Francesca Michielin: La musica non aspetta, l’amore chissà…
A 16 anni è diventata la giovane promessa della canzone italiana ed è dovuta crescere in fretta. Ora che ne ha 21, Francesca Michielin canta, studia in due università e si prepara per un tour. A Grazia confida il suo unico rimpianto: «Non poter stare con la persona a cui voglio bene perché sono troppo impegnata»
Quando, poco dopo la metà di questa intervista, mi accorgo che Francesca ha spento per errore il mio registratore, e glielo dico, un’ombra le attraversa il viso. Diventa scura, è preoccupatissima. Persino più di me. Sono sicura che sta pensando: «Ricominciamo da capo?». Perché in quello sguardo c’è tutto quello che ho imparato di questa 21enne di Bassano del Grappa nel nostro pranzo insieme, di cui non c’è più traccia nel mio registratore. E cioè che Francesca Michielin è rigorosa, severa, prima di tutto con se stessa. Serissima, sul lavoro. Ma ha anche un cuore sensibile che si addice alla sua età.
In cinque anni di carriera - è esplosa che era 16enne, vincendo il talent show X Factor 5 - ha mietuto un successo dopo l’altro, ha collaborato con i più grandi musicisti, ha scritto canzoni per il cinema. Come il brano di chiusura del film Piuma di Roan Johnson, antipasto del suo prossimo tour, che parte da Brescia il 5 ottobre.
«Dopo avere visto Piuma, ho iniziato a scrivere. Ma più andavo avanti, più mi rendevo conto che avevo già una canzone perfetta, Almeno tu, nell’album Di20are. Era in linea con le sonorità della colonna sonora di Lorenzo Tomio. Il testo, che racconta una storia di speranza e la voglia di stare uniti, coincideva con la trama. Come la mia canzone, il messaggio è: “Ce la posso fare, ma devi starmi vicino”».
Lei a chi lo dice, di starle vicino?
«Alla persona per cui ho scritto Almeno tu. Che non è più accanto a me, ma che è stata molto importante. Vuole sapere una cosa curiosa? Piuma esce il 20 ottobre, lo stesso giorno del compleanno di lui. È un cerchio che si chiude, ed è bello che si chiuda così».
Crede alle coincidenze e al destino?
«Tantissimo. La mia vita è sempre piena di coincidenze. Come nel caso dei palloncini rossi ».
Scusi?
«Nel testo con cui introduco Di20are parlo di palloncini: tutti quelli che ti sono scappati dalle mani da bambina, e che mi immagino di notte insieme, sul soffitto, a rappresentare i sogni. Mi capita spesso di vedere dei palloncini rossi e, quando li incontro, penso che siano il mio sostegno nei momenti di difficoltà».
Qual è, tra le sue, la canzone che preferisce?
«25 febbraio. È quella che mi rappresenta di più. È un dialogo immaginario, il giorno del mio compleanno (Francesca è nata il 25 febbraio del 1995, ndr) tra la me stessa di adesso e quella nella pancia della mamma».
E se parlasse a sé stessa tra vent’anni, invece? Che cosa le direbbe?
«Mi accerterei di avere reso ogni giorno speciale, e di non essermi risparmiata».
Ma non è un po’ stanca?
«Solo fisicamente. Per il resto la vita frenetica mi piace. Amo riuscire a piantare tanti semi, sperare che germoglino, e anche riuscire a capire che non tutti lo fanno subito».
Ora che cosa sta seminando?
«L’università. Ne frequento due: studio composizione al Conservatorio di Castelfranco Veneto e Beni Culturali alla Ca’ Foscari di Venezia».
Non crede che in queste due facoltà le insegnino cose che già sa?
«No, c’è sempre da imparare. Io ho l’esperienza, ma non ho metodo e conoscenze che solo i libri ti sanno dare. Mio fratello, che è un insegnante, in camera ha appeso un motto: “Insegnare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco”. Se smetti di studiare a 21 anni, il fuoco non si accende, il cervello ti si blocca per sempre. Come nella ginnastica artistica: se riesci a fare una spaccata fino a 18 anni, poi non la perderai più. Ma se smetti prima, come ho fatto io, non la riprenderai».
