Jennifer Lawrence: «Nessun uomo mi può fermare»
Potrebbe conquistare l’Oscar nel ruolo di un’imprenditrice che ha inventato una scopa rivoluzionaria. Ma la star confessa a Grazia di sognare un’altra vittoria: quella per la parità di stipendio tra uomini e donne. «Lo devo a mia madre», dice. «E poco importa se faccio arrabbiare qualcuno»
Conosco Jennifer Lawrence da quando era un’attrice alle prime armi e oggi che è una diva, e siede vicino a me alla premiazione dei Golden Globes, sembra che il tempo non sia passato. È fresca, sorridente e alla mano. Scattiamo insieme una foto a cena, una vicino al palco e poi un’altra, “fatta bene” come chiede lei, con David O. Russell. È il regista che le ha fatto vincere un Golden Globe e un Oscar con Il Lato Positivo, un Golden Globe con American Hustle – L’apparenza inganna, e, proprio nella sera dell’intervista, un terzo trofeo a forma di globo per Joy. E questo film, nelle sale dal 28 gennaio, ha appena dato a Lawrence la nomination a miglior attrice protagonista agli Oscar del 2016. La storia racconta la vita e la genialità della regina delle televendite, americana ma di origini italiane, Joy Mangano, l’inventrice del Miracle Mop, la scopa magica. Un personaggio straordinario, ancora sulla cresta dell’onda, che esalta l’intraprendenza e la forza delle donne. E che, di riflesso, mette ancor più in risalto le qualità di Jennifer Lawrence, 25 anni, una star che si batte per la parità di retribuzione delle interpreti nel cinema. Non a caso l’attrice Isabella Rossellini, che ha una parte in Joy, ha commentato: «Jennifer ha ridefinito il concetto di femminilità. Per la sua forza, la sua indipendenza, mi fa pensare a mia madre (l’attrice Ingrid Bergman, ndr)». È l’anno della consacrazione.
Per la terza volta la vediamo recitare con gli attori Bradley Cooper e Robert De Niro in un film di David O. Russell. Che cosa vi unisce?
«Siamo un gruppo molto affiatato. Ognuno di noi è legato a David, così come lo siamo tra di noi attori. C’è una bella atmosfera che non credo si stia per esaurire. Anzi penso che realizzeremo ancora molti film insieme».
Lei riesce a chiacchierare a lungo con Robert De Niro? Nelle interviste questo grande attore è sempre di poche parole.
«Bob, in una conversazione, è una di quelle persone che parlano solo se hanno qualcosa di importante da dire, altrimenti stanno zitte. Noi facciamo bellissime chiacchierate e non ci sono mai silenzi imbarazzanti, ma di certo non è uno che si dilunga».
Che cosa le piace del suo personaggio, l’imprenditrice Joy Mangano?
«Ammiro soprattutto il suo altruismo. Joy ha messo da parte le sue aspirazioni e il suo talento per gli altri, per le persone che ama. Mi piace anche la sua forza tranquilla. Quando l’ho incontrata, ho visto una persona serena e forte allo stesso tempo, ed è questo che mi ha guidata sul set. Vorrei essere come lei, ma temo di trovarmi agli antipodi».
La storia, che racconta la capacità di realizzarsi di Joy, parla anche del rapporto dell’imprenditrice con sua madre e sua nonna. Anche per lei sono state figure importanti?
«Joy ha una relazione difficile con la sua famiglia. La madre è una persona debole e avulsa dalla realtà. Tuttavia questa situazione ha aiutato la protagonista a diventare la donna che è, perché si è dovuta fare largo da sola. Ha poi avuto la fortuna di avere una nonna meravigliosa, una matriarca che l’ha spinta a credere in se stessa. Io devo ringraziare mia madre: è una donna fantastica e non sarei qui se non fosse per lei. Quando avevo 14 anni nessuno credeva in me, ma lei sì. Ha rinunciato alla sua vita, ha speso tanti soldi e ha quasi divorziato da mio padre. Mi è rimasta accanto, perché vedeva quanto mi rendeva felice la recitazione e non voleva allontanarmi dalla mia passione. È a lei che devo tutto. Anche mia nonna era eccezionale, ma è morta quando ero piccola e quello che so di lei mi è stato raccontato dai miei genitori. A differenza di Joy, non sono cresciuta con lei accanto».
Joy è una regina delle televendite: lei ha mai fatto acquisti in tv?
