Un lasciapassare per la ripresa
Dopo destinazioni turistiche, aeroporti e ristoranti, dal 15 ottobre il Green Pass sarà richiesto anche sul luogo di lavoro. I lavoratori dovranno esibirlo, pena la sospensione dello stipendio. La norma interessa oltre 23 milioni di italiani. Dal 15 ottobre cambiano le regole per la scuola – più tamponi e meno quarantene – e per i luoghi di svago. Si torna in sicurezza a riempire cinema, teatri, stadi, palazzetti dello sport e discoteche. Grazia ha chiesto ad alcuni autorevoli esperti di spiegare le novità.
Lavoro: che cosa cambia? Per accedere al posto di lavoro occorre il Green Pass. Senza, si incorrerà nella sospensione, anche dello stipendio. Non è previsto il licenziamento. Nel pubblico impiego ci sarà la sospensione dello stipendio dopo cinque giorni di assenza dovuta alla mancanza di lasciapassare, nel privato fin dal primo giorno. In caso di mancati controlli da parte dei datori di lavoro le multe vanno da 400 a 1.000 euro, mentre per le violazioni dei lavoratori da 600 a 1.500 euro.
«Si aprono alcuni problemi per quei lavori che prevedono turnazione. Un decreto stabilisce che il datore di lavoro possa richiedere al lavoratore, in presenza di esigenze organizzative, una comunicazione con preavviso che permetta di organizzare il lavoro. Il legislatore non dice che cosa si intenda per preav-viso e quali siano le esigenze organizzative che lo giustificano. Inoltre, possono esserci figure non facilmente sostituibili», spiega Tatiana Biagioni, presidente di Agi, l’Associazione nazionale degli avvocati e delle avvocate giuslavoristi. Fra i problemi di applicazione c’è la privacy. Il datore di lavoro deve poter controllare il Green Pass con l’app: «I dati però vanno raccolti in maniera anonima e non sono conservabili. Altro problema riguarda le persone che sono esentate dal vaccino per ragioni di salute e che non hanno l’obbligo di tampone: occorre massima attenzione in relazione alla tutela dei dati personali», dice.
Badanti e colf: Dal 15 ottobre scatta l’obbligo di Green Pass per tutti i lavoratori, compresi badanti e colf. «Molti di loro sono originari di altri Paesi e possono essersi vaccinati altrove», spiega Biagioni. «Se invece il collaboratore o la collaboratrice, anche convivente, non vuole sottoporsi al vaccino, scatta per legge l’obbligo al tampone ogni 72 o 48 ore. L’applicazione è un po’ complessa».
Uffici pubblici: «Si apre l’era della normalità», dice il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta. Dal 15 ottobre i dipendenti pubblici tornano tutti a lavorare in presenza. Sono previste linee guida e meccanismi di controllo e di verifica del Green Pass nelle amministrazioni. Le regole sono le stesse per settore pubblico e privato. Il lavoratore dovrà avere il Green Pass, altrimenti resta a casa senza stipendio, ma senza perdere il posto.
Tamponi e smart working: Per ottenere il Green Pass occorre avere fatto almeno una dose di vaccino, o risultare guariti da Covid e avere un tampone negativo nelle 72 ore (48 se il test è veloce). Sono previsti prezzi calmierati per i test rapidi, il costo è a carico del singolo. Saranno gratuiti per le persone fragili e per chi è esente dalla vaccinazione. Sul tema del costo a carico del lavoratore i sindacati sono critici. Confindustria dice: «Pagare i tamponi a chi non si vaccina va contro il fine con cui il Governo ha varato il provvedimento: incentivare le vaccinazioni. No al pagamento dei tamponi a chi non si vaccina, le persone vanno messe davanti alle loro responsabilità». Stessa regola per lo smart working, dice Maurizio Stirpe, vicepresidente di Confindustria per il Lavoro e le Relazioni Industriali: «Anche chi lavora da casa deve avere il certificato. La finalità dello smart working è rendere più produttiva l’organizzazione, non offrire una via d’uscita a chi non si vaccina».
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Testo di Letizia Magnani
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