Cosa fare se lui pensa più agli amici (e al lavoro e al calcio) che a voi

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Mette gli amici al primo posto? Se per il vostro lui siete sempre in fondo alla scala delle priorità ecco come riuscire a salvare il rapporto

Ogni occasione è buona per passare il tempo con gli amici, giocare alla playstation, guardare la partita, fare uno o più sport.

Se è giusto (e sacrosanto) che all'interno di una relazione ognuno mantenga i propri interessi e i propri spazi, il problema nasce se quando dovete passare del tempo insieme, il vostro lui sembra svogliato, poco partecipe e si appella a molteplici e fantasiose scuse per ridurre il più possibile questi momenti.

Mica facile la situazione: sentite che vi state allontanando sempre più e che se anche se si fanno dei passi avanti, poco dopo se ne fanno altri indietro.

Ecco come provare a gestire la situazione che vi sta facendo soffrire.

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Fatevi sentire

Guardare la coppia che si sgretola e continuare a pensare al motivo per cui lui agisce in quel modo vi porterà in un loop di pensieri negativi poco funzionali.

È il momento di usare la vostra voce spiegando come vi fa sentire questo suo comportamento.

Non esistono solo i bisogni di uno dei due, la coppia è formata da due persone con ugual valore.

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Passate ai fatti

Se vi fate sentire ma poi continuate a assecondare le sue fasi lunari, le sue richieste o le sue fughe, alzare la voce non sarà servito a niente.

Dovete passare alla pratica.

Aspettate che sia il vostro lui a chiedervi di fare qualcosa insieme (arriverà quel momento, portate pazienza) e rispondete disinvolte dicendo che no, avete un impegno con delle amiche.

Servirà a fargli capire come vi sentite ogni volta in cui è lui a comportarsi in questo modo.

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Fatelo mettere nei vostri panni

Il vostro lui (forse) agirà con le migliori intenzioni, quello che gli manca è quel pizzico di empatia tipica del genere femminile.

Gli uomini spesso faticano più delle donne a mettersi nei panni dell’altro e così continuano ad agire secondo i propri bisogni credendo di non far soffrire nessuno.

Diteglielo, se ci tiene aprirà gli occhi.

Matrimonio Carrie e Big

Valutate quello che volete voi

Se dopo ripetuti tentativi di risolvere la soluzione non riuscite a venirne a capo, è il momento di spostare l’attenzione su voi stesse.

Cosa volete da una relazione? Come vorreste sentirvi nella coppia? Il vostro lui può darvi quello che cercate?

Rispondete a queste domande per capire se volete davvero salvare il vostro rapporto.

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Ecco il motivo psicologico per cui restiamo in relazioni che non funzionano più

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Ci illudiamo di poter guarire amando chi ci ferisce. Ma spesso restare in relazioni sbagliate è solo un modo per provare, ancora una volta, ad aggiustare quello che non ha funzionato nel nostro passato

Ci sono relazioni che non funzionano da tempo, eppure restiamo.

Restiamo anche quando non siamo più felici, quando i silenzi fanno più rumore delle parole, quando ci sentiamo più soli dentro un abbraccio che fuori. Restiamo e intanto ci raccontiamo che è per amore, per i figli, per paura di ricominciare.

Ma spesso non è per nessuna di queste ragioni. Restiamo perché speriamo, inconsapevolmente, di aggiustare qualcosa che si è rotto molto tempo fa.

**Come capire se una relazione non vi rende felici (anche quando sembra funzionare)**

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Le dinamiche del passato condizionano le dinamiche del presente

Ognuno di noi porta nelle relazioni adulte le dinamiche che ha vissuto da bambino in famiglia; come è stato amato e come ha visto amarsi i propri genitori.

Si porta con sé le mancanze, gli sguardi che non ha ricevuto, l’amore condizionato — quello che dovevi meritarti con il comportamento giusto, la versione “buona” di te.

Così da adulti, senza rendercene conto, cerchiamo di riscrivere quella storia.Scegliamo persone che ci ricordano proprio chi non ci ha saputo amare, e proviamo, con loro, a ottenere finalmente ciò che non abbiamo avuto allora.

È come se l’inconscio dicesse: “Se questa volta ce la faccio, se riesco a farmi scegliere da qualcuno come lui o come lei, allora guarirò”.

E così restiamo.

Restiamo anche quando ci sentiamo invisibili, anche quando ogni discussione diventa una guerra fredda, anche quando il rispetto si è perso per strada. Restiamo perché se andassimo via, dovremmo guardare in faccia il fallimento del nostro tentativo di guarigione.

