Maria Pia Calzone: «Ho fatto pace con me stessa»
La svolta per lei è arrivata nei panni di Donna Imma nella serie tv Gomorra. E ora è una moglie tradita nel film Dobbiamo parlare. Maria Pia Calzone racconta a Grazia il successo raggiunto dopo i 40 anni. E ammette: «Sono la persona che avrei voluto essere a 20». Tutto merito di un marito guru e di un viso che non sa dire bugie
Prima di cominciare l’intervista con l’attrice Maria Pia Calzone, lanciata dal ruolo della carismatica capoclan Donna Imma Savastano nella serie di Sky Gomorra e ormai impegnatissima nel cinema, devo risolvere un piccolo “giallo”: quanti anni ha veramente? I siti internet gliene attribuiscono 47, ma Maria Pia smentisce. «Ho 48 anni, compiuti il 10 ottobre scorso sotto il segno della Bilancia», mi informa allegra l’attrice. «Non so perché i motori di ricerca mi ringiovaniscano, ma ci tengo a dire la verità». Anagrafe a parte, quanti anni si sente? «In questo momento di gioia ho perso il contatto con la realtà, sto vivendo un sogno e ascolto il mio cuore: mi dice che sono giovanissima».
Non pensiate che il preambolo sull’età sia inutile: in realtà dice molto sullo stato d’animo di Maria Pia che, da attrice brava, ma a lungo sottovalutata, nel giro di due anni è diventata un nome di punta dello spettacolo italiano. Struccata, i capelli folti che inquadrano il bel viso aperto dominato dagli occhi lunghi, Maria Pia, originaria della provincia di Benevento e romana di adozione, mi racconta il suo momento magico. Nella stanza accanto gioca il figlio Gabriele, 6 anni, mentre il marito Gianluca, manager della comunicazione, è al lavoro. Anche se non la ritroveremo nella seconda serie di Gomorra (gli sceneggiatori hanno fatto morire Donna Imma nella prima, scatenando le proteste dei fan), l’attrice gira un film dietro l’altro. L’abbiamo appena vista in Io che amo solo te, accanto ai promessi sposi Riccardo Scamarcio e Laura Chiatti, protagonista di una passione “a scoppio ritardato” con l’attore Michele Placido: il successo al botteghino è stato tale che si pensa a un seguito. E prima di dare la voce all’atteso cartoon ispirato al musical La gatta Cenerentola, il 19 novembre Maria Pia tornerà nelle sale con Dobbiamo parlare, la nuova commedia di Sergio Rubini. Amori, segreti, bugie, tradimenti, colpi di scena, dialoghi scoppiettanti, risate amare: nel corso della notte due coppie si affrontano, smascherano i rispettivi scheletri nell’armadio e, all’alba, niente sarà come prima. Calzone è una ricca signora borghese e piuttosto avida, moglie tradita del facoltoso medico Fabrizio Bentivoglio. Rubini interpreta uno scrittore narcisista e Isabella Ragonese la sua compagna “ghostwriter”, cioè autrice nell’ombra dei suoi best seller. Dal 24 novembre (debutto alla Pergola di Firenze) Dobbiamo parlare diventerà uno spettacolo teatrale e inizierà una tournée con gli stessi attori. «Il mio ruolo», dice intanto Maria Pia, «è un regalo di Donna Imma, e finalmente mi sento protagonista».
In che modo si manifesta questa sensazione?
«Sto vivendo tante prime volte. Giornalisti e fotografi mi cercano, parrucchieri e truccatori vengono a casa a farmi bella, gli stilisti si propongono di vestirmi. Un’emozione da far venire il mal di pancia. Vent’anni fa non avrei mai potuto immaginare che il successo sarebbe arrivato alla soglia dei 50».
E suo marito come sta vivendo questo momento?
«Con gioia, mentre io ho ancora l’ansia da prestazione. Guardi qua, conservo il messaggino che Gianluca mi ha mandato alla vigilia della conferenza stampa del film di Rubini: “Mi raccomando divertiti, non sforzarti di piacere a tutti i costi ma rimani te stessa”. Non gli pare vero che le cose abbiano cominciato a girare nel verso giusto: ricorda ancora i momenti bui in cui mi ha vista piangere».
Che cosa la portava alla disperazione?
«La constatazione di non arrivare da nessuna parte. Avevo sognato tutta la vita di sfondare nel cinema, ma nessuno mi faceva lavorare e non riuscivo ad affrontare il problema. Sono una donna ostinata e ho sempre ottenuto quello che ho voluto, a cominciare dalla laurea in Lettere che mi è costata tanti sacrifici. Di fronte al fallimento come attrice, ho pensato anche di essere incapace».
