Interpretando film cult per adolescenti si è costruita la reputazione di talento emergente di Hollywood. Ora la star americana, diventata maggiorenne, torna con una storia su un attacco alieno contro la terra. E a Grazia spiega che
la sua aria da principessa non deve ingannare: «Perché nella vita sono una donna che fa sempre il primo passo»
Sullo schermo è stata teenager ribelle, studentessa carina, ragazza abusata, perfino vampira. Pellicola dopo pellicola, Chloë Grace Moretz ha conquistato il titolo di giovane attrice più promettente di Hollywood. E più impegnata sul set.
Tra l’altro, la star ha dimostrato, ancora adolescente, di avere le idee chiare, sposando cause femministe e dicendo di no a parti che riteneva troppo sexy per lei. Ora che è diventata maggiorenne, i registi cercano Moretz per ruoli maturi. In questi giorni è al cinema con La quinta onda di J. Blakeson, che racconta l’invasione della Terra da parte degli alieni. Il film è tratto dal primo romanzo della trilogia omonima di Rick Yancey e in Italia è appena uscito il secondo volume, Il mare infinito (Mondadori). Nel racconto l’attrice deve combattere per salvare il fratellino Sammy (l’interprete Zackary Arthur), rapito dagli extraterrestri, ma in realtà Chloë lotta, armi in pugno, per una causa più grande. Il futuro dell’umanità, i diritti dei singoli, la parità tra i sessi: ecco che cosa si vede in controluce nella storia
di fantascienza. E non solo in quella.
Il film parla anche di emancipazione delle donne: quali sono i suoi punti di riferimento femminili?
«Mia madre, che nella vita fa l’infermiera, è sempre stata la persona cui ho guardato con più ammirazione: mi piace la perseveranza con cui ha affrontato situazioni difficili. Con lei ho iniziato a comprendere il significato di emancipazione femminile. Per quanto riguarda il lavoro, invece, Julianne Moore è l’attrice a cui mi ispiro. La conosco di persona e mi rivolgo a lei per consigli, anche sulle proposte che ricevo: mi aiuta a prendere le decisioni quando sono in difficoltà».
Lei parla spesso della sua famiglia: deve essere stato facile trasferire questo amore nel suo personaggio, Cassie.
«L’affetto tra familiari è uno degli aspetti che mi hanno colpita quando ho letto la sceneggiatura. Non volevo interpretare la solita storia d’amore tra ragazzi. Possono passare molte persone nella nostra vita, ma il legame di sangue è quello per cui siamo sempre disposti a lottare. Nel film Cassie in più occasioni pensa di non farcela, di non essere in grado di andare avanti, perché è rimasta sola, dopo aver perso tutta la sua famiglia, a eccezione del fratello. E probabilmente, se suo fratello non fosse rimasto vivo, lei si arrenderebbe. La forza che le consente di perseverare è l’amore per i suoi cari».
In alcune scene lei è armata fino ai denti. Che cosa prova quando impugna un’arma da fuoco?
«Ho utilizzato pistole e fucili in diversi film, quindi sono addestrata alla perfezione. Ma in questo caso mi sono dovuta calare nella sensibilità di una ragazza che non hai mai toccato un’arma, e ne è intimorita. Credo sia strano vedere una giovane che imbraccia un mitragliatore, come nel film. Fa molta paura. Il mio tentativo è stato quello di rappresentare una donna che non ha mai veramente voluto impugnare un’arma, ma è stata costretta a farlo, per non soccombere».
Gli alieni di La quinta onda vogliono conquistare la Terra perché gli umani non la meritano più. Che cosa fa lei, nel suo piccolo, per meritarsela?
«Siamo tutti di passaggio sul pianeta e di questo dobbiamo essere consapevoli. Il problema è la nostra presunzione, pensiamo di essere padroni di qualsiasi cosa. Gli alieni del film, osservandoci, vedono che stiamo maltrattando la Terra: distruggiamo l’ambiente e ci uccidiamo a vicenda. Crediamo di possedere la Terra, il nostro corpo, le aziende per cui lavoriamo, ma la verità è che nessuno di noi è proprietario di nulla, se non per la breve durata della nostra vita. Dobbiamo quindi sfruttare al meglio il tempo che ci è concesso».
Lei, che ha solo 18 anni, è sulla scena da quando era una bambina. Com’è stato crescere sotto gli occhi di tutti?
«È un’esperienza istruttiva che insegna a vedere quel che non va. Avevo sei anni quando ho intrapreso la carriera di attrice e le persone mi trattavano in modo gentile. Poi, crescendo, essere una ragazza è diventato un elemento che ha portato a discriminazioni, di cui è impossibile non accorgersi. Questo è un aspetto che mi spaventa e che ho cercato di combattere».
L’attrice Jennifer Lawrence ha denunciato la disparità di retribuzione tra uomini e donne nel cinema: condivide la sua posizione?
«Trovo tutto scandaloso. Noi donne ci diamo da fare quanto gli uomini, e forse anche di più, visto che siamo sul set dalle 4 del mattino per il trucco, mentre loro, che non ne hanno bisogno, si presentano alle 7,30. È una mentalità folle. In altri mestieri la situazione è ancora più grave. E non c’è solo la disparità di genere. Come denunciato in occasione delle nomination agli Oscar, sopravvivono le disuguaglianze razziali. Mi propongono spesso cast di soli attori bianchi, e io mi oppongo: ho pagato un prezzo, per questo».
Scopro che lei ha l’animo dell’attivista: userà la sua celebrità per qualche buona causa? Farà politica?
«Vengo da una famiglia cristiana, ho due fratelli gay e siamo sempre stati contro ogni tipo di disparità. Adesso tengo molto a far capire ai giovani che sono le loro imperfezioni a renderli belli e umani. Da questo punto di vista, adoro la popstar Lady Gaga, portavoce di questa battaglia. Sono cresciuta pensando di non essere mai abbastanza magra o carina. Vedevo le modelle e non mi sentivo adatta per il set. Poi, però, ho capito che quel che si rifletteva nello specchio, e di cui mi vergognavo, in realtà mi rendeva unica. E che accettare i miei difetti faceva di me un essere umano più forte».
Porta avanti le sue idee anche attraverso i social media?
«Sì, li uso. Invece non sono interessata a far parte di un’organizzazione benefica, perché molte di esse intascano grandi somme di denaro. Però mi piace The Happy Hippie Foundation, creata dalla cantante Miley Cyrus: aiuta i giovani senza fissa dimora».
Trova anche il tempo per i corteggiatori?
«Anche nella vita reale sono una donna alfa. Ho imparato le tecniche di autodifesa e so come impugnare un’arma. Questo può allontanare i ragazzi, che si sentono privati di compiti solitamente maschili. Ma sono alta un metro e 60 e chiedo spesso il loro aiuto per spostare pesi e oggetti. Questo li tranquillizza».
C’è qualcosa che la intimidisce degli uomini?
«No. Ma nella nostra società vedo un problema di fondo. Un uomo non dovrebbe sentirsi inferiore se è la moglie a mantenere la famiglia, così come ritengo non debba sentirsi inferiore una donna che sceglie liberamente di non lavorare per seguire i propri figli. Purtroppo ci è stato detto il contrario. Sarebbe bene parlarsi di più per sentirci soddisfatti di quello che siamo. Ed evitare di reprimere le nostre aspirazioni più autentiche».
© Riproduzione riservata