E allora preferiamo restare in un dolore conosciuto, piuttosto che affrontare un vuoto nuovo.

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Ma non si guarisce dove ci si è feriti. Restare nelle relazioni che non funzionano più sperando che diventino la cura è come cercare di medicare una ferita con ciò che l’ha provocata.

Il presente non aggiusta il passato: lo ripete.

E mentre cerchiamo di sistemare l’altro, finiamo per trascurare ancora noi stessi - come abbiamo imparato a fare da bambini, quando per sopravvivere bisognava essere “bravi”, adattarsi, capire tutto prima, anche il non detto.

La verità è che certe relazioni non si aggiustano perché non nascono per funzionare: nascono per insegnarci dove fa male. E quel dolore, una volta riconosciuto, non va negato o ignorato, ma attraversato.

Capire perché restiamo è il primo passo per smettere di restare. Non per diventare più forti o più cinici, ma per diventare più liberi.

Guarire, in fondo, non è riuscire a farsi amare da chi non può o non sa farlo. È smettere di cercare in un altro la prova del proprio valore. È restare dove l’amore non chiede di essere dimostrato, ma semplicemente vissuto.

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Come capire se una relazione non vi rende felici (anche quando sembra funzionare)

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Capire quando una relazione non fa più stare bene è difficile, soprattutto se non ci sono crisi evidenti: ecco i segnali più importanti da osservare

Può capitare che in una relazione non ci siano particolari problemi: non ci sono litigi, crisi evidenti o grandi drammi. Eppure, qualcosa non va.

È come se la vostra energia fosse spenta, come se la spontaneità avesse perso intensità e alcune parti di voi fossero rimaste indietro senza un motivo preciso. Succede più spesso di quanto si pensi: tutto sembra “a posto”, ma dentro si percepisce una sottile sensazione di blackout emotivo.

È una sensazione che molte persone vivono senza riuscire a darle un nome, perché “sulla carta” è tutto a posto: la relazione funziona, c’è affetto, c’è routine, c’è stabilità. Ma non sempre questo basta a far sentire vivi. 

Qui proviamo a raccontare proprio quella zona intermedia e difficile da definire, dove i segnali non sono immediatamente riconoscibili, ma parlano comunque di qualcosa che merita attenzione.

**“Se mi amassi davvero…”: 6 frasi per capire se lui vi sta manipolando**

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Quando non succede nulla… ma non vi sentite più voi stesse

Le relazioni non diventano difficili solo quando scoppiano i conflitti. A volte la fatica arriva quando tutto procede in modo apparentemente tranquillo, ma voi avete la sensazione di non riconoscervi più.

È una forma di cambiamento lento, che si manifesta quando iniziate a fare meno cose che vi fanno brillare gli occhi, a parlare meno di ciò che amate, a chiudere un occhio un po’ più spesso per evitare discussioni inutili. Magari vi scoprite meno spontanee, più controllate, più attente a non disturbare che a condividere.

E mentre all’esterno tutto sembra “normale”, dentro qualcosa vi dice che la vostra energia emotiva non scorre più come prima. È quel tipo di stanchezza che non viene dalla giornata pesante o dalla mancanza di sonno, ma dal sentirvi un po’ più piccoli di come eravate. Una forma di adattamento che vi costa più di quanto vi restituisca.

I piccoli segnali che non sembrano segnali

Quando una relazione inizia a togliere più di quanto dà, di rado lo fa in modo evidente. Spesso tutto avviene in una serie di dettagli: piccole rinunce quotidiane che sembrano irrilevanti, ma che nel tempo costruiscono una distanza tra chi eravate e chi siete diventati.

Capita, ad esempio, di trovarsi a parlare meno dei propri sogni perché non si percepisce entusiasmo dall’altra parte. Oppure di sentire che ogni discussione potenziale va evitata, così da non introdurre tensioni che sembrano sempre troppo grandi per essere affrontate.

Con il passare dei mesi questa dinamica diventa quasi automatica. La voce si abbassa, i desideri si riducono, la spontaneità lascia spazio alla prudenza. Persino il corpo manda segnali: meno energia, meno iniziativa, meno voglia di condividere momenti che un tempo sarebbero stati fonte di piacere. E non perché la relazione sia “sbagliata”, ma perché la somma delle piccole cose può finire per erodere la vitalità emotiva più di quanto ci si accorga.

