Matilda De Angelis: «Provate a prendermi»
E’ l’esordiente scrupolosa e determinata che tutti vogliono. Matilda De Angelis arriva al cinema in Veloce come il vento al fianco del sex symbol Stefano Accorsi. Grazia l’ha fotografata e ha parlato con lei per capire quanto lontano vuole arrivare
Una balena canta e sta sempre in mare aperto: l’augurio è quello di prendere l’onda buona». Così mi spiega Matilda De Angelis il significato dell’anello che le brilla all’anulare sinistro. Regalo affettuoso di un amico, mi confessa l’attrice di fronte a una tisana. «Chi mi conosce bene sa che adoro gli anelli», dice indicandomi gli altri due sulla mano destra. Li ha “rubati”, con permesso, dai suoi personaggi: uno appartiene ad Ambra della serie tv Tutto può succedere, vista su RaiUno, l’altro a Giulia del film Veloce come il vento del regista Matteo Rovere, dal 7 aprile al cinema, liberamente ispirato al pilota di rally degli Anni 80, Carlo Capone.
Era incredula quando le hanno comunicato che avrebbe interpretato lei Giulia, la protagonista. «Che cosa? Proprio io? Siete sicuri?»: ha reagito così Matilda, 20 anni. Nella storia è una sportiva che, con il piede sull’acceleratore, scopre come esorcizzare i propri demoni e quelli di un fratellastro-mentore, saggio ma sbandato, interpretato da Stefano Accorsi. Loro due fratello e sorella lo sono diventati anche fuori dal set. «Dopo le riprese andavamo a mangiarci una pizza e ci facevamo i dispetti: a fine riprese ci è dispiaciuto salutarci», racconta lei.
Chi è la prima persona che ha chiamato quando ha saputo di essere stata scelta per il film?
«Mia madre: erano parecchi mesi che tifava per me. I miei mi hanno sempre incoraggiata a seguire sogni e passioni, pur con la consapevolezza che tra musica e spettacolo mi muovo in un mondo senza certezze. Al mio papà, poi, devo tutta la mia cultura musicale. Ricordo quanto si è commosso la prima volta che mi ha sentito cantare. Mi raccontano che da piccola già facevo spettacoli in casa: inventavo gli accordi con la chitarra scordata di mio nonno. Poi, a 11 anni, ho iniziato a studiare violino e chitarra, a 13 componevo le prime canzoni, e ora eccomi qui».
Che cosa ha in comune con il personaggio di Giulia?
«Mi piace avere sotto controllo la situazione. Sarà che sono del segno della Vergine, e quindi precisa, puntigliosa, amante dell’ordine in tutte le sue forme. Ho un’agenda aggiornata in modo maniacale e un’avversione per gli imprevisti».
Giulia sa il fatto suo. Si sente altrettanto determinata?
«Molto, sono convinta che, se hai un obiettivo, devi fare di tutto per raggiungerlo. Non a cuor leggero: come Giulia, ho un forte senso di responsabilità verso tutti, soprattutto verso mio fratello. Si chiama Tobia e ha recitato in Tutto può succedere».
E pensare che lei sognava di fare la cantante.
«Vero, e non ho mai smesso. Da tre anni studio seriamente canto e suono nei club con la mia band, i Rumba de Bodas: il palco è casa mia. Potrei finire a lavorare alle Poste, ma canterò tutta la vita. È la mia certezza. Oggi aggiungo tanta voglia di recitare».
Era emozionata all’idea d’incontrare Stefano Accorsi?
«In realtà Accorsi non è il sex symbol della mia generazione. A me piaceva Riccardo Scamarcio, che tuttora trovo molto affascinante. Questo, però, non significa che sul set non avessi l’ansia da prestazione».
Lei era ancora al liceo quando è stata scelta per questa parte in cui doveva guidare. Aveva già preso la patente?
