Sabrina Ferilli: «Italia, sei la mia passione»
La bellezza italiana, con le curve e gli occhi sorridenti, quella bellezza che fa girare la testa ai maschi, è solo l'involucro di Sabrina Ferilli.
Poi c'è tutto il resto. I trent'anni di carriera da attrice versatile, tra cinema, teatro e tv. I ruoli e i registi scelti con cura, da Paolo Virzì a Paolo Sorrentino. Un varietà cult, La bella e la bestia con Lucio Dalla nel 2002 su Rai Uno. Le fiction popolari dove spesso è donna combattente e fiera.
L’impegno sui temi sociali, in prima persona, mai lasciato cadere. Proprio lo scorso aprile, si è resa disponibile a pagare le spese legali a un operaio della ArcelorMittal, la ex Ilva, e gli ha dato la disponibilità dei suoi avvocati poiché era stato licenziato per avere invitato, con un post su Facebook, i suoi colleghi a guardare la fiction Svegliati amore mio che raccontava, protagonista Sabrina, una situazione di conflitto tra lavoro e inquinamento simile a quella di Taranto e del polo siderurgico.
Infine, e non è poco, in questo nostro mondo rumoroso ed esibizionista, Sabrina ha dimostrato più volte la capacità di proteggere con discrezione il privato. Ha partecipato spesso ad alcuni dei programmi più visti della tivù italiana, come Amici o Tú sí que vales, ma quando si è sposata dieci anni fa a Parigi (con il manager Flavio Cattaneo) i giornali lo hanno saputo a cose fatte.
La intervisto al telefono, è guardinga ma ironica come sempre, mentre attende di andare sul set del nuovo film di e con Leonardo Pieraccioni, la commedia Il sesso degli angeli che uscirà il prossimo inverno, e della quale non mi dirà nemmeno una parola, fedele alla consegna del silenzio imposta dal regista: «Eh, non ne ha parlato ancora nemmeno lui!».
Vaccinata e contenta?
«Sì, e anche piena di voglia di ripartire. Questo momento che stiamo vivendo, questa ripartenza, finalmente alleggerisce il clima che abbiamo vissuto nell’ultimo anno e mezzo. Non so dire quanto questo periodo di paura, di dolore, di vite perdute, di brutte notizie abbia inciso sulle nostre menti e sulle nostre abitudini. Ma so che è arrivato il momento di andare avanti, di far funzionare la nostra capacità di progettare, sognare, costruire».
Ne saremo capaci?
«Gli italiani sono stati costretti tante volte a ricominciare, a ricostruire, a ripopolare. Pensi a quante calamità naturali abbiamo affrontato, quante alluvioni, quanti terremoti. I politici spesso si avvitano su se stessi e si comportano secondo lo spirito del principe del Gattopardo, cambiare tutto per non cambiare nulla, ma il popolo è diverso. Il popolo le cose le ricostruisce e le cambia davvero».
Siamo un popolo forte?
«Nelle emergenze, siamo straordinari. Lì troviamo una coesione che in tempi normali purtroppo latita, soffocata da un eccesso di individualismo, il nostro difetto peggiore».
I luoghi comuni sull'Italia che la infastidiscono?
«Ovunque sono andata la gente mi ha detto che venivo dal Paese più bello del mondo e dove si mangia meglio al mondo: penso che abbiano ragione, altro che cliché! Magari qualche battuta antipatica sulla mafia può dare fastidio. E poi, a volte ho sentito critiche sul fatto che siamo vanesi, pensiamo troppo ai vestiti. Non lo considero un difetto, per me l’attenzione all'eleganza da parte degli italiani è un segno di cultura, non di superficialità».
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Foto di Federico De Angelis - Styling di Selin Bursalioglu
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