
E che intervista sia, dunque. Subito. A cominciare da una forse inconsapevole bugia. Eleonora dice di non essere emozionata: «Solo agitata». Non è quello che sembra: mi spiace, anzi mi fa contenta dirlo. Lei è qui, sul set fotografico di Grazia (gli scatti li vedete in queste pagine), per un servizio “tutto sposa” alla vigilia delle sue nozze, quelle vere. Eleonora, come sa chi la segue sul web, si è sposata il 31 maggio. Con l’abito di Elie Saab tempestato di perle che vedete qui accanto. Con lo strascico tondo, messo come un piccolo lago ai suoi piedi. Con il corpetto ricamato fitto: quel che basta per coprire, ma non tanto, i tatuaggi a forma di stelle che Eleonora ha sul décolleté. Con lo chignon che in queste pagine non vedete, ma che, sapremo poi, è la pettinatura che ha scelto per la cerimonia. Romantica e dark. Bianca e nera.
Adesso è qui con un’aria concentrata, operativa. Che, però, non riesce a nascondere un filo d’ansia. Non per gli scatti, né per la quantità di vestiti (tutti ovviamente da sposa) che dovrà mettere e togliere. Meno che mai per il lavoro che freme dentro al suo cellulare. Eleonora vibra perché il gran giorno è quasi qui. E oggi è la prova generale, il gioco che ha deciso di fare con noi.
Emozionata?
«Non sarà anche lei come i miei follower che mi immaginano tutta pizzi e bomboniere? Mi hanno tempestato di auguri, sono in fibrillazione. Non li capisco».
Odia i cliché?
«Al contrario. Sono una che andrà in viaggio di nozze quattro giorni in Puglia, per questioni di tempo libero. Ma avrei voluto le Maldive. Un super cliché».
Ragazza sfrontata: capace di sfidare persino l’ovvio.
«Ma sì, perché no? Mi sposo a 32 anni, in bianco, in municipio, a Torino. Alle Maldive rinuncio solo perché sarebbero in piena stagione delle piogge. Sono uno stereotipo vivente».
A chi decide di sposarsi, in controtendenza nazionale, tutto è concesso. Anche essere un po’ spaventata.
«Lo sono, è vero. O meglio lo sono stata. Quando Paolo (Soffiatti, 29 anni, hair stylist , ndr) mi ha dato l’anello, mi sono messa a piangere».
Racconti.
«Partiamo dall’inizio. Io non mi sono mai, mai voluta sposare. Me lo hanno chiesto: ho avuto relazioni importanti, che potevano naturalmente tradursi in matrimonio. Ma io ho sempre detto: “No, non voglio, questa cosa non fa per me”. E lo stesso vale per Paolo. Anzi: lui non aveva mai nemmeno avuto storie lunghe».
E poi?
«Poi ci sono stati i “segni”».
Che sarebbero?
«Coincidenze che ci hanno portato a essere insieme dove e quando non avremmo dovuto: treni che non partivano e che ci obbligavano a stare nello stesso posto, uniti, una notte in più, piccoli contrattempi fortunati. Cose così. E poi quella musica, dappertutto, sempre lei. La sentivamo ovunque».
Quale musica?
«Se glielo dico non ci crede: è Senza fine di Ornella Vanoni. Una cosa super romantica che ci tallonava, voleva dirci qualcosa».
È amore. È amore.
«Appunto».
Sì, ma addirittura il matrimonio...
«È successo così: si avvicinava Natale, quello appena passato, stavo con Paolo da cinque mesi. Eravamo felici, innamorati. Ma per me non c’era nessun regalo in vista. Siamo stati a cena dai miei a Torino, poi a casa nostra. Io ero stanca ed elegantissima. Paolo mi ha detto: “Fruga nella calza, vedi che cosa c’è”. Non c’era un bel niente. Lo ammetto: sono rimasta delusa, mi sembrava uno scherzo cretino. Sono andata a cambiarmi: ho infilato il pigiama più brutto che avevo».
Ben gli stava.
«Aspetti. Paolo mi ha detto di cercare di nuovo nella calza. Sul fondo c’era uno scatolino a forma di cuore. Io di anelli non ne ho mai ricevuti e, giuro, non ho capito che cosa fosse finché non ho aperto e ho trovato questo brillante. Mi sono messa a piangere».
Una scena da film.
«Esattamente. E non è finita. Eravamo sul divano e lui è scivolato in terra: da lì sotto mi ha chiesto di sposarlo. Ho detto sì».
Bel finale. Lui inginocchiato, lei che piange. Musica sul fondo.
«A dire il vero è finita che sono andata a letto e non sono riuscita a dormire».
Preoccupata?
«No: mi pesava l’anello. Non avevo mai portato niente all’anulare sinistro. È una presenza importante, no?».
Molto. Ha ragione: abituarcisi non è banale, ha tutto il peso simbolico di un impegno. Ma eccoci qui. In mezzo a decine di abiti da sposa. Non ha paura di sentirsi un po’ “travestita” in bianco-lungo?
