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Moda

Valextra: il sogno in una borsa

Valextra: il sogno in una borsa

foto di Gabriele Verratti Gabriele Verratti — 15 Novembre 2011

Fotogallery Valextra: il sogno in una borsa

  • Valextra Isis Valextra Isis Borsa Isis: a manico e come pochette
  • Valextra collezione Isis Valextra collezione Isis Vista d'insieme della collezione Isis
  • Valextra laboratorio d’epoca Valextra laboratorio d’epoca Il laboratorio al primo piano dell'originaria boutique in piazza San Babila
  • Valextra archivio Valextra archivio Posa d'altri tempi nella foto d'archivio
  • Valextra artigiano che dipinge costa Valextra artigiano che dipinge costa Un artigiano dipinge a mano la costa
  • Valextra palazzo via Manzoni Valextra palazzo via Manzoni L'elegante sede attuale in via Manzoni
  • Valextra Giulia piazza Duomo Valextra Giulia piazza Duomo Giulia con una splendida Isis in blu
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Dalla boutique in piazza San Babila alla nuova sede di via Manzoni a Milano. Storia di una magia fatta di pelle e dedizione

Dalla boutique in piazza San Babila alla nuova sede di via Manzoni a Milano. Storia di una magia fatta di pelle e dedizione

Si racconta che le vetrine dello storico negozio Valextra in piazza San Babila, aperto nel 1937, attirassero i passanti con allestimenti bizzarri ma sempre di gusto sicuro. Non era improbabile, ad esempio, scovare tra due imponenti zanne di elefante squisite borse in pelle di ippopotamo e leone marino. L'esotismo del resto affascinava il fondatore Giovanni Fontana non meno dell'antica e italianissima arte della selleria. Per praticarla, al primo piano della boutique, lui stesso aveva radunato il fior fiore degli artigiani. Le loro mani esperte e severe confezionavano bauli in elefante per l'emiro del Kuwait, soddisfavano il capriccio della Callas con una cappelliera, incastonavano gemme nella borsa destinata alla moglie dello scià di Persia, Farah Diba, o montavano una chiusura d'oro massiccio su quella per Grace Kelly. Giovanni, da bravo sognatore pragmatico, ci metteva l'estro creativo e l'amore per il design. La celebre “Borsa 24 ore” è fra tutte le intuizioni la più felice. Coronata con un prestigioso premio Compasso D'Oro nel 1954 e un posto d'onore al MOMA di New York, l'agile valigetta rigida si guadagnò perfino un lemma sul dizionario: la ventiquattrore, nuovo sostantivo femminile singolare e d'ora in poi attributo di ogni uomo d'affari che si rispetti.

Orfana di Giovanni, l'azienda scricchiolò sotto il peso del suo stesso prestigio. Ma ecco che nel 2000 lo spirito del signor Fontana passa come una preziosa eredità ad Emanuele Carminati Molina. Per suo volere si ricomincia daccapo, a partire dagli artigiani. Alcuni hanno alle spalle una quarantina d'anni di servizio e insegnano ai più giovani tecniche e astuzie da custodirsi con gelosia. Come maneggiare le forme di legno su cui il cuoio conciato va stirato per renderlo uniforme. Come laccare le coste tagliate a vivo, una per una, o come imprimere a caldo nel cuore segreto della borsa il nome di chi l'ha prodotta e la data. Per Emanuele, che da ragazzo sospirava di stupore di fronte alle vetrine di Valextra, è un sogno che diventa realtà.

Un accessorio Valextra, oggi come ieri, si riconosce per l'inconfondibile pulizia delle linee, frutto però di una sapiente costruzione e di una complessa cura nei dettagli. Il cuoio di primissima scelta, i filati che vi si accordano, le parti in metallo nobile che che ne cesellano cerniere e copri-angoli sono segno di qualità eccellente, in un armonico connubio con l'efficienza della funzione. Il marchio infatti si segnala anche per la ricerca di nuovi sistemi coperti da brevetto, tanto per manici e ruote quanto per i pellami stessi. Di recente definizione il "New Vegetal", un sensuale cuoio a riconcia vegetale glassato da cere assolutamente naturali. Lo si può accarezzare in tutta la sua morbidezza anche nella nuova linea Isis, elegante di semplicità. Che si tratti di tracolla o pochette, con chiusura a scatto in smalto o coccodrillo, com'è tradizione della casa ogni modello può personalizzarsi con il proprio monogramma in oro o platino. Perché non ci si vuole far mancare proprio nulla. Perché, soprattutto, sognare ancora si può.

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