Valentino: l’Haute Couture onirica di Pierpaolo Piccioli
Si è aperta sulle note di “Twilight” degli Antony and the Johnsons la sfilata Haute Couture di Valentino andata in scena ieri sera - nella terza giornata di Paris Fashion Week - nei saloni dell’Hôtel Salomon de Rothschild.
Un’atmosfera crepuscolare e rarefatta ha fatto da sfondo ai 74 abiti disegnati da Pierpaolo Piccioli per la Primavera Estate 2020. Un trionfo di volant, fiocchi e ricami ispirati alla dimensione onirica. «I sogni sono il frutto dell’inconscio» ha spiegato lo stilista e direttore creativo della Maison capitolina. «Un mistero, nascosto al mondo esterno. In quanto sogno, la Couture è il frutto di gesti, tecniche, fantasie che di rado vengono rivelate. È definita da questi segreti, tramandati nel fare, da chi fa».
Le riflessioni di Piccioli hanno preso forma attraverso silhouette verticali e maxi rouches, tessuti tridimensionali e tagli sapientemente calibrati, trasparenze e lampi di colore saturo. Sulla passerella, un susseguirsi di completi dalle linee scultoree, long dress con fusciacca, soprabiti dal piglio maschile, corsetti e gonne al ginocchio.
Un racconto di linee e colori che assume sfumature palpabilmente sensuali, tra audaci spacchi laterali, profonde scollature e trame a effetto vedo-non vedo.
Il color block cede il passo a fantasie floreali e pattern multiformi, mentre il monocromo - illuminato da paillettes e tessuti cangianti - delinea le creazioni più preziose della collezione: vestiti a sirena, spettacolari modelli a calla finemente intarsiati e abiti bustier o strapless con fondo in crinolina.
Nella visione del designer non manca un pizzico di esotismo: lo ritroviamo nei lunghi orecchini pendenti - onnipresenti all’interno della collezione - nelle mantelle su cui campeggiano piccole carpe koi stilizzate, nel sontuoso abito rosa pastello con bustier di piume indossato da Adut Akech, la super top ex-rifugiata originaria del Sud del Sudan a cui è stata affidata la chiusura del defilé.
D’altronde, «il sogno della Couture richiede molte diverse individualità per diventare realtà. Ogni passaggio lascia un’impronta unica. Dopo tutto, secondo Carl Jung, l’unicità è ciò che rende identici tutti gli esseri umani».
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