Quando ci si accorge che stanno cambiando i propri desideri

Il desiderio è uno dei primi elementi a risentire di una relazione che non nutre. E qui non si parla soltanto di desiderio sessuale, ma di quella forza interna che dà direzione alla vita: i piccoli progetti personali, le idee nuove, le scelte che fanno brillare gli occhi.

Se tutto questo sembra spento, se non si prova più entusiasmo per ciò che prima vi faceva saltare di gioia, forse è il momento di cercare di capire cosa sta succedendo.

A volte si tratta di un semplice periodo di stanchezza, ma altre volte ciò che si riduce non è la voglia di fare, ma la percezione di potersi permettere di esistere pienamente dentro la relazione. Quando i desideri si appiattiscono, quando i momenti di gioia diventano più rari, quando ci si sorprende a mettere in pausa parti importanti di sé “per il bene della coppia”, il punto non è trovare un colpevole, ma capire come recuperare spazio per la propria autenticità.

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È davvero la relazione… o è un momento della vita?

La domanda più difficile, e spesso anche la più importante. Non sempre una sensazione di “spegnimento” è legata al partner: lo stress del lavoro, la famiglia, la salute mentale, la fatica accumulata possono trasformare anche la relazione più sana in un luogo di minor energia. Vale la pena chiedersi se, al di fuori della vita di coppia, si prova la stessa sensazione.

Ciò che può aiutare a fare chiarezza è una domanda semplice ma rivelatrice: con questa persona ci sentiamo più noi stessi o meno noi stessi?

Perché le relazioni sane non cancellano i momenti difficili, ma li attraversano creando spazi di sostegno e non di ulteriore fatica. A volte parlarne con sincerità permette di aprire una porta nuova dentro la coppia; altre volte rivela che il malessere non ha a che fare con la storia ma con il periodo della vita.

Cosa fare se non vi riconoscete più

Accorgersi di essersi un po’ spenti non significa dover chiudere una relazione. Significa, piuttosto, prendersi cura di ciò che si prova, senza minimizzarlo.

Recuperare spazi solo per sé può essere un primo passo: un corso, un'amica da rivedere, un hobby messo in pausa, un po' di tempo di qualità con la propria interiorità. Condivisione e autonomia, nelle relazioni, crescono insieme.

Parlarne con il partner – con calma, senza accuse – può essere un momento prezioso: l’altro non può intuire ciò che non viene espresso. E se serve un confronto esterno, amici di fiducia o un percorso psicologico possono dare strumenti utili.

Qualunque sia il percorso successivo, una cosa resta vera: l’amore che fa bene è quello che permette di espandersi, non di rimpicciolirsi. È quello che accende, non quello che spegne. E nessuna relazione dovrebbe mai privare della possibilità di sentirsi pienamente vivi.

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Quanto aspettare per avere una nuova relazione quando ci si lascia?

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Frequentare qualcuno se la propria relazione è appena finita è difficile, ma non c’è nulla di male nel voler vivere. Ecco quanto aspettare

Affrontare nuove frequentazioni dopo la fine di una storia importante o di un matrimonio è complesso, ma decidere quanto aspettare è (o dovrebbe essere) una scelta personale.

Le condizioni che mettono fine a una relazione (non necessariamente culminata in uno sposalizio o in una unione civile) sono un milione e rappresentano un punto di partenza totalmente unico dal quale poi emerge quel famoso “nuovo capitolo” di vita che cambierà tutto.

Di conseguenza non esiste un tempo univoco per tutti da rispettare prima di iniziare una nuova relazione dopo la fine di quella precedente.

Però ci sono delle indicazioni di massima che possono aiutarvi ad affrontarlo nel modo più sicuro e semplice.

Quanto aspettare prima di una nuova relazione quando ci si lascia?

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quando tornare a frequentare qualcuno

Frequentare qualcuno dopo un matrimonio finito: quanto aspettare?

Guardiamoci negli occhi e diciamoci la verità: sappiamo bene che certe cose succedono quando decidiamo di volerle e frequentare una persona dopo un matrimonio finito, anche prima del divorzio ma già in fase di separazione, è piuttosto comune.

Il tempo è un fatto puramente personale e alcune persone preferiscono confrontarsi con figure professionali come psicologi (o addirittura con i legali) per capire quanto è il momento esatto, ma sappiamo bene che alcune cose, anche per i più razionali, non si possono troppo controllare.

Le relazioni non sono matematiche. Potete darvi un limite di tempo oppure farlo e basta.

Non dovrebbero esserci regole quindi guai a chi le impone, se ma se ci fossero riguarderebbero solo e soltanto voi e sono tutte veicolate da un obbiettivo importante: non passare “dalla padella alla brace” o da una condizione di malessere a una che vi fa stare diversamente male.

