C’è un solo antidoto alla paura: stare vicini
A parte il dolore, il terrore, le macerie, i morti, in una parola la tragedia, il terremoto in Emilia ha messo a nudo la nostra fragilità. La natura ci sovrasta e ci domina, come e quando vuole.
Quando ce lo dimentichiamo, quando esageriamo, sembra che quasi scientemente lei scelga di trasformarsi da madre in matrigna, dando a questo termine il significato che ha nelle favole. E come nella favola più crudele la natura sembra provare piacere a infierire, senza pietà.
Sulla gente che dopo la prima scossa, dopo le notti all’addiaccio, cominciava a pensare di riorganizzarsi una vita normale e invece adesso è stata informata che il terremoto potrebbe durare dei mesi, se non degli anni. E su quelli che per non piangersi addosso, con il sano pragmatismo di quelle terre, erano tornati a lavorare e hanno visto crollare i capannoni e il loro mondo.
Si è speso poco, troppo poco, in sicurezza, hanno detto gli esperti. È sicuramente vero, però ci avevano spiegato che sono altre le zone sismiche. E adesso invece scopriamo, troppo tardi, che gli Appennini premono contro la Pianura Padana, e la placca africana contro quella euro-asiatica... Dopo, è sempre il momento delle spiegazioni, da quelle scientifiche alle più fantasiose.
E c’è chi parla della ubris degli uomini, dell’arroganza con cui ci crediamo i padroni della terra fino a superare i limiti e a fare danni. Qualcuno, invece, ricorda la profezia dei Maya e quindi questi sarebbero solo i presupposti della fine del mondo, pronosticata, guarda caso, proprio per quest’anno...
Sciocchezze, che non strappano neanche un sorriso in questi giorni così tristi. Si è aperta una crepa nella terra e nel nostro cuore. Come sa bene chi il terremoto l’ha provato davvero sulla pelle, nel corpo. Francesca, vicedirettore qui a «Grazia», nel 1976 abitava a Udine e aveva 8 anni. Per mesi, dopo il terremoto in Friuli, ha vissuto in una tendopoli.
In questi giorni, a ogni minima scossa, e a Milano erano davvero minime rispetto a quello che succedeva in Emilia, mi mandava sms disperati perché era tale il panico che le sue gambe si rifiutavano letteralmente di muoversi. Quando la terra ti trema sotto i piedi una volta, per davvero, non lo dimentichi più perché ti tira fuori una paura antica, ancestrale. E incontrollabile.
Però lei racconta anche che, insieme alla paura, di quei mesi le è rimasto un ricordo tenero, un sentimento positivo. Certo, era una bambina, ma fare lezioni sui prati invece che in classe era tanto più divertente e dormire in una tenda una specie di avventura.
Perfino quella strana vita tutta collettiva le piaceva, ma considerate che è una delle persone di miglior carattere che io abbia mai conosciuto... È comunque vero che la solidarietà, lo stare insieme, il condividere con altri sono grandi antidoti al dolore e alla paura.
E un sorriso, spesso, fa più di un farmaco. Ma siccome servono anche quelli, mandando un sms al n. 45500, si contribuisce con due euro. Grazie.
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