«I diritti di chi mette al mondo un figlio per altri»: l'editoriale di Silvia Grilli
Qualche anno fa, mentre la intervistavo, Sarah Jessica Parker bloccò così la mia domanda sulle sue gemelle avute da madre surrogata: «Nel mio Paese è legale, non ho niente da aggiungere».
È vero. In certi Stati americani la legge lo consente, a prezzi molto alti per il committente. Viene ammessa anche in Grecia, Gran Bretagna, Russia, Ucraina, Georgia, Colombia, Canada, Israele. E in altri Paesi, come per esempio la Cambogia, c’è un mercato nero della gestazione che sfrutta le donne più povere, senza alcuna tutela.
In Italia e in molte altre nazioni la pratica è vietata perché, secondo la legge, viola i diritti del minore e impedisce alla donna che ha portato a termine la gravidanza di acquisire le prerogative della maternità. Così molte persone eterosessuali o omosessuali si spostano per ottenerla nei Paesi dove è consentita.
Però, dopo una richiesta del ministero degli Interni, i comuni italiani smetteranno di trascrivere il genitore non biologico negli atti di nascita di bambine e bambini nati all’estero con maternità surrogata. Credo sia crudele privare legalmente un figlio di un genitore, che in questo modo non avrà ufficialmente nessun diritto, e neanche dovere, nei suoi confronti.
Detto questo, però, vorrei soffermarmi sulle questioni etiche legate alla riproduzione. Non ho notizia di donne ricche ed emancipate che, per generosità, facciano figli per altri. Quando ero giornalista in America intervistai alcune ragazze che avevano fatto domanda per essere madri surrogate: vivevano nei camper e avevano un disperato bisogno di denaro.
Nei Paesi che meglio regolamentano la gestazione per altri le candidate devono avere già figli, non essere in condizioni di estrema povertà e non considerare un trauma cedere il bambino. Credo nella libertà di ogni persona di gestire il proprio corpo come vuole, anche guadagnando facendo figli per altri. Non sostengo la sacralità della gravidanza, e neanche quella dei legami di sangue: i figli sono di chi li cresce e li ama.
Però sapete che la percentuale data dalle agenzie alle madri surrogate è minima rispetto ai prezzi proibitivi che fanno pagare a chi vuole un bambino? Conoscete la quantità di ormoni necessari per garantire l’annidamento e lo sviluppo nell’utero di un embrione estraneo? Sapete che spesso, per garantire il risultato, vengono impiantati più embrioni con rischi più alti per la salute? E che nel contratto il corpo femminile viene ceduto al committente con regole psicologiche, mediche, con un numero prestabilito di ore di riposo e con la possibilità di abortire solo se lo decide l’ordinante?
Chi sostiene che la gestazione per altri sia una libera scelta altruistica mente prima di tutto a se stesso, perché queste ragazze diventano incubatrici che consegnano la gestione di sé a un richiedente. E chi può pensare che anche la donna più indifferente ignori il legame con una creatura che cresce dentro di lei? Credete sia facile affrontare il parto sapendo già che quel bambino non sarà tuo figlio? Anni fa intervistai una madre surrogata che mi raccontò il suo sogno ricorrente e cioè che un giorno la piccola l’avrebbe cercata. Invece quella bimba non aveva nessuna idea di come fosse nata, perché nessuno glielo aveva detto.
Vi assicuro che capisco bene il desiderio di persone di qualsiasi orientamento sessuale di avere un figlio. Ho avuto una bambina in età avanzata dopo vari tentativi e la sua esistenza mi rende la persona più felice del mondo. Ma la gioia di essere genitore non può ignorare la pena di una donna che diventa madre surrogata solo perché è l’unico modo di sostenere sé o la sua famiglia. In un femminismo che si dice attento a tutte le donne, soprattutto le più deboli, i diritti di chi fa figli per altri non hanno meno valore di quelli di chi non può avere figli.
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