Michele Morrone: «Non scappo più per amore»
Michele Morrone è il tritone di Rai Uno. E a Grazia spiega perché il suo personaggio lo diverte, ma non gli somiglia
Tutto avrebbe immaginato nella vita tranne di diventare popolare come tritone. Primo, perché La Sirenetta non era neanche lontanamente tra i suoi cartoni preferiti da bambino. Secondo, perché mai si sarebbe aspettato che la telefonata della sua agente con un «Guarda che ti cercano per una serie fantasy su Rai Uno», si sarebbe rivelata la sua grande occasione.
Ventisette anni e fisico statuario, Michele Morrone, già visto in fiction come Che dio ci aiuti 3, Come un delfino 2, Provaci ancora prof 6 e Squadra antimafia 6, e nel programma Ballando con le stelle, è Ares, il tritone della serie Sirene in onda su Rai Uno. Colui che fugge e viene rincorso per amore.
Qualcosa che Michele conosce molto bene. «Anche io ho lasciato la mia città per amore, ho mollato tutto per correre da una donna, ma non era quella giusta. Può capitare», mi dice, raccontandomi nel frattempo la gioia di aver conosciuto ormai sei anni fa la moglie Rouba Saadeh, stilista libanese e madre dei suoi due bambini, Marcus, di 3 anni, e Brando di 2».
I suoi figli guardano Sirene?
«Il più piccolo no, Marcus sì e gli piace. L’altra sera era accanto a me, fissava lo schermo e, a un tratto, mi ha chiesto: “Papà ma la tua coda dove sta?”».
E lei?
«Non me la sono sentita di rompere la magia. Gli ho risposto che papà ha dei poteri magici, che a volte usa».
Bene, ora crederà di avere un papà tritone. Com’è stato, invece, per lei avere per suocera Maria Pia Calzone?
«Nella serie ci odiamo, è la classica rompiscatole. Fuori dal set siamo diventati grandi amici, è una persona splendida».
Come ci si prepara a interpretare un tritone?
«Mi sono allenato tantissimo, ogni giorno passavo dalla piscina alla palestra. Il mio Ares sulla terra diventa un campione di pallanuoto, non potevo sfigurare. Oddio, a dire il vero Ares ha il carattere di un bambino, scappa per paura, mira a ritrovare se stesso».
Ansia da prestazione?
«Lui o io? Lui ne ha, certo, fugge anche per quello. E anche io ne ho avuta: è il mio primo ruolo decisivo, condividere il set con attori importanti non è semplice, un po’ di ansia penso sia normale. E anche positiva, se ti aiuta a dare il meglio di te».
Ma insomma, le somiglia o no questo tritone?
«Abbiamo la stessa bontà d’animo, ma io sono meno gigione e bambino. Mi ha aiutato molto, nella mia crescita personale, diventare padre. Prima ero uno spregiudicato».
Che cosa scatta nella testa di un padre?
«Ti rendi conto, semplicemente, che tuo figlio ti guarda 24 ore su 24 e capisci che devi essere un modello e comportarti come si deve».
Si aspettava il successo che sta avendo la serie?
«Un po’ sì, il mondo delle sirene è sempre stato fonte di attrazione. Stavolta viene raccontato con amore, gioia, semplicità e quella quotidianità napoletana che fa tornare il sorriso. Resto con piedi per terra però».
Non posso non chiederglielo: quanto conta la bellezza nel suo mestiere?
«A me ha aiutato, non lo nego, però di belli ce ne sono tanti: se non hai un tuo colore e una tua personalità non emergi. Alessandro Borghi, Stefano Accorsi e Claudio Santamaria, i tre attori che stimo di più, lo hanno dimostrato. La bellezza è un dono, ma di sicuro da solo non basta, neanche ai tritoni».
© Riproduzione riservata