Iniziare una carriera come la sua a 16 anni significa rinunciare a molto. Oltre alla ginnastica artistica, a che cos’altro ha dovuto dire di no?
«Alla perfezione. L’ho capito a 16 anni, ascoltando Costruire di Niccolò Fabi. Non potevo lavorare e avere tutti 9 e 10 a scuola. Ho mantenuto voti alti, ma un po’ meno. E poi ho rinunciato a tutto quello che fanno gli adolescenti. Andavo a scuola, e subito dopo a Milano a lavorare. Non ho vissuto quasi nulla, e mi dispiace. Sa, non ho nessun ricordo di un sabato sera fuori a 16 anni. Li passavo tutti a casa a studiare».
Rimpianti?
«No, ho imparato che, quando sei giovane e hai tante responsabilità, non puoi fare sempre le scelte giuste. Ma accidenti, è normale! A volte mi guardo allo specchio e mi dico: “Francesca, hai solo 21 anni”».
Chi altro glielo dice?
«Solo io, mi sa».
Neanche i suoi genitori?
«No, i miei sono molto particolari. Si sono sposati a 20 anni, hanno fatto un figlio subito, poi io sono arrivata dopo 10 anni. Hanno rinunciato a tanto per noi, ci hanno cresciuti con tutto l’amore del mondo, ci hanno lasciati sempre liberi, però ci hanno anche responsabilizzati molto. Loro mi dicono: “Devi comportarti bene”. Che mi aiuta tantissimo, però quando fai questo lavoro devi ricordare a te stesso che, pur comportandoti da grande professionista, ci sono cose che non puoi conoscere perché semplicemente devi ancora viverle».
D’altronde, ha solo 21 anni.
«Non è una questione di quantità di tempo, ma di qualità. Di come tu decidi di alzarti al mattino e sentire la vita».
Lei come la sente, la vita?
«A volte bisogna anche un po’ smettere di pensare, ma uscire, incontrare le persone e ascoltarle, mettere la loro vita nella tua».
Qual è una vita che le è piaciuto mettere nella sua?
«Da quando ero in terza media faccio volontariato, con gli immigrati, in un centro di cooperazione. Ho visto tante realtà difficili e, quando ascolto le storie di queste persone e guardo i loro occhi, ridimensiono quello che vivo io. Bisognerebbe non mettersi mai troppo comodi, perché sennò non si cresce».
Ma lei comoda sembra non ci si metta mai.
«Lo farò a novembre, dopo il tour. Prenderò un mese o due per ricominciare l’università, riposarmi, creare una routine, fare un qualche bilancio».
Ha già organizzato anche il periodo di riposo?
«Il mio motto è: “Anche la noia deve essere produttiva”».
A chi vorrebbe dire grazie, oltre che a se stessa?
«A mamma, tantissimo. Lei fa di tutto per me. Però, anche se il nostro telefilm preferito era Una mamma per amica, ci siamo sempre promesse che lei non avrebbe fatto l’amica. Una madre, è una madre. Altrimenti è diseducativo».
Che cos’è educativo per lei?
«Il rapporto di mamma e papà, che stanno insieme da 33 anni, ma hanno sempre entusiasmo e voglia di sorprendersi. Papà è un “orso”, mamma ha i suoi difetti, però mantengono sempre il fuoco acceso».
Ma una coppia di genitori così non le fa venire un po’ d’ansia da prestazione sentimentale?
«Sì, certo, ma sono dovuta crescere in fretta, a 16 anni. Ho avuto storie importanti da piccola e mi sono resa conto che serve anche un po’ di leggerezza».
Ed è fidanzata?
«No, però sono innamorata».
E che differenza c’è?
«Ho incontrato una persona, a cui voglio un bene immenso, spero che un giorno possa succedere qualcosa. Gliel’ho anche detto, ma ora proprio non posso. Non ho il tempo, ho un tour da fare. Al ritorno, quando inizierò l’università, chissà...».
Come può una ragazza di 21 anni mettere la responsabilità anche davanti all’amore?
«Quest’estate ho conosciuto il cantautore Damien Rice, e lui mi ha detto: “Let it go”. Allora ho capito che bisogna anche “lasciare andare”, che volere bene non significa “volere”, ma “bene”».
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