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Emma Kathleen Ferrer: La mia migliore amica

Emma Kathleen Ferrer: La mia migliore amica

foto di Simona Coppa Simona Coppa — 23 Giugno 2016

Emma Kathleen Ferrer è la nipote di Audrey Hepburn. Ma nella celebre attrice, scomparsa prima che lei nascesse, non ha mai visto una nonna tradizionale. «Anzi, sognavo di averla come compagna di giochi», dice l’ artista a Grazia. «Da quella icona ho imparato ad amare la vita»

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Moon River. Per due giorni ho avuto nella mente la voce di Audrey Hepburn e la colonna sonora di Colazione da Tiffany. Mia figlia, che vive con la musica, sostiene che per liberarti di una canzone che non va via dalla testa devi cantarne un’altra. Funziona. Sono così uscita dall’incantesimo che è cominciato quando ho conosciuto Emma Kathleen Ferrer, figlia di Sean, primogenito della mitica Audrey. Ho incontrato la nipote di Sabrina e di tanti altri personaggi femminili entrati nella storia del cinema e dello stile all’inaugurazione della nuova gioielleria di Tiffany, in via Condotti, a Roma. Emma Kathleen era tra gli ospiti dell’evento. Abbiamo cominciato a chiacchierare a Villa Aurelia, sul colle del Gianicolo, la splendida location dove si è svolta la cena di gala di Tiffany e dove, il giorno dopo, abbiamo scattato il servizio fotografico che vedete in queste pagine.

Emma è un’artista, dipinge e scrive poesie, parla perfettamente l’italiano e della nonna ha il taglio di occhi da cerbiatto e lo stesso sorriso dolce. Nonna e nipote non si sono mai conosciute: Audrey Hepburn è scomparsa nel gennaio del 1993, un anno e mezzo prima della nascita di Emma Kathleen Ferrer, 22 anni appena compiuti. Ma la figlia di Sean ha trascorso la sua infanzia a Tolochenaz, vicino a Losanna, in quella che fu la casa di Audrey negli ultimi trent’anni della sua vita. La chiamò La Paisible, la “tranquillità”, che la diva più amata di Hollywood trovò in Svizzera. Cominciamo da qui.

Emma, ci faccia entrare in quella casa, nel mondo di Audrey Hepburn. Che cosa ricorda di La Paisible?

«Era una costruzione molto rustica, di campagna. Con i lavandini in marmo, un divano verde, una grande cucina. E un bellissimo giardino, pieno di fiori, con il glicine rampicante sui muri. Mia nonna se ne occupava personalmente, adorava il giardinaggio e cucinare spaghetti al pomodoro per tutti».

Quale oggetto appartenuto a sua nonna le è particolarmente caro?

«I suoi golf di cashmere, in particolare uno nero a collo alto. Un orsetto in lino con macchie ormai indelebili di caffè con il quale io dormo ancora la notte. E una collanina d’oro con 17 piccoli cuori che ho ereditato quando ho compiuto 17 anni».

È il suo gioiello preferito?

«Sì. Anche se questi di Tiffany sono stupendi».

Quando ha visto per la prima volta il film Colazione da Tiffany?

«Avrò avuto 5 anni, ero piccola. Poi l’ho rivisto altre volte. Mio padre mi ha parlato tanto di mia nonna, ha cercato di colmare l’assenza, il fatto che lei sia mancata prima che io nascessi. Ma non ha mai insistito per farmi guardare i suoi film».

Tra le fotografie di sua nonna quale preferisce?

«Una delle meno note: lei, giovanissima, avrà avuto 15-16 anni al massimo, che saltella su un trampolino e ride di gusto. Quando l’ho scoperta, non avevo ancora capito che fosse una star e mi sono detta: “Lei è l’amica che vorrei avere”. Neanche da grande sono riuscita a pensare a lei come a una nonna che porta ai giardini i nipotini. Purtroppo l’ho conosciuta solo attraverso gli occhi degli altri, non i miei».

Audrey Hepburn ha smesso di recitare all’apice della carriera per fare la mamma a tempo pieno dei due figli (Sean, avuto dal primo marito, l’attore Mel Ferrer, e padre di Emma; e Luca, nato dal suo secondo matrimonio con lo psichiatra italiano Andrea Dotti, ndr). Che cosa pensa della scelta di sua nonna?

«Sembra strano che una diva come lei volesse dedicarsi totalmente alla famiglia, ma il suo sogno è sempre stato quello della maternità. E non voleva esporre i suoi figli ai finti ideali di Hollywood. Aveva ragione. Quei valori li ho respirati nel periodo in cui io e i miei ci siamo trasferiti a Los Angeles, dove tutto era superficiale. Persino le amicizie tra noi adolescenti seguivano il criterio dell’immagine e del successo. Già a 12 anni quello che contava era di chi eri figlia, come ti vestivi, quanto eri magra».

Secondo lei l’eleganza si eredita o si costruisce?

«L’eleganza è innata. Il savoir-faire s’impara. La vera eleganza di Audrey Hepburn era nella sua anima, tutto il resto non era che un riflesso».

Crescere nel mito di una nonna che rappresenta un’icona di stile come ha influenzato la sua vita?

«Lei era anche una filantropa ed è stata ambasciatrice dell’Unicef, il fondo delle Nazioni Unite nato per aiutare i bambini in difficoltà. Ha trasmesso il suo desiderio di fare del bene a mio padre, e lui l’ha passato a me. Quest’estate andrò come volontaria a Lesbo, in Grecia, per lavorare per i rifugiati».

Lei è nata in Svizzera e cresciuta in California. Ha studiato a Firenze e ora vive a New York. Dove si sente veramente a casa?

«In Italia. Mi ritrovo nella vostra cultura delle tradizioni, della famiglia, della bellezza. In America non esiste un livello estetico come quello italiano».

Continuerà a vivere a New York?

«A New York ho un appartamento-studio molto funzionale. Ma se fosse per me, vivrei in Italia, in Toscana e passerei il tempo a dipingere e ad ammirare la bellezza. Anche se sono giovane una cosa l’ho capita: mai fare progetti a lunga scadenza. E mai dire mai».

Mai dire mai neanche alla carriera di attrice?

«Perché no? Vedremo».

Che cosa vede nel suo futuro?

«La pittura e la scrittura, il volontariato e una famiglia mia».

Mentre ci salutiamo penso che nonna Audrey approverebbe.

© Riproduzione riservata

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