Ryan Gosling: «Guardatemi dentro»
Al cinema interpreta uomini distanti, difficili e spregiudicati. Lui, invece, sostiene di essere un bravo ragazzo, come il titolo del suo ultimo film. Grazia ha incontrato Ryan Gosling per capire che cosa c’è dietro la più bella faccia di Hollywood
Mi viene incontro al Beverly Hilton di Los Angeles con un look decisamente informale: jeans e camicia a scacchi rossi e neri. Un autentico taglialegna. L’attore canadese Ryan Gosling, 35 anni, è bravissimo a spiazzare. È camaleontico. Anche sul lavoro. Oggi spiazza pubblico e critica abbandonando gli abiti drammatici e facendoci ridere. Mostra un volto inedito nella commedia ad alto tasso di comicità The Nice Guys, nelle sale dal 1° giugno. Nel film diretto da Shane Black, Gosling lavora per la prima volta con Russell Crowe. I due sono una strana coppia di detective che indagano sul caso di una ragazza scomparsa nella corrotta Los Angeles degli Anni 70. Al Festival di Cannes, dove il film è stato presentato fuori concorso, si è parlato dei due attori come dei nuovi Bud Spencer e Terence Hill. Un complimento inaspettato per due che hanno fama di essere degli “orsi”.
The Nice Guys è un film divertente. Ed è strano vedere Russell Crowe e lei in una commedia brillante. Voi due siete considerati due attori drammatici. Che cosa vi è successo?
«Non conoscevo Russell di persona e non avrei mai immaginato di vederlo in un film pieno di scene surreali come questo. Forse le cose hanno funzionato sul set anche perché per entrambi era una prima volta».
Vi siete divertiti in queste nuove vesti?
«Il regista Shane Black è un tipo che si annoia facilmente e ci chiedeva spesso di improvvisare. Credo che il bello di esperienze di questo genere sia proprio non sapere mai che cosa succederà nella scena che stai per girare. Per esempio nel film, a un certo punto, una pistola che doveva essere afferrata al volo, finisce fuori da una finestra. Nelle classiche sparatorie non succede mai, i buoni afferrano sempre tutto al volo. Ma a noi i cliché non piacciono».
Lei interpreta un investigatore maldestro con una figlia 12enne che sembra più matura di lei. È stato più facile recitare questa parte ora che è padre di due bambine (Esmeralda, un anno e 8 mesi, e Amada, nata il 29 aprile scorso. La mamma è l’attrice Eva Mendes, 42 anni, ndr)?
«Non sapevo di dover essere così maldestro, quando ho accettato la parte. E comunque Angourie Rice, l’attrice australiana che interpreta mia figlia, era davvero la persona più matura sull’intero set: la mia esperienza di padre non è servita perché tra noi si è instaurato il classico rapporto madre-figlio. E il figlio ero io».
Che cos’è per lei oggi un “nice guy”, un bravo ragazzo?
«Mi viene in mente mio zio Bill. È sempre stato dalla mia parte, anche quando ero bambino. Ancora oggi colleziona ogni singolo articolo che parli anche solo vagamente di me e da quando ero piccolissimo è sempre stato convinto che sarei diventato un attore conosciuto, come sono ora. Bill spala la neve dai giardini dei suoi vicini di casa e si prende cura di chiunque gli stia intorno. Se c’è un bravo ragazzo, ecco, quello è lui»
Lei non si considera un “bravo ragazzo”?
«Be’, io sono canadese, quindi lo sono per nascita. Russell, invece, è australiano e loro non sempre hanno una buona fama. Ma lui bravo lo è davvero».
I canadesi sono davvero tutti bravi ragazzi?
«Sembra di sì, o almeno è quello che cerchiamo di far credere».
All’inizio del film, però, lei e Crowe ve le date di santa ragione. Alla fine le rompe il naso e un braccio.
«Lui è l’esperto di questo genere di sequenze, diciamo che ho cercato di stargli dietro cercando di farmi meno male possibile».
C’è riuscito?
«No, lui ha comunque colpito con più forza del necessario. Per fortuna avevo una controfigura, Brett, che è abituato a ben di peggio, quindi ho trovato il modo di contenere i danni».
