Eccoci ancora qui a parlare di uomini veri
Che botta per il mito dell’eroe virile! La mia amica Francesca ha commentato così il comportamento del comandante della Concordia. Di fronte alla tragedia di morti e dispersi, è l’ultimo dei problemi. Però...
Delle azioni e delle responsabilità di Francesco Schettino, ovviamente, se ne sta occupando la magistratura. Nel frattempo sono stati versati fiumi di inchiostro, e non solo in Italia, per sancire i suoi comportamenti e i commenti più gentili vanno da vigliacco a irresponsabile.
Ma la cosa che più mi ha colpito è stata la reazione di amiche e colleghe scandalizzate da quello che considerano il tramonto dell’immagine del “capitano”, l’uomo per antonomasia, quello che sa sempre assumersi le sue responsabilità e addirittura quasi ama fronteggiare le situazioni di pericolo.
Mito duro a morire, evidentemente, che parte da greci e romani e arriva fino ai piloti di Liala (la scrittrice, qualcuno se la ricorda?). Il che, in sostanza, significa che passiamo le giornate a criticare i comportamenti dei nostri compagni e dei maschi in generale, a fare l’elenco delle loro manchevolezze, dei difetti, degli errori, confrontandoli con la nostra capacità di gestire cose, persone e perfino il mondo, se ce ne dessero l’opportunità.
Ma nel fondo del nostro cuore li pensiamo, e li vogliamo (sogniamo?) e ci crediamo, belli, alti, buoni e virili. Di una virilità, appunto, epica, che parte da lontano, che parla di valori profondi, di una sorta di paternità ancestrale che tutti ci protegge. Poi, certo, negli ultimi anni c’è stato qualche incidente di percorso e abbiamo incrociato parecchi uomini irrisolti, confusi, indecisi.
Qualcuno ci ha anche detto che era colpa nostra, che eravamo diventate aggressive, addirittura mascoline e questo ha fatto rimescolare le carte e confondere ancora di più i giochi. Ma è bastato quel povero Schettino impanicato, che parla al telefono invece che ordinare lo sgombero, che fa fatica a decidere («Comandante, ordini qualcosa», gli urla un ufficiale), che dice bugie, che scappa dalle sue responsabilità e dai suoi doveri a farci reagire e a pretendere che il mito venga rispettato.
Che almeno quando fa il capo (visto che in generale gli piace tanto farlo...) il maschio sia giusto, corretto, etico e coraggioso. Perché, se no, ci arrabbiamo davvero. Vorrebbe dire non poter più credere a niente, a partire dalle favole che ci hanno insegnato che i principi azzurri, nel momento del pericolo, salvano le principesse (e magari, più in generale, le donne e i bambini...) per arrivare a letteratura e cinema.
Ma io ho una tesi che salva capra e cavoli, i nostri sogni e l’archetipo dell’eroe virile. Ed è il fatto che Schettino, semplicemente, è l’eccezione, la regola deviata, e se proprio incarna un eroe, è quello negativo (ce n’è uno in ogni film, no?).
Il vanitoso che ama, e molto, i privilegi del ruolo, ma ne ignora i doveri, lo sbruffone, non vi ricorda qualche personaggio di Sordi?, che però balbetta mentre la guardia costiera gli urla: «Torni subito sulla nave, glielo ordino».
E lo sdegno nella voce di quell’uomo ci conforta e tranquillizza. Eroe è lui che ovviamente rifiuta l’etichetta, i soccorritori, i palombari o gli ufficiali rimasti a bordo che giustamente rispondono alle lodi: «Abbiamo solo fatto il nostro dovere».
E i bambini che aiutavano gli adulti nei soccorsi? Loro sì, sono dei piccoli capitani coraggiosi.
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