L'indecisione è un segnale, ma innamorarsi dell'indecisione è senza dubbio un errore.

La celebre teoria dell’elaborazione del lutto

Nel libro “La morte e il morire” della psichiatra Elisabeth Kübler-Ross del 1969 si parla di una teoria che è molto popolare tra le persone che affrontano un lutto o la fine di qualcosa di importante nella propria vita.

Le fasi di negazione, rabbia, contrattazione, depressione e accettazione (che non si verificano esattamente sempre in questa sequenza) rappresentano dei momenti che solo poi nell’accettazione portano all’esplorazione di nuove possibilità.

Il punto è che tantissime persone affrontano questo processo molto prima della fine effettiva della relazione e si trovano, più o meno consapevolmente, dentro una fase di esplorazione di ciò che li circonda, passando però da una ricostruzione individuale.

Questo significa che non dovreste giudicare voi stessi per come vivete le cose ma è importante prendere consapevolezza che la fine di un rapporto non è un "click" ma un processo e questo processo non richiede per forza tempo, richiede il doverlo vivere.

ritrovare se stessi dopo la fine di una relazione

Pensare a se stessi o filtrare il dolore?

La velocità con la quale decidiamo di frequentare altre persone per gettare le basi per qualcosa (qualsiasi cosa) hanno, al di là delle mille sfumature possibili, due colori: o lo facciamo con l’idea di voltare pagina o lo facciamo con l’idea di rimanere sulla stessa pagina.

C’è un bellissimo scambio su Reddit in cui si parla proprio di questo e l’espressione usata da un utente è che vi consiglio di ricordare è l'effetto “rebound”, ovvero avere consapevolezza che una nuova frequentazione possa sfociare in una relazione di rimbalzo che parte dal presupposto di colmare un vuoto (o filtrarlo).

Avere molta intelligenza emotiva vi aiuterà a capire cosa state facendo davvero e fare delle scelte che rispettino voi stessi e la nuova persona che vi è al fianco.

È la differenza che intercorre tra l'entrare in una pizzeria per chiedere la solita pizza da mangiare per strada o chiedere di fare una pizza nuova assieme, per mangiarla assieme.

Come si capisce di essere pronti? L'esempio di Miley Cyrus

Per parlare di casi pratici, ci viene incontro una delle storie di matrimonio finito più popolari (e più discusse), quella tra Miley Cyrus e Liam Hemsworth.

«È come morire quando perdi la persona che ami, è una ferita molto profonda. Mi sono sentita come se fossi morta. Non c’è un manuale su come affrontare quell’attacco di cuore, ma so di essere stata giudicata come cattiva per aver voltato pagina. Mi hanno fatto sentire infedele, cosa che è contro il mio modo di essere».

Miley ha voltato pagina dopo poco tempo in effetti, nonostante le mille critiche, e l'ha fatto perché ha raccontato di aver già metabolizzato la fine delle relazione prima che finisse il matrimonio, consapevole che quella relazione non le dava più nulla che la facesse stare bene.

Da lì, ha scelto di non rimanere in lutto perché i media volevano così, ma attivare un processo che la facesse “evolvere”, sentire meglio, al di là di quello che poteva pensare il pubblico.

Nel bene o nel male, era pronta.

Nel nostro quotidiano nessuno dovrebbe giudicare i nostri tempi e i nostri modi, anche in vite meno esposte di quella della popstar.

tornare a essere felici dopo la fine di una relazione

Fai ciò che vuoi, tranne farti del male

In definitiva, frequentare una persona dopo un matrimonio o una relazione finita ha sempre senso nella misura in cui, come affermano molti terapisti di come Alicia Muñoz, lo si faccia nella consapevolezza degli errori della precedente relazione, cercando di capire cosa non si vuole più e chi non si vuole essere o diventare, per evitare (come spesso accade) che il copione si ripeta.

Affrontare questa paura che a volte è grande come una montagna, quella di soffrire di nuovo per gli stessi motivi, si affronta solo in un modo, dandosi tempo per ricostruirsi senza mai “fermarsi”.

Come? Avendo per esempio rapporti sani e di scambio con le persone che amiamo, famiglia compresa, parlando delle proprie esigenze alle persone che incontreremo, a costo di sembrare “antipatici”.

Mettere paletti non serve solo agli altri per capire di cosa abbiamo bisogno, ma soprattutto serve a noi per mettere a fuoco cosa vogliamo davvero da un rapporto.