«Il regista mi ha chiamato il giorno stesso in cui dovevo sostenere l’esame di pratica. La ragazza prima di me era appena stata bocciata e Matteo mi telefona e mi dice che sarei stata la protagonista del film. Ricorderò le sue parole per sempre: “Matilda, mi raccomando, prendi quella patente: nel film devi guidare”».
E anche molto veloce.
«Ho preso lezioni di guida sicura all’autodromo di Adria, in provincia di Rovigo: dovevo capire che cosa si prova a correre a 250 chilometri orari su un rettilineo e come si impugna un volante in quelle situazioni. E poi portare a casa con me quell’adrenalina, per ritrovarla sul set».
Accorsi che cosa le diceva nelle scene a tutta velocità?
«A volte mi dava consigli, altre mi prendeva in giro. Quando non ti conosce, Stefano è molto composto, addirittura silenzioso. Durante le riprese l’ho visto trasformarsi. Alla fine correvamo insieme, scherzavamo sulla dieta. Lui, all’inizio, ha dovuto seguirne una più rigida della mia: tracannava bibitoni, poverino. Mi ha insegnato a lavorare giocando, ci siamo divertiti come matti».
Qual è la scena più difficile che avete girato insieme?
«L’inseguimento nel centro di Imola. Le sgommate che si vedono nel film non sono mie, tutto il resto sì. Stefano leggeva il terrore nei miei occhi: non è facile gestire emotività, concentrazione e guida con cinque cineprese sul cruscotto, in mezzo alla zona pedonale, con le vecchiette per strada. Alla fine Stefano mi diceva: “Brava, sei stata brava”. Io, invece, piangevo».
Il suo fidanzato non è geloso?
«Sono single, ma non potrei mai stare con un ragazzo che non si fida di me: chi sceglie di starmi accanto deve rispettare il mio mestiere e la mia libertà».
Lei è una ex sportiva: per anni ha fatto ginnastica artistica a livello agonistico. Perché ha lasciato?
«Dopo 12 anni mi sono fatta male al ginocchio. Cose che capitano. All’inizio non l’ho presa bene, ho vissuto un momento no che ho superato “parlando” con me stessa. Non chiedo mai di essere aiutata: faccio da sola».
A quale attrice le piacerebbe somigliare?
«Il mio mito è la star australiana Cate Blanchett, l’emblema della femminilità. Mi piace molto Paola Cortellesi, forte e ironica. E ho adorato lavorare con Maya Sansa, che mi ha insegnato tanto sul set di Tutto può succedere».
Riceve molti messaggi sui social media?
«Sì, e cerco di essere carina con tutti. I pazzi, invece, li ignoro. Ringrazio per le lodi e mi limito a una risposta educata: non credo agli amori che nascono in chat».
Come evolverà Ambra nella prossima serie?
«Da brutto anatroccolo, insicuro e paranoico, diventa grande, si apre, acquista sicurezza. Ha un cambiamento anche fisico radicale, per esempio nel make up: niente chili di matita nera sugli occhi, punta all’essenziale».
Un po’ come lei.
«Oggi sì. Ma a 14 anni anch’io mi truccavo tanto. Vede questo maglione largo che indosso oggi? Ecco, prima mi coprivo con felpa e maglie taglia extra large solo per nascondermi, adesso li metto per gusto. È stata la musica a darmi sicurezza: stare sul palco, mettermi in relazione con gli altri mi ha fatto crescere».
Maglioni abbondanti a parte, è una modaiola?
«No, non lo sono mai stata: amo il bon ton, ma adoro anche gli anfibi. I tacchi non li so portare. Eppure quando li indosso, magari con un bell’abito, mi sento speciale».
E dove pensa finirà, adesso?
«Vorrei fare un viaggio in Giappone. Interpretare una supereroina, magari con poteri telepatici, in un film italiano come Lo chiamavano Jeeg Robot. E andare a vivere a Parigi: il francese già lo so, mi sono portata avanti».
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