«È un rischio che tutte le spose corrono. Per evitarlo ho scelto un abito che mi fa sentire me stessa. Semplice, con un lungo strascico, con molto pizzo che lo rende prezioso: mi piace che si veda che c’è molto lavoro. Ci sto bene dentro, sono io».
Che cosa si aspetta dal matrimonio?
«Non avevo mai voluto sposarmi finora, nemmeno da ragazza. Quindi non ho mai fatto fantasie in proposito. Non ho sogni. Vorrei solo continuare a vivere come stiamo facendo adesso: io e Paolo. Uniti, divertiti. Vorrei pensare di avere un tetto sulla testa: il posto che mi protegge sempre, la casa in cui tornare. E non voglio una famiglia, non voglio figli».
Le dispiace se le chiedo perché?
«Affatto. Non li voglio perché sono sicura che non saprei crescerli. E sono ancora più sicura di non volere imparare a farlo. Credo di aver preso da mio padre: questa responsabilità non me la riesco a prendere. Per fortuna anche Paolo non ha nessun desiderio di avere un bambino. Io per un figlio proprio non ho spazio mentale, ho un sacco di idee, tanti progetti».
Sentiamo.
«Il primo, a lunga scadenza, è continuare a investire nella mia agenzia di strategie digitali e comunicazione, Grumble. È una cosa in cui credo moltissimo. Poi ho un po’ di progetti, molto diversi, che “bollono in pentola”, come la conduzione di un programma televisivo tagliato sui miei interessi, un progetto di cui non posso ancora parlare».
E la moda?
«Quella è una passione. Ma è solo una parte dei miei interessi, che sono la comunicazione e la condivisione».
Le piace condividere tutto?
«Assolutamente no. Ho messo dei paletti ben precisi. Sui miei social nessuno ha mai visto le cose che io ritengo private per davvero, come il volto di mia madre o quello del mio cane».
Nemmeno il cane?
«La mia cagnolina è mancata da poco. Io non ho nemmeno pensato di mettere questa cosa sui social. Aveva 16 anni, l’amavo e lei mi amava. Prima di andarsene ha aspettato che io tornassi a casa, mi ha salutata. Che cosa avrei potuto scrivere? “Se ne è andata la mia bambina?”. Dai, non si fa».
Mi spiace di averla fatta piangere.
«Non si preoccupi. Io davvero non capisco come ci si possa illudere di condividere un dolore online. L’altro giorno ho visto che un mio amico, un regista straniero molto bravo, ha postato la notizia che suo padre ha delle metastasi. Mi sono chiesta: “Ma perché?”. Eppure lui è una persona che stimo».
Il web scatena strane pulsioni. A volte anche crudeli. A lei è capitato di esserne vittima?
«No. Al massimo qualcuno scrive che sono una stronza. Ma è vero».
Vero?
«Cioè: non lo sono, ma posso sembrarlo. Noi torinesi abbiamo una specie di nero dentro, che ogni tanto salta fuori. Se io mi vesto di rosa, tutta carina, e magari mi fotografano in un momento in cui sono persa nei miei pensieri... Beh, magari in quel momento il nero salta fuori e mi si legge in faccia. E mi fa sembrare un’arrogante, per non dire di peggio».
Mi parli di questo buio.
«È una parte di me. Io faccio una bella vita, in questo periodo una vita bellissima, felice, leggera. Ma ogni tanto ho bisogno di piangere. Ascolto musica che mi commuove, sto con me stessa, con le mie lacrime. Con il mio nero, appunto».
Che non condivide sui social.
«Perché dovrei? Chi mi sta vicino, conosce la mia storia. Sa dei mie buchi, sa che ho avuto un padre assente e tutto quel che ne consegue. Paolo e io abbiamo questo in comune: un’infanzia non proprio bellissima. Forse per questo non vogliamo bambini».
Lei è una delle super influencer italiane. Ma chi ha influenzato lei? C’è una donna che la ispira?
«Mia nonna. Era la persona più elegante che abbia mai conosciuto. Uno chic assoluto, naturale, una cosa pazzesca».
Mi parli del suo neo sopra al labbro. Anche quello è molto chic.
«Mi piace. Ma non lo devo guardare troppo. Se lo fisso a lungo, nella mia percezione si dilata e diventa insostenibile: mi ci perdo dentro. C’è anche chi ha provato a farlo diventare un problema».
Chi?
«Gente che mi ha detto: “Ma che cos’è quella macchia?”. Confesso che ci ho pensato: “Che cos’è? Perché ho quel punto scuro proprio lì?”. Ma adesso lo so: è una parte di me. Imprescindibile».
Una griffe: segno che lei è autentica.
«Grazie».
Il peso dell’anello adesso ha imparato a sostenerlo?
«Altro che. Non lo toglierei per nessuna ragione. Al punto che ho scelto una fede di platino che stesse bene con il brillante. Voglio tenerli tutte e due: giorno e notte. Sempre».
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