Anche voi avete il (bizzarro) gene della trasformazione?
Che si cambi con il passare degli anni (e tra non molto ne arriverà uno nuovo) è ovvio, anzi banale. Ma io non sto parlando della tonicità della pelle. Dico che spesso si cambiano proprio i gusti, le modalità, le convinzioni.
Ovvio anche questo? Sì, però ugualmente degno di attenzione. O perlomeno così sostiene Nicoletta, il mio condirettore, che è rimasta colpita quando le ho detto che io, fino a una decina di anni fa, non avevo mai indossato una collana. Proprio non contemplavo l’ipotesi. Il che davvero stupisce me per prima, visto che adesso ne ho praticamente una collezione, ne compro anche due alla volta e più sono strane, “evidenti”, insomma più si fanno notare e più mi piacciono.
E le metto tutti i giorni, su di un vestito, un pullover o una T-shirt. Come è avvenuta la mutazione? Non lo so. Fino al giorno prima mi sembravano un accessorio inutile, quasi scomodo, una sorta di “eccesso” che non aveva nulla a che spartire con me. E dal giorno dopo hanno cominciato ad affascinarmi e a rifinirmi il look.
Ma tutto questo non ha nulla a che vedere con i dettami della moda, è solo un mio percorso personale che ha dei suoi tragitti per me un po’ incomprensibili. Mi è successo lo stesso anche con i tacchi. Per anni, molti anni, li ho ignorati: il mio stile era maschile e minimal. Pantaloni stretti, camicia o pullover, scarpe basse, che voleva dire mocassini, stringate o ballerine.
I tacchi mi sembravano cose da donne più femminili, più seduttive, comunque diverse da me. Il fatto era talmente evidente che con Marina, il vicedirettore moda del giornale che dirigevo allora, si scherzava perfino sulle nostre differenze proprio a partire dalle scarpe. Ed è stata lei a farmi notare, anni dopo, quanto fossi cambiata quando mi ha visto caracollare su tacchi a stiletto come fosse la cosa più normale del mondo.
Eppure io “dentro” ero, e sono, sempre la stessa: che cosa mi aveva spinto, con tanta naturalezza, su quei 10 centimetri? Quale era stato il momento, la motivazione, l’occasione? Non lo so, ma so che è successo e, vi prego, ditemi che qualche volta è successo anche a voi!
Di nuovo, per decenni mi sono rifiutata di leggere i gialli: proprio li ignoravo, per me non esistevano, non mi interessavano, non mi coinvolgevano... Com’è allora che adesso non leggo praticamente altro? Aspetto l’uscita del nuovo Maigret di Simenon (ma quanto ha scritto quell’uomo?) come fosse un regalo, e qualche volta nell’attesa li leggo anche in francese per anticipare i tempi.
Ovviamente mi sono innamorata della saga di Stieg Larsson e di conseguenza di tutta la letteratura thriller nordica, che, credetemi, è infinita... Basta che un libro nella fascetta parli di “successo” scandinavo, norvegese, perfino danese perché io senta l’impulso compulsivo a comprarlo.
Sono così posseduta dal demone del giallo che, qualche giorno fa, ho abbandonato La trama del matrimonio di Eugenides (che adoro e che riprenderò quanto prima) perché mi è caduto l’occhio sull’ultimo Michael Connelly e non potevo resistere, né dilazionare (d’altronde il protagonista di L’uomo di paglia è un giornalista...).
Adesso però che ho preso coscienza del mio bizzarro gene del cambiamento, comincio a essere preoccupata per il futuro. E se improvvisamente cominciassi a stare a dieta e a frequentare le palestre? E se mi buttassi sulla Kabala e sui toy boy come Madonna?
E se decidessi di volere la bocca e gli zigomi dei miei 18 anni come Meg Ryan o la Kidman? Qualcuno mi fermi...
© Riproduzione riservata