Chris Evans: «Il superpotere che vorrei»
Appena indossa il costume di Captain America Chris Evans è un uomo che fa sempre la cosa giusta, anche quando nessuno lo vede. Noi lo abbiamo incontrato lontano dal set e abbiamo scoperto che, se potesse scegliere, il talento che desidera di più è decisamente un altro
Conoscete il gioco “36 domande per innamorarsi in 45 minuti”? È un test psicologico le cui risposte dovrebbero rivelare se tra due interlocutori può scattare un’amicizia, o l’amore. Bene, quella che state per leggere è una versione davvero unica del test. Perché a rispondere è Capitan America, cioè Chris Evans, l’attore americano che dà volto, pettorali e bicipiti al supereroe della Marvel. Il 4 maggio lo ritroveremo sul grande schermo nel terzo capitolo della sua saga personale, Capitan America: Civil War. Intanto, me lo trovo davanti io, in un hotel di Ginevra, in Svizzera. Occhi azzurri e capelli biondo scuro, fisico di quelli che si vedono raramente nella vita reale: è proprio uguale al personaggio che l’ha reso famoso. Nei modi, soprattutto: in maglia e pantaloni neri, è elegante e gentile come un gentleman d’altri tempi. Non è un caso che il marchio di alta orologeria IWC l’abbia scelto come ambasciatore: «È stato un incontro davvero fortunato», mi dice Chris. «Ho sempre amato gli orologi e quando mi hanno chiamato, io che sono abituato a girare film nei quali c’è sempre qualcosa che non va per il verso giusto, ho pensato: “Finalmente qualcosa di affidabile nella mia vita”». Sono indecisa se osare e chiedergli un’anticipazione sul film o toccargli il bicipite per sentire l’effetto che fa, ma non devo indisporlo prima di scoprire che tipo di uomo è.
Quali sono le qualità di Capitan America che vorrebbe avere?
«La sua totale mancanza di egoismo: mette se stesso sempre all’ultimo posto e ha davvero a cuore il benessere delle altre persone. Fa le cose giuste anche quando nessuno lo vede».
Lei invece no?
«Be’, cerco di essere una brava persona, ma certo è difficile competere con qualcuno a quel livello».
Non si direbbe. Su Twitter diffonde spesso notizie su iniziative benefiche in cui è coinvolto.
«Sì, la beneficenza conta molto per me, molto più dei social media. Il modo migliore di usarli è cogliere l’opportunità di fare del bene agli altri».
Quali delle sue qualità dovrebbe invece avere Capitan America?
«Dovrebbe imparare a divertirsi. Le assicuro che io so come farlo».
Ah, sì? Come?
«Prima di tutto circondandomi di amici. Sono un grande appassionato di vacanze, quel periodo dell’anno in cui si smette di pensare al lavoro e a tutto quello che succederà domani».
Lei ce l’ha un supereroe preferito?
«La verità? Iron Man» (interpretato nel film da Robert Downey Jr.).
Che, tra l’altro, in Capitan America: Civil War sembra essere il suo rivale. Con Downey bisticciavate anche nelle pause?
«No, ormai noi che abbiamo lavorato alla saga degli Avengers (i film di supereroi della Marvel, ndr) ci conosciamo tutti talmente bene, che è stato come andare in gita con i compagni di classe»
In tutti questi anni e sei film non si è mai stancato di essere Capitan America?
«No, come potrei?».
Prima di Capitan America è stato anche la Torcia Umana dei Fantastici 4: che ruolo sogna quando avrà finito con i supereroi?
«Nessuno in particolare. Ho imparato che un personaggio non conta niente se, dietro la macchina da presa, non c’è un bravo regista».
Rigiro la domanda: da chi vorrebbe essere diretto?
«Wes Anderson. È unico, pieno di stile, il suo universo creativo è fantastico».
C’è qualcosa che le manca della “vita di prima”?
«Certo, l’anonimato. La possibilità di muovermi in mezzo alla folla senza che nessuno si accorga di me. Insomma, la libertà. La sensazione di essere solo quando sei circondato dalle persone è bellissima».
Secondo la rivista americana Forbes lei è l’attore “miglior investimento” di Hollywood. Costa di meno di quello che fa guadagnare con i suoi film. Chiederà un aumento?
«Può ben dirlo. È la prima cosa che ho pensato quando ho letto quella notizia. Poi sono stato contento di me: essere il “miglior investimento” è un titolo unico».
Lei si sente più sexy o più intelligente?
«Questa è una domanda senza uscita, sbaglierei comunque a risponderle. Passo».
Proviamo così: chi sono i suoi più grandi fan? I maschi appassionati di fumetti perché è Capitan America o le ragazze, perché è un sex symbol?
