Euridice Axen: Sarò bella da far paura
Bionda, sottile, enigmatica, un tipo da cui puoi aspettarti atti di ogni efferatezza dietro l’apparente eleganza: l’attrice Euridice Axen sarebbe stata la protagonista ideale di un thriller del regista Alfred Hitchcock. Quando glielo dico, incontrandola a Roma nella sua casa “multiculturale” che contiene le tracce di tanti viaggi, Euridice mi risponde di getto: «Sarebbe stato il mio sogno lavorare con il mago del brivido. Ma sono nata troppo tardi».
In compenso la sua carriera, dopo anni onorati ma oscuri di teatro e televisione (le fiction Ris, L’Ispettore Coliandro, la serie The Young Pope), ha avuto un’improvvisa svolta: il doppio film Loro del regista premio Oscar Paolo Sorrentino, in cui faceva la moglie ultra-spregiudicata del faccendiere interpretato da Riccardo Scamarcio, ha regalato a Euridice visibilità e consensi e ora, a 37 anni, l’attrice è sommersa dalle proposte.
«È un momento cruciale», mi dice. «Non posso permettermi di sbagliare». Figlia di due attori, la svedese Eva Axen e l’italiano Adalberto Maria Merli, poliglotta (oltre all’italiano e alla lingua della madre parla l’inglese e lo spagnolo), single dopo la fine della storia con il collega spagnolo Raúl Peña, l’attrice ha modi misurati che non escludono una buona dose di umorismo.
Dal 14 agosto la vedremo accanto ad Alessandro Roja nell’horror The End? L’inferno fuori diretto da Daniele Misischia e prodotto dai Manetti Bros. E in questi giorni, con un taglio di capelli di tendenza e lo smalto arancione, è sul set della commedia di Pierluigi Di Lallo Nati 2 volte. Davanti a un centrifugato di frutta, scegliendo con cura le parole, l’attrice si racconta.
Ma come le è venuto in mente di interpretare un horror? E in che ruolo?
«Adoro trasformarmi, infatti interpreto una zombie con gli occhi rossi e la pelle verde. Mi sono sottoposta a quattro ore di trucco ogni mattina e per entrare nel personaggio ho espresso tutta la rabbia che avevo in corpo».
È un sentimento che le appartiene?
«Sì, ma è comune a tutti. La rabbia è un’emozione che dobbiamo imparare a gestire, un campanello d’allarme, un atto di ribellione. Io non la reprimo, anzi faccio in modo di esternarla. Per esempio, mi sfogo gridando mentre guido».
Ha poco da essere arrabbiata, visto che la sua carriera va a gonfie vele.
«È vero, attraverso un periodo bellissimo in cui sento aumentare il senso di responsabilità, ma anche l’autocritica. Il nostro lavoro è fatto di alti e bassi, non sai mai quale sarà la prossima tappa. Bisogna tenere i piedi per terra».
Moglie spregiudicata in Loro, giornalista spietata in The Young Pope, adesso una zombie: come mai tanti personaggi sopra le righe?
«Forse un po’ io sono così. La normalità non mi definisce: amo uscire dai canoni ed esasperare le situazioni per trovare il risvolto ironico della vita».
Quando si è manifestata la vocazione e ha deciso di fare seriamente l’attrice?
«Da bambina, quando prendevo brutti voti a scuola e per sdrammatizzare imitavo i professori. Ma sono stati l’horror di Dario Argento Suspiria, che vidi di nascosto, e tutto il cinema di Alfred Hitchcock a darmi la voglia di recitare. Mia madre, che nel frattempo aveva smesso di fare l’attrice, mi ha posto una sola condizione: dovevo finire gli studi, così mi sono laureata in Scienze della Comunicazione. Poiil regista Gabriele Lavia, con il quale ho fatto tanto teatro, mi ha insegnato questo mestiere».
Ha avuto un’infanzia felice?
«Più piena che felice. Ho avuto due padri: Adalberto e il nuovo compagno di mia madre, che mi ha cresciuta. E mi sono spostata spesso».
È vero che si chiama Axen perché Merli non l’ha riconosciuta?
«No, e colgo l’occasione per smentire questa falsa notizia che mi perseguita. Le cose non sono così categoriche come le hanno riferite certi media: i miei genitori hanno deciso di comune accordo che prendessi il cognome della mamma. E da quando ho 17-18 anni con Adalberto ho un ottimo rapporto».
È mai stata molestata?
«Sì, come tante attrici. Nessuno mi è mai saltato addosso o mi ha ricattata apertamente. Ma anch’io ho dovuto subire la mentalità odiosa che perdura nel cinema, come in tutti gli altri ambienti di lavoro. Abuso è il ricatto sottinteso, è doversi preoccupare di come ci si veste per non dare l’idea di essere disponibile. Un problema che abbiamo solo noi donne: ci svilisce e abbassa la nostra autostima. Bisogna cambiare assolutamente questa situazione».
Come si manifesta il suo lato scandinavo?
«Adoro il freddo, la neve, la montagna. Insomma, non sono un tipo da spiaggia. Mi piace passare le serate a leggere con la luce bassa e detesto l’approssimazione. Ma grazie alla mia metà italiana sono aperta, solare, perfino caciarona a volte».
Dove ritiene siano le sue radici? Sono a Roma o in Svezia?
«Le confesso che non le ho ancora messe. Ma conto di farlo quando avrò un progetto di vita ben definito. Non posso accontentarmi delle mezze misure».
Da quanto tempo è single?
«Da sei mesi. Una storia può rimanere in piedi solo se ti dà qualcosa in più. A volte, invece, ti accorgi che un amore ti ha soltanto tolto qualcosa».
Che tipo di vita conduce fuori dal lavoro?
«Mi piace passeggiare, andare al cinema, visitare i musei, cucinare quando sono in compagnia. Ma più di tutto amo viaggiare, anche da sola. Più di una volta sono andata in Svezia da Roma, in macchina».
È stato imbarazzante interpretare le scene scabrose nei due film di Sorrentino?
«No, perché sapevo fin dall’inizio a che cosa andavo incontro. Con un regista come lui, non ho avuto paura. Se quelle scene me le avesse proposte un altro, non credo che avrei accettato di girarle».
Che cosa le è rimasto di quella esperienza?
«I rapporti che ho stretto sul set, soprattutto l’amicizia con le altre attrici Kasia Smutniak ed Elena Sofia Ricci».
Che cosa vuole fare da grande?
«Lavorare all’estero. Mi sento pronta per una serie internazionale».
Che cosa ritiene di avere in più, perché un regista dovrebbe preferirla a un’altra attrice?
«Perché sono malleabile e trasformista: non a caso mi hanno soprannominata Zelig come il trasformista inventato da un famoso film di Woody Allen».
Mi tolga una curiosità: perché l’hanno chiamata Euridice?
«Negli Anni 70 mia madre aveva interpretato il personaggio di Euridice nell’opera rock Orfeo 9, accanto a Renato Zero».
E lei l’ha conosciuto il cantante?
«Certo, ho anche interpretato il video del suo brano Alla fine, diretto da Alessandro D’Alatri. Nel ruolo di una moglie avvelenatrice. L’ho sempre detto: sarei stata perfetta in un film di Hitchcock».
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