Marco De Vincenzo: intervista esclusiva
Cinque minuti con il giovane stilista italiano, tra moda, ricordi e sogni per il futuro
Classe 1978, messinese di origine e romano d'adozione, Marco De Vincenzo è uno dei più giovani e interessanti fashion designer italiani. Da otto anni assistente di Silvia Venturini per la linea accessori di Fendi ha debutta nel gennaio del 2009 a Parigi con la sua prima collezione e pochi mesi dopo anche a Roma, vincendo il premio Who's on Next. Noi di Grazia.it lo abbiamo incontrato e abbiamo parlato con lui di moda ma non solo. Dalla sua idea di creatività, ai cinque oggetti del cuore, passando tra ricordi e progetti per il futuro, eccovi in cinque minuti e venti domande il suo universo creativo e personale.
Ecco, punto per punto, quello che ci ha raccontato:
Com’è la tua sveglia mattutina?
La mia sveglia ha una musichetta abbastanza soft perché il risveglio, come per tutti, è un trauma quindi cerco di renderlo più dolce.
Qual è il regalo a cui non resisti?
Un capo di abbigliamento… MAI
È cool essere te?
Si, io sono felice di essere me stesso
Che cos’è per te “creatività”?
Creatività, per me, vuol dire vita. L’espressione è una parte fondamentale. Non riuscirei a vivere se non avessi la possibilità di esprimermi, di disegnare. La creatività non la abbandono mai, non c’è mai un momento in cui la metto da parte, fa parte di me.
Quali sono i 5 oggetti più importanti per te?
Sono legato a moltissimi oggetti che ho collezionato negli anni.
PICCOLO COFANETTO DI METALLO CON DENTRO DEI ROCCHETTI DI FILO è un regalo di un amico, me lo fece il giorno che decisi di intraprendere questa strada. Era il simbolo di tutto quello che poi sarebbe venuto, un augurio da parte sua.
RACCOLTA DI POESIE DI EMILY DICKINSON, il mio libro preferito. Un libro che viaggia sempre con me, ogni volta che lo apro, in qualunque pagina trovo una frase, una parola di cui avevo bisogno in quel momento.
UN CD DEGLI AFTERHOURS a cui lego tutti i momenti iniziali del mio trasferimento a Roma. Lo ascoltavo fino all’alba quando lavoravo sulle prime collezioni. Se penso a quegli anni questa è proprio la musica che mi viene in mente.
PICCOLA SCATOLA DI CARAMELLE in cui raccolgo ogni stagione tutti i pezzi di tessuto che compongono la collezione. Sono molto disordinato e mi piace avere dei piccoli pezzi da portare con me per averli sempre a portata di mano.
UN PICCOLO LIBRO DI MARK RYDEN un pittore che mi piace molto. Lo scoprii a Los Angeles durante una sua personale. E’ un po’ il promotore di un’estetica che mi piace molto che unisce lo spirito manga ad una visione onirica del mondo. Ci sono molto, molto affezionato.
CORNICE DA VIAGGIO comprata in un mercatino dell’usato. Mi piace ogni volta metterci delle foto a cui mi sento particolarmente vicino. In questo caso sono delle foto rubate nel cassetto di mia nonna: la foto della mia bis nonna e la mia preferita, quella delle nozze dei miei nonni con una dedica dietro da parte di mio nonno a mia nonna.
Fino a dove ti spingeresti per il successo?
Mi spingerò fino al massimo però fino a quando sarò convinto di avere qualcosa da dire. Fino a quel giorno sarò irrefrenabile poi nel momento in cui dovessi capire che qualcosa dentro di me è cambiato allora mi darò un freno.
Qual è la “firma” di Marco de Vincenzo?
E’ sicuramente la geometria intesa come costruzione, progettazione. Costruire un abito è il momento più bello per me.
Qual è l’ispirazione per ogni collezione?
Sono legato moltissimo all’estetica decò, è una delle cose che mi appartiene istintivamente anche se poi le stagioni hanno ognuna una storia differente, l’arte di quel periodo non mi abbandona mai. Ci sono due o tre libri che fanno parte di ogni stagione.
Perché hai iniziato con l’haute couture?
Avevo un piccolissimo budget da investire su una collezione, la possibilità di fare venti pezzi unici, non producibili, non avevo produttori, distributori, non esisteva nulla… e quindi l’alta moda ti offre in questo senso più libertà perché non sei legato a seguire il business, puo’ essere un modo per renderti visibile senza ancora entrare direttamente nel circuito.
La differenza tra couturier e designer?
Credo che la differenza sia nel talento innato che puoi avere. Io personalmente non ho una buona manualità, so solo disegnare e progettare quindi li la differenza è chiara. Sarei un couturier se avessi anche l’arte della creazione tra le mani, invece mi piace usare molto la testa ed è quello che mi viene più spontaneo.
Oggi chi è un promettente designer emergente
In questo momento sicuramente CHRISTOPHER KANE è il mio preferito, quello di cui comincio a fidarmi a prescindere da quello che fa, sono quasi un addicted come lo sono per grossi marchi, lui è sicuramente uno che mi piace sempre.
Dov’è casa?
Casa è Sicilia
Cos’è un passo falso per te?
Credo che non ce ne siano se resti vero, se racconti la verità. Non esistono passi falsi, l’unico passo falso che puoi fare è quello di mentire a te stesso e quindi anche creare delle cose che non ti raccontano al 100%.
Vivere al limite o sul palcoscenico?
Al limite
Il nero è un colore?
Si
Un mondo di pixel o scorci impressionisti?
Entrambi
Disegnami un quadro o scrivimi un libro?
Assolutamente un quadro
Fiaba o racconto fantastico?
Bianca Neve
Quale mise PE 11 sceglieresti per me ora?
Una piccola giacca corta con la stampa e i riporti in pelliccia che racchiude un po’ tutti i temi della collezione
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