Marine Vacht: «Sono la ragazza dei tabù»
Marine Vacht è la modella diventata il volto trasgressivo del cinema francese. Nel suo ultimo film usa un giocattolo erotico per sottomettere un uomo. E a chi grida allo scandalo lei dice: «Sul set, come nel sesso, bisogna lasciarsi andare»
Fasciata in un paio di jeans che ne esaltano il corpo sottilissimo, niente trucco, l’attrice Marine Vacth mi riceve accomodata sul divanetto di un grande albergo di Roma. Ma è evidente che vorrebbe essere altrove.
«Del mio lavoro mi piace tutto, tranne le interviste in cui devo parlare di me», mi confessa subito con un sorriso timidissimo, aspirando una sigaretta elettronica. È enigmatica, ultra-riservata e dà risposte laconiche. Ma paradossalmente questa 27enne piovuta sul set quasi per caso grazie alla sua bellezza non comune, dopo una carriera di modella iniziata da adolescente, è diventata una star del cinema francese interpretando, quasi sempre nuda, dei ruoli trasgressivi destinati a far discutere.
Nel 2013 è stata una studentessa-prostituta nel film Giovane e bella di François Ozon. Oggi è nel thriller psico-erotico Doppio amore (nelle sale il 19 aprile) diretto dallo stesso regista, nella parte di Chloé, una giovane donna tormentata che s’innamora del proprio psicoanalista premuroso e devoto (l’attore Jérémie Renier) prima di cadere nelle braccia del suo gemello, oscuro e violento.
Un’inquadratura “ginecologica” realizzata dall’interno di una vagina e una scena di sesso di un’audacia mai vista al cinema hanno scatenato un putiferio all’ultima edizione del Festival di Cannes, dove il film era stato presentato in anteprima. Ma Marine, nella vita mamma di un bambino di 4 anni, Henri, avuto dal fotografo Paul Schmidt, sembra tutt’altro che turbata.
Si aspettava di fare scandalo?
«No. Sul set ero consapevole di lavorare sul filo del rasoio, ma mi sono affidata a Ozon che conosco bene, perché mi aveva già diretta. Ho trovato più sconvolgente dovermi tagliare i capelli nella prima sequenza che recitare senza vestiti nelle altre. Indosso la nudità come un costume di scena».
Che cosa ha trovato d’interessante nel suo personaggio?
«Il fatto che fosse diverso da tutti quelli che avevo interpretato prima. Chloé è una donna vulnerabile, alla disperata ricerca della verità. Non è mai chiara, ma nello stesso tempo risulta trasparente, integra. Mi piace avventurarmi nell’ignoto, sperimentare. E non ho paura di osare».
Ha mai desiderato una doppia vita, come il suo personaggio?
«Proprio no. Ognuno di noi ha bisogno di uno spazio di libertà interiore in cui coltivare l’immaginazione parallelamente alla vita reale. A me, per trovarlo, basta girare film: mi trasportano in un’altra dimensione».
La maternità ha cambiato il suo rapporto con il lavoro?
«No, continuo a scegliere come sempre, seguendo l’istinto. Del cinema amo il gioco di squadra, le ore trascorse con la troupe, i viaggi, ma anche i lunghi periodi d’inattività che mi permettono di stare con mio figlio e mio marito, lontana dai riflettori. La mia vita privata è sacra».
Che tipo di madre pensa di essere?
«Trovo difficile rispondere. Posso solo dirle che non sono affatto ansiosa». Che ricordo ha della sua esperienza nella moda? «Sono stata scelta per caso a 15 anni, mentre guardavo le vetrine di un centro commerciale. Vengo da una famiglia modesta e lavorare come modella mi ha permesso di essere indipendente, viaggiare, incontrare persone interessanti. È stata un’ottima esperienza».
Cominciando a lavorare così giovane, ha dovuto difendersi dalle molestie?
«Non sono mai stata importunata. Il mio carattere introverso ha contribuito a tenere a distanza i malintenzionati. Non ho dovuto sforzarmi di creare una barriera tra me e il resto del mondo: quella faceva già parte di me».
Come giudica l’attrice Catherine Deneuve che, andando contro il movimento antimolestie #MeToo, ha difeso il diritto maschile a importunare le donne?
«È stata confusa e maldestra. La sua lettera, pubblicata sul quotidiano Le Monde, è stata interpretata in modo opposto alle sue reali intenzioni. Deneuve ha mostrato il suo punto di vista personale su un tema complesso. Su un aspetto, però, siamo d’accordo tutti: è bene che le donne denuncino gli abusi, le cose devono cambiare».
Lei è mai stata dallo psicoanalista?
«No, ma non escludo di provare nel futuro. Sono curiosa, ogni nuova esperienza mi interessa». In una delle scene più forti del film, lei utilizza un “sex toy”, un giocattolo erotico, per sottomettere il suo amante: è vero, come ha rivelato Ozon, che prima di Renier un famoso attore francese si è rifiutato di interpretare il ruolo del suo partner? «Proprio così. Non dirò mai il suo nome, ma posso confermarle che ha lasciato il set, costringendo il regista a sostituirlo con Jérémie che, invece, ha accettato di abbandonarsi. E pensare che, durante quella scena, ci siamo tutti divertiti, non smettevamo di ridere».
E l’inquadratura della vagina non l’ha imbarazzata?
«Devo precisare che è stata girata non da me, ma da una controfigura. È funzionale alla storia, esprime il mondo di Ozon».
Nel lavoro si è data dei limiti?
«No, non ci ho mai pensato. Continuerò a fare le cose che mi piacciono, in totale libertà».
C’è un’attrice che rappresenta per lei un modello?
«Oggi ammiro professioniste come la britannica Charlotte Rampling e l’americana Gena Rowlands, ma non sono cresciuta sognando il cinema: non ho mai provato il desiderio d’identificarmi in una diva».
Si è sentita bene accolta dal mondo del cinema o ha avvertito la competizione da parte delle altre attrici?
«Quando ho affrontato il mio primo ruolo da protagonista in Giovane e bella sono stati tutti carini. Se mi hanno percepita come una rivale, non me ne sono accorta».
Si dice che tra un’attrice e il suo regista si stabilisca un rapporto di simbiosi, quasi erotico. È successo anche tra lei e Ozon?
«Non saprei. Ma tra noi funziona, e questo mi basta».
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