Quando sai che tuo figlio è gay
Anche nelle famiglie più aperte, il momento del “coming out” di figlie e figli adolescenti rappresenta quasi sempre uno shock. Per la sorpresa, a volte, ma anche per la paura: dei bulli, degli omofobi o anche solo di una società che non garantisce a tutti gli stessi diritti.
Lo raccontano psicologi, attivisti. Ma, soprattutto, lo dicono i genitori, le mamme che, ancora oggi, sono quelle che raccolgono le confidenze di figlie e figli più dei padri.
I PADRI SONO GLI ULTIMI A SAPERE. «Lorenzo ha aspettato che a casa non ci fossero né il papà né il fratello, Matteo, di quattro anni più grande. È venuto in cucina, mi ha detto: “Ti devo parlare”», racconta Beatrice Sarti, di Bologna. Aveva 18 anni. «Ammetto che non me lo aspettavo», dice. «Quando era più piccolino ogni tanto il dubbio mi era venuto ma, poi, alle superiori aveva avuto un paio di fidanzatine e non ci avevo più pensato». Al padre, Beatrice lo ha detto la sera dopo. «Era fuori per lavoro, non potevo parlare di una cosa del genere al telefono. Lui ha mandato subito un messaggino a Lorenzo: “Ti voglio bene”. Ma era disorientato. Gli uomini fanno più fatica. Nella loro mente, immaginano il figlio maschio con un altro uomo. Gli ho detto: “Ma tu ci pensi a quello che nostro figlio più grande fa a letto con la sua fidanzata?”».
Aggiunge che per lo stesso Lorenzo non era stato facile accettare la propria omosessualità. «Ne ha preso atto quando, in quarta superiore, si è innamorato di un compagno di classe. Io, invece, mi sono sentita in colpa per non averlo capito prima. E mi sono domandata perché avesse avuto paura di parlarne con me. Oggi sono felice che senta di poter condividere tutto. Per un anno abbiamo tenuto il “segreto” in famiglia. Poi ci siamo stufati e lo abbiamo raccontato alla nonna, agli zii». Nessuno si è scandalizzato.
LA RINASCITA. C’è un altro aspetto di cui spesso non si parla: quando tua figlia o tuo figlio fa “coming out”, lo devi fare anche tu. «Succede ogni volta che, per esempio, dico a qualcuno: “Mia figlia e la sua fidanzata vengono a cena”», dice Anna Masutti, di Udine. La sua è una storia particolare. «Mia figlia Maddalena fino alla quinta elementare era stata una bambina allegra. A un certo punto, senza ragioni apparenti, ha cominciato ad “appassire”».
Per tutta la durata delle medie, Maddalena sta male, soffre di attacchi di panico. Le viene diagnosticata una forma depressiva. «Pensavo che non ne sarebbe mai uscita. Poi, ha cominciato a farmi domande strane: “Mamma, quando ti sei accorta di essere etero?”. Oppure a mio marito: “Quando hai scoperto che ti piacevano le donne?”». Anna si rende conto che sua figlia ha bisogno di una spinta per aprirsi. «Abbiamo comprato dvd di film che parlavano di omosessualità, ogni volta che c’era un pretesto parlavamo delle coppie gay, di come fosse bello che potessero avere figli, cose così. Notavo che man mano diventava più “leggera”. Prima Maddalena, che allora aveva 15 anni, ha fatto “coming out” con i compagni di classe. Quindi, l’11 ottobre del 2017, in famiglia. «Mia nonna, alla quale ero legatissima e che si chiamava Maddalena anche lei, era morta il giorno prima. Eravamo tutti in cucina, la mia mamma e altri parenti, mia figlia arriva e dice: “Sapete che giorno è oggi? Oggi è la giornata del coming out”. Le ho detto: “Maddalena, devi dirlo tu”. Alla fine, lo abbiamo detto insieme: “Io sono omosessuale”. Siamo andate al funerale della nonna ma, la sera stessa sera, abbiamo comprato una torta e abbiamo celebrato. Da allora festeggiamo il suo compleanno e anche il giorno della sua rinascita».
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