Com’è riuscita poi a sbloccarsi?
«Ho chiesto aiuto a uno psicologo: mi ha insegnato a sbriciolare il dolore che mi bruciava dentro. Una volta elaborato il “lutto” del mancato successo, ho imparato a vedere la vita da una prospettiva diversa, cioè al di fuori del lavoro di attrice. Ho capito di avere molti motivi per cui gioire e ho ricominciato a vivere. Poi, quando non pensavo più al cinema, è arrivato il ruolo di Donna Imma. Ha presente quelle donne che si sottopongono a lunghe cure per diventare madri, senza riuscirci, e rimangono incinte proprio quando ci rinunciano? A me, nel lavoro, è successa la stessa cosa».
Al di là della notorietà e del successo, che cosa le ha dato il personaggio della spietata donna boss?
«Mi ha permesso di fare pace con me stessa e, ovviamente, mi ha messo in contatto con chi fa cinema sul serio: oggi, se cercano un’attrice tra i 40 e i 50, vengo presa in considerazione. Prima non accadeva».
C’è qualcosa di suo in Costanza, la moglie borghese che interpreta nel film di Rubini?
«Non molto, quel personaggio è sopra le righe. Ma l’amore è un gioco complesso e a volte anche il denaro può fare da collante. Non abbiamo raccontato nulla di strano: molte coppie rimangono insieme perché sono legate da interessi materiali».
Che cosa, invece, tiene in piedi il suo matrimonio?
«L’amore. Gianluca rappresenta per me il ritorno a casa, io sono lo stesso per lui. Ci siamo sposati due anni fa, quando il bambino era già cresciuto, e abbiamo optato per una cerimonia intima dalla quale abbiamo escluso perfino i nostri genitori. Ci sono rimasti malissimo, ma non festeggiamo nemmeno l’anniversario. Pensi che qualche giorno fa, per ricordarci la data del matrimonio, abbiamo dovuto tirare giù le valigie dal soppalco: l’avevamo usata come combinazione. Ma Gianluca mi capisce come nessun altro e mi sopporta».
Devo pensare che, dietro l’apparenza solare, mediterranea, si nasconde una donna faticosa?
«Posso esserlo, ho malinconie e ansie. Ma mio marito le sdrammatizza con un sorriso. Non mi accompagna nelle occasioni mondane e le poche volte che ha accettato di sfilare sul red carpet con me è rimasto a dieci passi di distanza. Mi lascia libera di vivere la mia vita. Sono molto fortunata».
Avere un figlio dopo i 40 cambia il modo di essere madre?
«Penso proprio di sì. Io sono esageratamente apprensiva e faccio un grande sforzo per controllarmi. Sto sempre sul chi vive e una gita di Gabriele in bicicletta, sia pure sotto i miei occhi, la vivo come uno stress. Devo avere un po’ di leggerezza anche nel mio rapporto con il bambino».
Sembra più giovane della sua età: come si mantiene bella?
«Non ho mai fumato, cerco di mangiare sano e curo la pelle con le migliori creme».
Mai avuta la tentazione di un ritocco estetico?
«Le confesso che una volta mi sono fatta iniettare il botulino. Mai più! Mi sono venuti gli occhi ancora più lunghi, da gatto, e un’espressione accigliata che faceva paura. Sarei disonesta se dicessi che il passare del tempo mi lascia indifferente, ma ho deciso di non alterare questa mia faccia che il pubblico ama. Le rughe, tutto sommato, fanno simpatia».
Che effetto le fa pensare che in Gomorra 2, in onda a primavera su Sky, il suo posto è stato preso dall’attrice Cristina Donadio?
«Non la conosco e non la invidio, ma non ha preso il mio posto. È una dei protagonisti della nuova serie, non la nuova moglie di Don Pietro Savastano (il boss interpretato dall’attore Fortunato Cerlino, ndr). Donna Imma ha però dimostrato che anche le donne possono interpretare dei ruoli destinati a lasciare il segno, ha aperto una strada per tutte le attrici».
Ha provato a chiedere agli sceneggiatori di farla tornare in vita?
«No, anche se la richiesta continua ad arrivare con vigore dal pubblico e dai social. Ma vorrò bene per sempre a Donna Imma. Mi sono tenuta un suo medaglione come portafortuna».
Alla fine dell’intervista, Maria Pia mi dice che ha finalmente imparato ad amarsi: «Anche se ho sofferto, oggi sono quello che avrei voluto essere a 20 anni». Vuol dire che è felice? «La parola mi spaventa, ma comincio a crederci». E si vede.
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