Mi hanno emozionato le parole di Domenico Quirico, il giornalista liberato dopo 152 giorni in balia dei ribelli in Siria, grazie all’intervento dello Stato italiano.

Mi hanno emozionato le parole di Domenico Quirico, il giornalista liberato dopo 152 giorni in balia dei ribelli in Siria, grazie all’intervento dello Stato italiano.
Lui, inviato di tante guerre, era felice come un bambino per il ritorno a casa, a una tranquilla monotonia.
«Mi hanno rubato una primavera e un’estate» ha detto. Solo quando le perdiamo, ci rendiamo davvero conto del valore della nostra vita normale e delle cose che abbiamo, ma diamo per scontate. Mi ha colpito poi la sua affermazione sulla differenza tra la sua religione e quella dei sequestratori.
«La mia fede è darsi, e questa fede mi ha aiutato a resistere» ha scritto. «Loro pregavano il loro Dio stando accanto a me, il loro prigioniero dolente, soddisfatti, senza rimorsi e attenti al rito. Che cosa dicevano al loro Dio?».
Infine mi è venuto il groppo alla gola ascoltando che cosa diceva al compagno di prigionia, lo storico belga Pierre Piccinin, che temeva di essere abbandonato dal suo Paese. «Non ti preoccupare, tu sei con me. L’Italia ha tanti difetti, ma una regola certa: nessun connazionale viene mai abbandonato».
Quando avrò la tentazione di lamentarmi della mia quotidianità, di piangermi addosso o di bastonare il mio Paese, penserò ai ribelli siriani.
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