Se non siamo pronti per agire, impariamo a essere pronti a esprimere come vorremmo muoverci, sognando uno scenario, in modo da dare definizione al nostro pensiero e magari al nostro futuro agire, magari proviamo a dare una forma ai nostri sogni, modellando con convinzione il futuro.

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“Se mi amassi davvero…”: 6 frasi per capire se lui vi sta manipolando

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Le frasi usate da un partner manipolatore possono sembrare banali, ma non lo sono: ecco le più comuni alla quale prestare attenzione

Non sempre chi manipola alza la voce. A volte, infatti, la manipolazione passa da frasi gentili, apparentemente affettuose, pronunciate con calma o con il sorriso. Frasi che sembrano normali, eppure lasciano dentro un senso di colpa sottile, la sensazione di essere sbagliate o troppo sensibili.

Un partner manipolatore non si riconosce sempre a prima vista. Lui stesso, a volte, non è nemmeno consapevole del fatto che vi sta manipolando.

Ma certe frasi, se ricorrenti, possono rivelare molto più di quel che sembrano. Spesso, infatti, non è l’intensità con cui vengono dette, ma la frequenza con cui vi fanno sentire sbagliate a fare la differenza.

E se vi fanno dubitare di voi stesse, se iniziate a giustificarle più che a sentirvi comprese… allora è tempo di fermarsi.

**Dieci comportamenti da non accettare mai in un fidanzato**

6 frasi che vi aiuteranno a riconoscere un partner manipolatore

(Continua sotto al foto) 

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“Ti stai inventando tutto”

È la frase classica del gaslighting: la tecnica più subdola di manipolazione emotiva. Il partner non nega un fatto con una spiegazione, ma nega direttamente la realtà che avete percepito. Vi siete sentite ignorate, sminuite, o ferite da un suo comportamento? "Non è successo", dice lui. "Te lo sei immaginato". Con il tempo, iniziate davvero a dubitare della vostra capacità di giudizio. Ecco perché è tra i segnali più pericolosi di un partner manipolatore.

“Se mi amassi davvero, non mi faresti questo”

Colpevolizzare è una delle tecniche più comuni nelle relazioni disfunzionali. In questa frase, i vostri bisogni diventano automaticamente un atto di egoismo. Se mettete un confine, se chiedete tempo per voi, se non acconsentite a qualcosa che lui desidera, ecco che scatta la trappola emotiva: siete voi le insensibili. Il risultato? Si innesca il senso di colpa, e iniziate a mettere da parte voi stesse pur di "non ferire" l’altro.

“Io sono fatto così, sei tu che devi accettarmi”

Sembra una dichiarazione onesta, ma è una scappatoia. Serve a evitare il cambiamento, a congelare le dinamiche. In una coppia sana, ci si viene incontro. Quando invece ogni discussione si chiude con un “devi adattarti tu”, c’è una chiusura al dialogo. Chi la usa spesso può rivelarsi un partner manipolatore che si sottrae a ogni responsabilità emotiva. Anche se ve lo dice con tono calmo.

“Tutte le mie ex erano pazze, solo tu sei diversa”

All’inizio sembra un complimento. Vi fa sentire speciali, scelte. Ma in realtà è l’inizio di un discorso già sentito: un racconto in cui tutte le ex sono state isteriche, problematiche, irrazionali. Questo tipo di frase crea due effetti: da un lato isola, perché vi spinge a prendere le distanze da chi c’era prima; dall’altro, vi mette sotto pressione. Perché se un giorno non sarete più “diverse” abbastanza, potreste diventare la prossima ex pazza.

“Ti dico queste cose solo perché ti amo”

Una critica mascherata da affetto. È la classica frase che arriva dopo commenti su come vi vestite, vi truccate, parlate, o vi comportate in pubblico. La manipolazione qui è sottile: si presenta come preoccupazione, ma in realtà è un modo per esercitare controllo sotto forma di amore. Un partner manipolatore può usare frasi del genere per ridurre la vostra autostima senza che ve ne accorgiate.

“Nessuno ti capirà mai come ti capisco io”

Potrebbe sembrare una frase romantica. Ma non lo è. È, al contrario, una frase che isola, che vi fa sentire al sicuro solo dentro la relazione, e inadatte a essere comprese fuori. Serve a creare una dipendenza affettiva: voi da sole non bastate, solo lui può capirvi. Ma l’amore non ha bisogno di rinchiudere. Se sentite spesso questa frase, è il momento di chiedervi: vi sentite amate o vi sentite imprigionate?