Il male oscuro è una “brutta bestia”, incompresa
"E io, allora, che sono laureata e precaria da anni", dice una ragazza, "che cosa dovrei fare? Altro che Vasco Rossi…". Non c’è proprio pietà per le rock star.
Sono in un piccolo supermarket a fare la spesa, qui in vacanza, e tutti discutono della confessione sulla sua depressione fatta dall’autore della famosa “vita esagerata” ai suoi fan di Facebook .
Intanto agli attacchi della precaria si sono aggiunti quelli di un pensionato «che fa fatica ad arrivare alla fine del mese». Una signora che ha tre figli dichiara che lei «non ha il tempo per essere depressa».
Insomma un coro di battute, critiche e anche qualche dubbio, come quello sollevato dal più giovane del gruppo che sentenzia: «Se voleva dirci che è un po’ tossico, non c’era bisogno di dichiarazioni semiufficiali: l’avevamo già capito…». Non avevo mai toccato così, in diretta, quanto poco la depressione susciti simpatia o solidarietà.
Certo, lo so, lo capisco, in questo caso c’è anche l’aggravante di fama e denaro, che non aiutano certo. Eppure sono convinta che in fondo non cambi granché. La verità è che, nonostante tutto, al depresso si fa fatica a riconoscere dignità di malato.
Se va bene, è un debole che si lascia andare, senza combattere, alle sue fantasie e alle sue ossessioni. Se va male, è un simulatore, un furbo che si nasconde dietro a uno pseudo disagio per non assumersi le responsabilità, per non vivere come gli altri, insomma per sfangarla. E, quel che è peggio, ho la sensazione che spesso gli stessi depressi la pensino allo stesso modo e per questo facciano molta fatica ad accettarsi come malati, veri malati, che devono curarsi.
Poi, certo, nella presunta (lui, dopo essersi mostrato con tanto di farmaci in mano, avrebbe ritrattato e ancora non è chiaro se è stata una vera confessione oppure una provocazione) depressione di uno come Vasco Rossi, c’è qualcosa di più: c’è l’adrenalina della rock star osannata dai fan, che quando è sul palco è come un dio e regala energia e felicità. Poi le luci si spengono e lui torna a essere un uomo come gli altri, alle prese con gli anni che passano, la voce che non è più la stessa e il corpo neanche.
E, immagino, tutto è più difficile quando, per un attimo, sei sopra tutto e tutti e poi devi tornare a fare i conti con la realtà, anche se la pensione è più ricca… Questo spiegherebbe perché così spesso le star, delle più varie forme di spettacolo, soffrano di depressione, nonostante gli assoluti privilegi del loro mestiere e della loro vita.
Oppure, più semplicemente la “brutta bestia”, il male oscuro che attanaglia gli uomini dalla nascita del mondo, è un banale squilibrio chimico, come dimostrano le indagini di molti scienziati, che va affrontato come tale: un cocktail di farmaci e tutto torna a sorridere. O quasi.
Comunque la ricerca di non so più quale università sostiene che genialità fa rima con depressione. Che fortuna essere banalmente “normali”!
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