«Assolutamente no. Non ne so proprio nulla e non ho mai comprato nulla neppure su internet. Ho un pessimo rapporto con la tecnologia, dai cellulari ai computer: vivo come se fossi rimasta nel 1700. Però, per Joy, ho imparato a passare la “scopa magica” sul pavimento. Me lo ha insegnato Bradley Cooper sul set: mi ha vista armeggiare con il Miracle Mop, ha scosso la testa e mi ha fatto vedere come si usa».
A casa dai suoi faceva le pulizie?
«Certo. Sono cresciuta in una famiglia come milioni di altre: mia mamma era una domestica e mio papà lavorava in ufficio. Lui, quando era a casa, a ogni domanda rispondeva: “Chiedi a tua madre”. Essendo una ragazza, avevo più compiti rispetto ai miei fratelli. Loro si occupavano delle faccende in giardino, con tosaerba e attrezzi vari: io non potevo sbrigarle, perché ero una femmina. A me toccava pulire la mia stanza, fare il bucato e lavare i piatti».
Anche lei, come il regista David O. Russell, pensa che Joy sia, tra l’altro, una storia sulla magia che esiste quando siamo bambini e che svanisce diventando adulti?
«Ne sono convinta. Tutte le persone creative hanno un’immaginazione fuori dal comune. E Joy, un’inventrice geniale che ha ideato tanti apparecchi utili oltre al Miracle Mop, ha una fantasia senza limiti. Per quel che mi riguarda, ricordo che da piccola nelle mie giornate ogni cosa era magica e l’incontro con la realtà era una fonte di delusione. Oggi, quel che rimane dell’incanto dell’infanzia lo riverso nella recitazione».
Joy in inglese significa “gioia”. Che cosa la rende felice nella vita?
«Mi piace molto lavorare. Non so se sono una workaholic, una “drogata” di lavoro, ma recitare mi fa star bene. Quando sono in vacanza riesco a rilassarmi per circa una settimana, poi però devo mettermi all’opera. È sempre stato così. Una volta, d’estate, da bambina, ho riempito un carrettino con i miei peluche e sono andata in giro per il vicinato a venderli, solo per tenermi impegnata. E quando è arrivata la sera, ho chiesto ai miei genitori: “Dove è finito il mio orsetto?”. Già allora ero un po’ pazza».
Di recente l’hanno vista in giro con la cantante Adele e l’attrice Amy Schumer. Ha ancora tempo per divertirsi?
«Sì, andiamo insieme a cena: è bello incontrare persone senza che ci sia un interesse legato al lavoro. Non succede spesso a chi fa l’attore, e quando capita si creano delle belle amicizie. Al ristorante facciamo molto chiasso».
Vedo che, nonostante il successo, lei è rimasta una ragazza alla mano.
«Parlo senza filtri. E non ho motivo di cambiare. Sono soddisfatta di un lavoro che amo. La gente reagisce in maniera curiosa, perché sono diventata famosa, ma per me recitare è solo un mestiere».
Però ha usato la celebrità per chiedere che le donne non vengano discriminate nel mondo del cinema. Che cosa pensa del potere di prendere posizione che hanno le star?
«È una cosa grandiosa. Ma allo stesso tempo ho sempre desiderato restare lontana dalla politica. Chiunque può comprare il biglietto per vedere i miei film, non solo le persone di destra o di sinistra. L’unica cosa per cui ho deciso di prendere posizione è il sessismo nel cinema. Non è giusto che le donne guadagnino meno degli uomini. Così ho denunciato le discriminazioni. E pazienza se ho fatto arrabbiare un bel po’ di gente e se ho avuto incubi notturni».
È molto riservata anche sulle sue storie d’amore. Ci sono novità?
«Passo la mano, grazie. Quando parlo di uomini, il mondo intero sembra rizzare le orecchie. Se per caso dico qualcosa a un giornalista, quella frase mi perseguita per il resto della vita. Quindi non parlerò mai più di uomini».
Com’è stato recitare accanto a Michael Fassbender nel film X-Men: Apocalisse, nelle sale a maggio?
«Entusiasmante. La storia è ambientata negli Anni 80, quindi il mio abbigliamento è favoloso e anche i miei capelli saranno diversi. Nel film assomiglio al protagonista del reality Dog the Bounty Hunter, un capellone biondo che faceva il cacciatore di taglie. Bellissimo».
Come sceglie i film da interpretare?
«A volte seguo il cuore: guardo il copione e non posso dire di no. In altri casi accetto con registi che ammiro: voglio essere la materia plasmata dalle loro mani. Invece con Darren Aronofsky, con cui girerò un film in marzo, è stato merito di una bottiglia di vino. Il regista l’ha stappata e ha iniziato a leggermi il copione: ho accettato prima che la bottiglia fosse finita».
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