Lei è nel cast del seguito di Blade Runner, il futuristico film del 1982 di Ridley Scott. A che punto siamo con le riprese? Ricorda la prima volta che ha visto l’originale?
«Non era al cinema, ma in videocassetta. Quando il regista Denis Villeneuve mi ha chiamato per questo sequel non potevo credere alle mie orecchie. Inizieremo a girare in luglio»
Che cosa ci può dire della sceneggiatura?
«Mi hanno messo un microchip elettronico sottopelle e, se dovessi dire qualcosa sulla trama, qualcuno mi farebbe esplodere. L’unica cosa di cui posso parlare senza rischiare la vita è che Harrison Ford sarà nel film e che non si tratta di un remake, ma di uno sviluppo della storia originale».
A lei piace la fantascienza?
«Non sono mai stato un fanatico, ma ho sempre guardato qualche film. Blade Runner ha fatto scuola e, insieme con Alien, è forse uno di quelli più citati nella cinematografia contemporanea».
Prima, però, la vedremo in La La Land (uscito negli Stati Uniti, non ha ancora una data per l’Italia, ndr), un musical dove canta e balla. Che cosa sta succedendo, come mai tanti generi diversi tutti nello stesso momento?
«Non pensavo che qualcuno lo avrebbe notato. La verità è che sono un fan dei film musicali e delle coppie come Ginger Rogers e Fred Astaire. Sono stato fortunato a trovare una produzione che volesse mettermi alla prova in questo genere di pellicola».
Pensa di essersela cavata?
«Non m’importa che cosa diranno le persone di me dopo averlo visto, mi sono divertito troppo a girarlo. C’è tantissimo tip tap e, per vostra fortuna, non canto troppo: ho solo un paio di duetti con Emma Stone, che è la vera protagonista vocale del film. Però suono il piano, sono un pianista jazz piuttosto sexy».
Nei suoi ricordi c’è un film che le ha dato la spinta per diventare attore?
«Forse è stata più la televisione: ricordo di aver visto una puntata della trasmissione Muppet Show con l’attrice Raquel Welch e ho pensato: “Sarebbe bello essere in tv con loro”. Ero piccolo, avevo una vita tutto sommato normale, è bastato poco per darmi la spinta».
Quindi lei, sotto sotto, ha sempre pensato di fare commedie brillanti?
«Sì, è così. Mi ci è solo voluto un po’ prima di riuscirci».
Che cos’altro l’appassiona?
«Raccontare le storie. Sono fortunato a poterlo fare per lavoro, ma intrattenere gli altri mi piace ed è quello che ho sempre desiderato fare nella vita».
Se da piccolo aveva una vita normale, adesso in quella adulta non c’è niente di ordinario. È una star internazionale e la sua compagna, Eva Mendes, è una straordinaria attrice e una donna stupenda.
«Sì, lei è stata la vera fortuna della mia vita, è cambiato tutto con lei. Soprattutto ora che abbiamo due bambine. Più crescono e più ho voglia di rimanere a casa con loro invece di lavorare e guadagnare abbastanza per pagare loro il college e dare loro tutto quello di cui potrebbero avere bisogno».
La vostra primogenita si chiama Esmeralda, come la protagonista del Gobbo di Notre-Dame de Paris di Victor Hugo: è un caso?
«No, Eva e io siamo innamorati di quel romanzo. E poi il nome è bellissimo».
E Amada? È nata “in segreto” il 29 aprile. Siete stati bravissimi a proteggerla dai paparazzi.
«Già, li abbiamo umiliati! Amada era il nome della nonna di Eva: vuol dire “amata” ed è esattamente quello che abbiamo provato quando l’abbiamo vista la prima volta».
Come intrattiene le sue figlie?
«Gioco, canticchio, racconto loro delle storie. Esmeralda ha poco più di un anno, ma ha una curiosità inesauribile e ci vuole un sacco di energia per starle dietro. Amada, invece, è un piccolo angelo: è buonissima».
Ed Eva che mamma è?
«Un sogno, e intendo il più bello dei sogni».
Se non stesse con lei, che cosa cercherebbe in una donna?
«Nessuna è come lei, non c’è proprio niente da cercare».
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