10 documentari imperdibili sul mondo dell'arte
Fotogallery 10 documentari imperdibili sul mondo dell’arte
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Prendete carta e penna! La nostra esperta vi consiglia dei DVD imperdibili
Marina Abramovic farà parte della giuria della 69esima Mostra del Cinema di Venezia. Il legame tra arti visive e grande schermo però non è proprio una novità, così abbiamo selezionato dieci documentari che parlano di artisti e della loro arte. A partire proprio dal documentario appena uscito in dvd che racconta la performance di Marina Abramovic al MoMA di New York nel 2010. A volte la realtà di queste storie supera di gran lunga l'immaginazione.
The Artist is Present (Matthew Akers, 2012)
Mentre Giada Colagrande sta girando il film dedicato al Metodo Abramovic , esce il dvd della performance dell’artista al MoMA di New York. Se pensate che fissare sconosciuti per tre mesi di fila sia noioso, vi sbagliate di grosso. Il documentario è un viaggio nella vita e nella carriera di quest’artista che è passata dai giorni di estrema povertà (e molto amore con Ulay) in un furgoncino in giro per il mondo, al lussuosissimo loft newyorchese di Soho. Una donna e un’artista che alterna una tempra d’acciaio a un’emotività spiazzante.
Beautiful Losers (Aaron Rose, 2008)
Lontano dai fasti della critica e delle istituzioni, questo documentario diretto da Aaron Rose segue un gruppo di artisti (Sheperd Fairey e Ryan Mc Ginley tra gli altri) che intorno agli anni Novanta, e in particolare a Los Angeles, iniziavano un modo di fare arte totalmente autodidatta. La cultura della Street Art descritta nel suo spirito più puro e sensato, in equilibrio su uno skateboard e lontano (ancora per poco) dalle gabbie del mercato. Con il film uscì un libro e una mostra che ha girato i musei di mezzo mondo, tra cui nel 2006 la Triennale di Milano.
Exit Through the Gift Shop (Banksy, 2010)
Vi avevamo già parlato del film diretto da Banksy , una satira tagliente sulle modalità grazie alle quali la Street Art è stata inglobata dal mondo dell’arte ‘ufficiale’. La storia di un ‘fake’ artist, Mr Brainwash raccontata dallo street artist più intelligente dei nostri tempi. Perché al giorno d’oggi c’è posto un po’ per chiunque, basta sapersi vendere...
Face Addict (Edo Bertoglio, 2005)
Inutile lamentarsi dei bei tempi andati. L’importanza di essere qualcuno nasce parecchi anni fa, precisamente a downtown New York alla fine degli anni Settanta. Edo Bertoglio torna nei luoghi della sua gioventù a base di eccessi e creatività e scrive un diario agrodolce della scena artistica più ‘cool’ di tutti i tempi. Del resto se i tuoi amici sono Jean-Michel Basquiat, Keith Haring, Jim Jarmusch, Deborah Harry, John Lurie e Glen O’Brien ogni party mancato è un pezzo di storia perso.
The Universe of Keith Haring (Feltrinelli)
La scena newyorchese del tempo ha sfornato figure che da sole offrono storie indimenticabili. Tra queste un artista che tutti conoscono, Keith Haring. Il suo alfabeto inconfondibile rimane un’esperienza impossibile da inserire nel fenomeno ‘street art’ o in qualsiasi altro gruppo della sua epoca. Il documentario di Christina Clausen presenta il lato intimo di quest’artista travolto dal successo e dagli eccessi di quegli anni. A raccontarlo sono amici celebri (David La Chapelle, Yoko Ono) e familiari. Se pensate alla sua arte come ve lo immaginate? Solare, festaiolo, e un naturale comunicatore.
13 Most Beautiful... Songs for Andy Warhol's Screen Tests (Plexifilm)
A questo punto la domanda è: se non ci fosse stato Andy Warhol, questa leggendaria scena newyorchese sarebbe stata la stessa? Difficile rispondere con certezza, ma l’uomo che offriva 15 minuti di celebrità a chi li meritava ha cambiato per sempre il mondo dell’arte, probabilmente più di quanto lui stesso immaginasse. Freddo, cinico, calcolatore. Spesso il re della Pop Art viene descritto così, eppure a guardare questo film si capisce che ci vuole una certa sensibilità per essere capaci di convincere tanti individui a offrirsi, nudi e crudi, di fronte una macchina da presa. Questi selezione di ritratti silenziosi che Warhol girò tra il 1964 e il 1966, sono dedicati alla bellezza dei giovani ambiziosi e fragili frequentatori della Factory. Gente come Lou Reed, Nico, Edie Sedgwick...
Bill Cunningham New York (Zeitgeist)
Sempre a New York, e più o meno negli stessi anni di Andy Warhol, Bill Cunningham ebbe un’intuizione visionaria: fotografare quello che oggi conosciamo come Street Style. Prima di Internet, prima dei blogger e delle blog celebrities, c’era (e all’età di 83 anni c’è ancora) sulle pagine del New York Times questo fotografo per caso, capace di leggere nello stile degli abitanti della sua città una forma d’arte unica, quella della personalità. Da una strada all’altra pronto a cogliere lo stile dalla sua vecchia bicicletta, il documentario di Richard Press segue quest’icona e ne svela lo stile di vita tutt’altro che sfarzoso perché quando ‘non accetti denaro puoi fare tutto quello che vuoi’.
Gerard Richter Painting (Soda Pictures)
Basta con sesso, droga, e rock’n roll, mica tutti gli artisti sono devoti a uno stile di vita estremo. Uno dei più grandi pittori in vita, per esempio, ha una modalità di lavoro estremamente rigorosa. Come nasce un dipinto di Gerhard Richter? Lo spiega questo documentario di Corinna Belz che ha seguito il maestro tedesco nel suo studio per diversi mesi. Se pensate che la pittura si possa spiegare a parole, vi sbagliate di grosso.
Louise Bourgeois: the Spider, the Mistress, the Tangerine (Zeitgeist)
Un’altra grande artista della nostra epoca, scomparsa solo due anni fa, è protagonista del documentario diretto da Marion Cajori e Amei Wallach. L’artista francese che ha fatto della propria arte un percorso terapeutico per venire a patti con i propri traumi personali è umorale, profonda, e capace di guardare in faccia le proprie paure e fragilità. Le stesse che si possono provare di fronte a una delle sue sculture ragno, simultaneamente simbolo materno di protezione e costrizione.
Hot Spot: Martin Parr in the American South (Contrasto)
Un inglese nel sud degli Stati Uniti. Il nuovo documentario dedicato alla serie di scatti che Martin Parr ha realizzato su commissione dell’High Museum di Atlanta promette bene. Usi e costumi del popolo americano, visti dall’occhio satirico, furbo e diciamolo, un po’ crudele di questo fotografo che ti flesha e plastifica senza pietà. Il bello è che è tutto vero.
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