Fotogallery Ter et Bantine
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Il designer e lo stylist, chi disegna i pezzi (abiti, accessori) e chi li "assembla", dando loro senso e "lettura". É questo il fulcro della coppia dietro il brand Ter Et Bantine : Manuela Ascari, designer e Tanya Jones, stylist che collabora con il brand italiano da sette stagioni (di cui cinque anche per le campagne). Un amore condiviso per le geometrie rigorose e l'austerità delle forme che caratterizza la collezione A/I 2011-12, giocata quasi interamente su un palette scura (blu notte, antracite, testa di moro e nero), appena spezzata da sprazzi d'oro e ocra. Eccovi il ritratto, molto personale, di Ter Et Bantine
Cosa volevate fare da grandi?
M: Quando ero molto piccola mi sarebbe piaciuto fare la giornalista, mi piaceva molto scrivere, non avrei mai immaginato di fare il lavoro che faccio.
T: Io avrei voluto fare la psicologa, volevo fare un po’ quello che faceva mio padre… non volevo assolutamente fare qualcosa che faceva mia madre che era lavorare nella moda.
Un designer è una persona che?
T: Un designer al giorno d’oggi è un… “errore”. Deve tradurre la sua idea di donna in forme… ormai è un manovale, poverino.
Uno stylist è una persona che?
M: Uno stylist è una persona che dovrebbe aiutare e completare un designer. Il designer mette insieme tante cose e lo stylist gli dà una lettura.
Come è scoccata la scintilla tra di voi?
M: Mi hanno proposto di lavorare con una ragazza molto giovane e io ho pensato che sarebbe stato bello lavorare con una ragazza molto giovane perché di sicuro ha una freschezza, una libertà interna che può essere molto interessante. Infatti si è creato un feeling che doveva esistere, però le persone le conosci un attimo con il tempo…ovvio
T: Mi ricordo la preparazione al primo appuntamento con Manuela. La mia sensazione era che non avrei dovuto fare troppa fatica. Ho deciso di andare così come sono io e infatti poi ci siamo incontrate. Ci finivamo le frasi a vicenda, una iniziava una frase e l’altra la finiva.
Il senso di Ter et Bantine per il minimal:
M: Non è un vero minimal anche se sembra. Io cerco di essere abbastanza spontanea e abbastanza libera nel fare i vestiti, sicuramente ho un senso minimal io, anche nella vita forse e quindi… non lo so.
Un aneddoto legato all’ultima collezione
M: Io nel backstage ho pestato un cavo elettrico ed è saltato completamente l’audio…
T: La sfilata nel silenzio!
M: Con il pubblico che ha aiutato battendo le mani, dando un ritmo alle ragazze che sfilavano… era stata colpa mia.
T: L’errore più bello! Anche la volta che il nostro musicista pensava che la sfilata fosse il giorno dopo.
M: É stato mio marito che ha detto, quasi quasi lo chiamo… Lui ero pronto il giorno dopo, come il giorno dopo, abbiamo la sfilata tra un’ora?!?
Dove trovate l’ispirazione?
M: L’ispirazione non è una cosa fissa che si può predeterminare. L’ispirazione può essere qualsiasi cosa.
T: Un giorno è un libro che hai letto, un giorno è un’immagine che vedi su un quotidiano, un giorno è una rivista di settore, un giorno è film, una donna che vedi per strada, in metro.
M: É una questione di stare sempre molto attenti e di avere la sensibilità sempre pronta a captare e poi… non ti rendi neanche conto che hai avuto l’ispirazione e sei ispirata a fare una cosa.
La moda, quale immagine riflette oggi?
M: La moda dovrebbe riflettere il contemporaneo, in un certo senso lo riflette. Nella grande confusione che c’è, c’è la grande confusione anche nella moda. Di sicuro è un riflesso di tutto quello che stiamo vivendo.
L’intimità nel mondo dei media
T: E’ una forma di lusso più che altro perché l’intimo diventa pubblico e il vero intimo è una cosa speciale che secondo me devi guadagnarti.
M: In un certo senso è una grande intimità perché hai un modo di esprimerti, di comunicare che poi non ti vede nessuno.
T: Hai due te.
L’onestà è il marchio del vostro essere artisti?
M: Per me l’onestà è fondamentale. É una questione al di là dell’artista, del lavoro, di qualunque cosa, è proprio un principio di vita che mi è stato insegnato.
T: Nel creare l’onestà è un filo che ti rende coerente perché se sei onesto riesci a tenere un filo, altrimenti oscilli di qua e di la.
"Made in Italy", una definizione possibile?
M: É una definizione che potrebbe essere possibile se gli italiani si rendessero conto che potrebbe esistere un made in Italy e deve esistere un made in Italy perché noi in Italia abbiamo, soprattutto nel nostro settore, l’abbigliamento, un patrimonio incredibile che ci siamo probabilmente un po’ venduti, un po’ l’abbiamo abbandonato, tutto in nome forse anche del guadagno.
M+T: Il made in Italy è veramente in rischio di estinzione.
Il tessuto che vi dà più emozione?
T: Devo ancora incontrarlo
M: Io l’ho incontrato. Io amo i tessuti, per me il tessuto è una cosa meravigliosa. Io vorrei possedere tutte le pezze di tessuti, anche senza farci i vestiti. Tessuti belli, quelli corposi, il cotone, quelli cheb hanno un’anima.
T: Io ogni volta che vedo un nuovo tessuto penso che è quello che mi emoziona di più ma viene subito sostituito e rinnovato da un altro.
Il segreto di un look riuscito?
T: Quando tutti stanno in silenzio e si guardano e… nessuno a niente da dire e sta bene su tutte le ragazze.
M: Si, quando sta bene su tutti.
La tua icona di stile
T: Cinquemila. Io non ne ho una che è li per sempre. Mia madre per me era un’icona di stile mia.
La libertà...
M: Io sono totalmente libera.
T: Io ho paura della libertà. La seguo e la cerco ma… sono una vergine ascendente toro, mi mette in suggestione. Potrei rovinarla la libertà che mi danno.
M: Molto la trovo anche nel mio lavoro la libertà. Certo io ho un lavoro che posso volendo anche essere libera e ho creato un sistema lavorativo che mi da una grandissima libertà.
Quale capo della collezione mi faresti indossare?
M: Pensavo di darle, visto che lei ha questa bella figura regale, questa testa meravigliosa, questa bella faccia, vorrei darle questo vestito lungo, un po’ colonna.
T: Poi ha la stampa leggermente anni ’70 che secondo me le piace.
M: Si, anche per me, le sta molto bene secondo me questo vestito.
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