Jodie Foster: «Mia madre mi disse che era impossibile per una donna fare la regista»
Un solo «cedimento» al glamour del red carpet cha ha percorso con a fianco la moglie, l'attrice e regista Alexandra Hedison, poi Jodie Foster è tornata a vestire gli abiti in cui si sente più a suo agio: un paio di sandali raso terra, jeans e una camicia bianca.
La Foster, 58 anni, è arrivata a Cannes non per presentare un film, come aveva fatto più volte negli anni passati sia come attrice che come regista, ma per ricevere la Palma d’oro alla carriera.
Quasi un ritorno alle origini, visto che la sua prima volta a Cannes risale 1976.
«Sì. Avevo 14 anni quando sono venuta per la prima volta al festival con il film Taxi Driver (che vinse la Palma d'oro, ndr). Ricordo benissimo quell’occasione. Il mio cane era morto poco prima della mia partenza.
In aereo ero combattuta tra sentimenti opposti: eccitata all’idea di essere a un festival di cinema importante e terribilmente triste per il mio cagnolino.
Del resto, la vita è così: grandi dolori e grandi gioie che si mescolano».
Taxi Driver è un film che rimarrà nella storia del cinema ma, oggi, nessuno farebbe interpretare il ruolo della baby prostituta a una minorenne.
«Anche allora molti pensavano che fossi troppo giovane. Mi fecero esaminare da diversi psicologi per essere certi che fossi abbastanza matura ed equilibrata per recitare nel film».
Aveva iniziato a 3 anni. È sempre stato facile per lei trovarsi davanti alla macchina da presa?
«Quando sei una teenager tutto ti imbarazza. A 14 anni avevo i brufoli, mi sentivo goffa».
Nel 1989 ha vinto il suo primo premio Oscar per Sotto accusa.
«Sono orgogliosa di quel film. Allora, quando si parlava di stupri, la mentalità diffusa era: “Se vai in giro vestita in un certo modo e ti violentano, te lo sei andata a cercare”. Credo che anche grazie al nostro film la gente abbia cominciato a pensarla diversamente».
A che punto siamo con la gender equality nell'industria del cinema? «Una volta, semplicemente, non c’erano donne sui set. Non so quante volte mi sono ritrovata da sola, insieme alla costumista e alla truccatrice in mezzo a una troupe composta solo da uomini. E fino a non molto tempo fa l’idea di affidare un film a una regista donna era considerato un rischio».
Lei quando ha cominciato a pensare all’idea di passare dietro la macchina da presa?
«Da bambina. Avevo girato un film con un attore che era anche regista. Prima di allora non avevo mai pensato che le due professioni potessero coesistere.Ne parlai con mia mamma, ma lei mi rispose che per una donna era impossibile. Mia madre non era neppure d’accordo con la mia idea di rallentare con il lavoro e andare all’Università. Ma avevo ragione io: aver studiato è stato molto utile al mio lavoro e alla mia carriera».
Ha faticato a farsi prendere in considerazione nel ruolo di regista e non più di interprete?
«I primi tempi non sapevano bene come comunicare con una donna che era a capo di un progetto, in una posizione, diciamo, da leader. Io dicevo senza giri di parole la mia opinione. E se un produttore sosteneva che avrei dovuto cambiare questo o quello ribattevo, mi opponevo senza arrabbiarmi o disperarmi. Il mio atteggiamento li mandava in confusione, per cui, invece, di avere un confronto aperto con me, mentivano. Lo capisco: è la paura che si prova di fronte a qualcosa che non si conosce».
Nel Silenzio degli innocenti, del 1988, lei interpretava il ruolo di Clarice Starling, giovane recluta dell'FBI che viene mandata a confrontarsi con un pericoloso serial killer. Non la solita moglie, fidanzata di…
«Sapevamo che stavamo lavorando a un film importante. Ma nella versione originale c’erano alcune scene comiche che furono tagliate nel montaggio. Per fortuna, perché ero preoccupata che quel genere di ironia potesse, in qualche modo, giustificare l’assassinio seriale di donne».
I suoi figli, Charles, 22 anni, e Kit, 19, seguiranno le sue orme?
«Il più grande sta per diventare attore anche lui. In questo periodo è a New York per conto suo e sta attraversando una fase un po’ complicata. Il lato positivo, se penso ai ragazzi di oggi, è che grazie alla tecnologia chiunque può realizzare un film con pochissimi mezzi».
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