Le mie amiche sono scatenate. Sono tornate così in forma dalle vacanze che è tutto un cinguettare di indirizzi di palestre, corsi yoga, insegnanti di pilates. Ho tentato di arginare il loro entusiasmo cercando di deviare l’attenzione sullo shopping, ma non c’è stato nulla da fare. «Prima voglio un corpo perfetto», mi ha spiegato una «e poi posso pensare a come vestirlo».
Delle vere talebane. Comunque un po’ mi hanno influenzato e quindi mi sono procurata un lettore di dvd, l’ho piazzato di fronte al tapis roulant che troneggia da anni come una scultura in camera e spero che, per il piacere di vedere una puntata, che so, di Csi New York, riesca a convincermi a camminare su di un tappeto che gira...
Ma comunque i miei buoni propositi di settembre sono tutti indirizzati all’economia: il Paese, lo dicono tutti, ha bisogno di incrementare i consumi e io non ho intenzione di sottrarmi ai miei doveri di cittadina. La mia wish list non è ancora completa, anche perché sono una cliente sentimental/passionale, seguo l’impulso del momento e non tanto un pensiero razionale (anche perché se dovessi seguire quello dovrei sgombrare gli armadi e non comprare per almeno due anni).
L’idea che ho più chiara in testa è che quest’anno ho voglia di colore e per me, nerodipendente, è davvero una novità che andrebbe studiata dal punto di vista psicologico. Un pullover magari a righe arcobaleno (questo l’ho detto per impressionarvi, non penso che ce la farò mai), un cappotto (esagero?) giallo luminescente o una borsa verde smeraldo (ne ho vista una divina su «Grazia») o magari blu elettrico.
Quello che so è che devo rompere la monotonia e anche la tristezza del tutto nero con un flash cromatico che mi dia energia la mattina. L’altro dato certo è che voglio comprarmi dei pantaloni stampati. Tre quarti, o forse anche di più, della mia vita l’ho trascorsa in pantaloni e non intendo cambiare abitudini, soprattutto in inverno.
Quelli che mi piacciono di più e che mi stanno meglio, sono stretti, asciutti, da indossare con pullover comodi (in tutti i sensi, caldi, morbidi e che coprano i miei fiancotti italiani). Ma volete mettere il piacere di indossarne un paio “diverso” a righe, a quadretti o perfino a fiori, se ne trovo di divertenti, ma non troppo chiassosi?
Coi cappelli non sto bene: ho una faccia troppo irregolare per potermeli permettere. Ma ne ho visti così tanti in tutte le sfilate, che mi sono quasi abituata all’idea (potenza della moda) e non so se riuscirò a resistere: se ne incrocerò uno nel momento sbagliato, potrei anche comprarmelo (quanto a usarlo davvero, poi vedremo...).
Sono molto sedotta, sempre in teoria, anche dal look fetish, quello stile Portiere di notte con cui era vestita, tanto per intenderci, Vittoria Puccini nel nostro servizio. Ma ovviamente riveduto e corretto in versione “donna normale che lavora”, che vuol dire al massimo una giacca o un cappotto di foggia militare. O, meglio ancora, una scarpa stringata o uno stivale con il tacco altissimo.
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