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Capacità di cura e gestione del mondo al femminile

Capacità di cura e gestione del mondo al femminile

foto di Vera Montanari Vera Montanari — 17 Gennaio 2012

Le donne nel gestire il potere sono meglio degli uomini? Per anni in molte ci abbiamo creduto (io, in effetti, ci credo ancora). Più pragmatiche, più materne, più capaci di empatia. Poi, qualcuno dice Merkel o Thatcher...

Il dibattito è di quelli che non si esauriranno mai. Ed è giusto così, perché forse non esiste una sola risposta, quella definitiva, ma tante ipotesi e tutte interessanti (vi consiglio di leggere, su questo numero di «Grazia», la tesi del professor Veronesi, fan dichiarato da sempre di una gestione del mondo al femminile).

Che qualcosa si stia muovendo sul fronte del “potere delle donne” è comunque vero. A partire da casa nostra dove il famoso governo tecnico, il governo “strano” come lo ha definito il suo stesso leader, vede una forte presenza “rosa” e in ruoli tutt’altro che secondari, come il ministro degli Interni, della Giustizia e del Lavoro.

Ed è proprio la questione lavoro, così centrale nel nostro Paese, a richiedere in questi giorni un confronto a tre, tra governo, sindacato e imprese. E (emozione), per la prima volta, le tre parti in causa sono rappresentate tutte e tre da delle donne. Elsa Fornero, che ci ha suscitato tanta simpatia quando si è lasciata andare a un moto di commozione parlando di pensioni e sacrifici, ha però già fatto capire che è meglio non fraintendere: le sue lacrime non sono mai state un segno di debolezza.

Lei ha in testa, per il mercato del lavoro italiano, dei cambiamenti e ha intenzione di ottenerli. Non meno toste sembrano essere le sue “avversarie”: Susanna Camusso, segretaria generale della Cgil, ben decisa a difendere quelli che lei considera gli interessi dei lavoratori, ed Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, che ha già dichiarato, senza mezze misure, di considerare l’articolo 18, o meglio la parte che prevede il reintegro sul posto di lavoro, “un’anomalia italiana”.

Queste tre signore, così diverse eppure in qualche modo simili, se non altro nella determinazione con cui perseguono i propri obiettivi, decideranno del nostro futuro, ma soprattutto di quello dei nostri figli. E io personalmente ne sono contenta, mi fido di ciascuna di loro e so che agiranno per il meglio. Perché la via femminile al potere non credo passi dal sorriso o da una presunta genetica dolcezza femminile, ma dalla nostra natura profonda, quel materno che ci porta a prenderci cura degli altri.

Qualcuno lo chiama empatia. Lo stesso sentimento che probabilmente muove anche la dura Angela Merkel che bacchetta tutti i Paesi d’Europa per proteggere il suo (quale mamma non l’ha mai fatto?), terrorizzandoci con il cipiglio da prof di matematica di antica memoria.

Ma se ci comportiamo a modo, facendo bene i compiti, allora il clima cambia e, come hanno scritto tutti i giornali del mondo, Mario Monti, dall’incontro di Berlino con la Cancelliera tedesca, è uscito “promosso” (testualmente). Ma la prima, l’antesignana di tutte le signore di potere è stata lei: Margaret Thatcher, la lady di ferro, che arriva in questi giorni sul grande schermo, magistralmente interpretata da Meryl Streep.

I minatori d’Inghilterra, quei pochi rimasti, stanno boicottando il film The Iron Lady. Eppure l’unico ministro donna della storia inglese, e anche il più odiato, ha, secondo i più autorevoli economisti, salvato il Paese dal baratro economico.

Il medico pietoso, dice il proverbio, fa la piaga verminosa. Anche le mamme troppo mammone. Almeno in politica.

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