Beatrice Valli: «Ho scritto la mia favola»
Il primo bacio se lo sono dati il 29 maggio 2013, davanti a una cioccolata calda. Esattamente nove anni dopo Beatrice Valli e Marco Fantini, imprenditori digitali da quattro milioni e mezzo di follower su Instagram, si sono detti “sì” a Capri, con un rito civile a Villa Lysis con circa 80 invitati, solo parenti e gli amici più cari.
«Mi raccomando, scriva che la data non l’ho scelta io, l’abbiamo decisa insieme», mi dice lei. In fondo Beatrice e Marco insieme fanno tutto, dal lavoro alla gestione della famiglia di tre bambini, Alessandro, 9 anni, Bianca, 5, e Azzurra, 2. Oggi sono una delle coppie social più celebri e amate d’Italia. Ma la capacità di stare davanti ai riflettori e comunicare con il pubblico Beatrice ce l’ha dentro fin da piccola. E se oggi è una mamma-moglie-imprenditrice-influencer tanto determinata, lo deve alla forza delle donne con cui è cresciuta e a un’infanzia segnata da un’assenza profonda con cui ha imparato a convivere.
In che famiglia è cresciuta?
«Piena di donne. Siamo tre sorelle femmine (Eleonora, 28 anni, Ludovica, 25, entrambe influencer, ndr) e la mia mamma. Il mio papà c’è sempre stato poco quando eravamo piccole, poi i miei si sono separati quando avevo 6 anni. La mia infanzia si riassume così: quattro donne invincibili contro tutti».
Era una ragazza ribelle?
«Solo da adolescente per gli orari: il coprifuoco era all’una di notte, ma io tornavo a casa alle tre o alle quattro del mattino. Per il resto sono sempre stata responsabile. “Non sono io, ma sei tu che hai fatto da mamma a me”, mi ha detto spesso la mia mamma. “C’eri sempre, per pettinare le tue sorelle, far da mangiare, pulire casa. Non dicevi mai di no”. Ero sempre disponibile. Una bambina solare che sognava in grande. E tanti sogni che avevo oggi si stanno realizzando».
Il menù di casa vostra allora?
«Piatti tipici della cucina emiliana: gnocco fritto, tigelle, lasagne e cappelletti. Spesso li preparavamo insieme, io e le mie sorelle. Ancora adesso cucino tantissimo».
Sua madre vi ha cresciuto da sola. È stata dura?
«Non è stato facile non avere un uomo accanto che la supportasse. Ci portava la mattina a scuola e poi lavorava dalla mattina alla sera. Quando il suo papà era morto avevano dovuto chiudere il maglificio di famiglia. E così mamma lavorava in un negozio che vendeva oggettistica varia a Correggio».
Ha sentito l’assenza di suo padre?
«Sì, mi è mancata la protezione che un papà può dare a una figlia. Quando ero piccola, tra lavoro e giocare a calcio, c’è sempre stato poco. Ma quello che mi ha fatto più male è stata la separazione dei miei genitori. Mi è mancata quella figura paterna che ho ritrovato nella stabilità che ho costruito con Marco».
Prova ancora un po’ di rabbia nei suoi confronti?
«È una ferita che mi porterò dentro per sempre».
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Foto di Olivier Desarte - styling di Tamara Gianoglio
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