La verità sulla cura del presidente Trump
di Antonella Viola - Immunologa, docente di Patologia Generale all’Università di Padova e direttrice scientifica dell’IRP-Città della Speranza.
Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, ha raccontato attraverso i social di utilizzare un farmaco antimalarico, l’idrossiclorochina, per prevenire il Covid-19. Molti lo hanno imitato, come Jair Bolsonaro, presidente del Brasile, scatenando un passa-parola tra personaggi celebri. Trump non è nuovo a consigli molto azzardati contro il nuovo coronavirus: poche settimane fa aveva suggerito di iniettare un disinfettante direttamente nell’organismo. E le conseguenze delle sue parole sono state immediate: c’è stato un improvviso aumento di chiamate ai centri antiveleni.
Anche nel caso dell’idrossiclorochina la sua scelta è personale, e non è al momento sostenuta da evidenze scientifiche (anzi, l’Organizzazione mondiale della sanità ha sospeso i trattamenti con questo farmaco in funzione anti Covid-19, ndr). Ma ha una pericolosa ripercussione sulla popolazione, perché può spingere la gente ad assumere senza controllo medico l’idrossiclorochina, con rischi gravi per la salute. Non solo: se ci fosse una corsa generalizzata all’acquisto del farmaco, chi ne ha davvero bisogno, cioè i pazienti autoimmuni, rischierebbero di non trovarlo.
Eppure già in aprile l’European Medicines Agency e l’Agenzia italiana del farmaco, così come l’Agenzia americana, avevano lanciato l’allarme sui possibili effetti collaterali di questo farmaco. Nei giorni scorsi, l’autorevole rivista scientifica Lancet, in uno studio condotto su 96 mila persone, ha confermato che non ci sono al momento evidenze per assumere questo farmaco contro Sars-Cov2. La verità è che un prodotto come questo va rigorosamente preso sotto controllo medico perché può generare gravi aritmie e danneggiare gli occhi, provocando retinopatie. Non solo: sopprime il sistema immunitario. Viene usato, infatti, nei pazienti autoimmuni colpiti per esempio da artrite reumatoide e lupus, allo scopo di spegnere la risposta immunitaria. In una persona che non ne ha bisogno, è un azzardo.
Il sistema immunitario ci difende dalle infezioni, anche se uno degli aspetti ancora poco chiari di questo virus è proprio la reazione immunologica che scatena. Nel mio laboratorio, per esempio, stiamo studiando perché questa risposta abbia un effetto protettivo in alcuni pazienti mentre in altri no, anzi causi danni che possono portare alla morte. Più precisamente, provoca una “tempesta citochinica”, cioè una grave infiammazione in tutto il corpo.
Lo studio è fondamentale anche per lo sviluppo di terapie e farmaci. Nonostante gli approcci terapeutici siano diventati estremamente più efficaci, a oggi non esiste un farmaco specifico contro il nuovo coronavirus. In attesa di un vaccino, gli anticorpi neutralizzanti prodotti dal sistema immunitario a seguito dell’infezione potrebbero rappresentare il primo approccio terapeutico mirato contro il Covid-19. Anche la terapia con il plasma dei donatori si basa su questa strategia, cioè sul trasferimento delle difese immunitarie da una persona guarita a una ancora malata. Ma questa cura ha un limite, perché può avere effetti collaterali. Nel frattempo, il Covid-19 circola ancora. Né abbiamo prove di una sua minore aggressività: la ragione del crollo dei contagi e dei morti va ricercata nelle imponenti misure che sono state messe in atto e nella migliore comprensione della malattia. È quindi importante non vanificare gli sforzi fatti e continuare a prestare attenzione. E forse questo lo ha capito il presidente Trump che, ultimamente, si è visto indossare la mascherina. (Testo raccolto da Marina Speich)
Articolo pubblicato sul numero 24 di GRAZIA (28 maggio 2020)
© Riproduzione riservata