«Direi i bambini e i ragazzi in generale, senza distinzione di genere. Sono sempre loro quelli più entusiasti di me. Sono i più onesti e diretti e farli felici è una delle più grandi gratificazioni di questo lavoro»
Ora iniziamo con il gioco delle “36 domande”. Prima di fare una telefonata importante, fa le prove di quello che dirà?
«Dipende dalla telefonata. In quelle professionali sì, altrimenti perderei il filo del discorso»
Com’è la sua giornata perfetta?
«Prima di tutto le dico dov’è: a Boston, a casa con la mia famiglia. Secondo, la stagione: l’autunno, ottobre, quando l’aria è frizzante, ma non fa troppo freddo e si può stare fuori a intagliare le zucche per Halloween. Mi piace sentirmi un po’ bambino».
Quando è stata l’ultima volta che ha cantato da solo? E per qualcun altro?
«Mi piace cantare, lo faccio spesso: datemi solo un paio di bicchieri di vino e un bel pezzo degli Eagles. Ultimamente ho anche imparato a suonare l’ukulele».
Per che cosa si sente grato nella vita?
«Per la mia famiglia. Ed è un sentimento sincero: non riconoscere il bello dell’esistenza non porta altro che cattive giornate».
Mi riassuma la storia della sua vita in una sola frase
«Sono nato, ho iniziato a sentirmi un po’ confuso, ma sto lavorando su me stesso per non perdermi».
Se dovesse cambiare qualcosa della sua infanzia, che cosa sarebbe?
«Vorrei aver avuto più animali. Ho avuto due cani, ma, fosse stato per me, il numero giusto sarebbe stato 12».
La sua infanzia è stata più felice di quella degli altri?
«È stata un paradiso. Non perché sia stata facile, ma perché mi sono sempre sentito nel posto giusto. Il tuo mondo somiglia alle persone che ti circondano».
Se si potesse svegliare con un dono, quale sarebbe?
«Quello di parlare altre lingue. Conosco solo l’inglese e, quando esci dagli Stati Uniti, ti accorgi che tutti ne sanno almeno due. Mentre tu per pigrizia, sapendo che l’inglese basta, non ti sforzi mai».
Se una sfera di cristallo potesse dirle tutto di passato, presente e futuro, che cosa vorrebbe sapere?
«Niente, niente e ancora niente. Odio gli spoiler, anche quando qualcuno mi dice come finirà una serie tv».
C’è qualcosa che sogna da tanto, ma non ha mai fatto?
«Gli sport estremi: parapendio e paracadutismo. Mi piacerebbe volare in mezzo al cielo, ma sono pericolosi e mi spaventa l’idea di potermi fare molto male. Magari un giorno».
Lei è un tipo pauroso?
«No, ma ora la mia missione è provvedere alla mia famiglia».
Sembra un ragazzo d’oro. Ma si prende cura di tutti?
«Loro hanno provveduto a me, il nostro è un legame profondo e mi viene istintivo ricambiare».
Qual è il suo ricordo più caro?
«Avevo 10 anni, ci eravamo appena trasferiti in una nuova città, in una nuova casa, quella dove viviamo ancora adesso. Era un pomeriggio di agosto. Le finestre erano aperte, giocavamo a rincorrerci nella casa vuota, non erano ancora arrivati i mobili. Noi davamo la caccia alle mosche, mentre mia madre metteva della musica nell’altra stanza. È un ricordo bellissimo, che mi fa tornare indietro a quando era tutto nuovo, alla nascita di quella che stava per diventare la nostra nuova vita».
E il ricordo peggiore?
«Ogni volta che perdo un amico».
Quali sono i valori che per lei contano di più in un rapporto di amicizia?
«Onestà, lealtà e mancanza di egoismo. A una famiglia appartieni e a essa devi sempre qualche cosa. Ma agli amici no, li scegli e li coltivi nel tempo. C’è un senso di purezza in questo».
E che ruolo ha l’amore nella sua vita?
«Molto importante. Senza saremmo esseri freddi e vuoti».
E il tempo?
«Mi piacerebbe dire che è un’invenzione dell’uomo: siamo l’unica specie su questo pianeta che lo conta. I cerbiatti non sono mai in ritardo, i cani non guardano mai al passato. Il tempo l’ha inventato l’uomo perché ha consapevolezza che tutto, prima o poi, finisce».
Il gioco andrebbe avanti, ma lei ha parlato talmente tanto della sua famiglia che le chiedo: non sarebbe ora di iniziarne una sua?
«Sì, ma non è ancora il momento».
Continua a guardarmi sorridendo, ma capisco che non dirà altro sull’argomento. E sempre a proposito di tempo, quello a nostra disposizione è finito. Che ne dite? Ci possiamo innamorare di lui?
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