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Bérénice Bejo: Sì, ho paura di deludere l’uomo che amo

Bérénice Bejo: Sì, ho paura di deludere l’uomo che amo

foto di Cristiana Allievi Cristiana Allievi — 24 Gennaio 2017

Al cinema sarà una moglie intrappolata in un matrimonio agli sgoccioli. Un ruolo che, per l’attrice francese Bérénice Bejo è stato una sfida. Perché la sua vita sentimentale è molto diversa. Felice. Anche se, rivela a Grazia, le manca ancora una cosa per essere perfetta

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Quando un marito e una moglie si separano si trasformano in due animali in un campo di battaglia, dove vince chi uccide l’altro. È una situazione in cui si tira fuori il peggio, si diventa spietati nel fare l’elenco dei propri meriti e dei difetti dell’altro».

Mentre mi parla, Bérénice Bejo si raccoglie i capelli neri e lucidissimi dietro la nuca. Non capisco subito perché, raccontandomi il suo personaggio in Dopo l’amore, il film di Joachim Lafosse, in cui la vedremo nelle sale dal 19 gennaio, tenga un certo distacco dal personaggio. La vicenda che porta sullo schermo, in un serrato faccia a faccia con l’attore Cédric Kahn, riguarda una coppia in via di separazione e con due figlie costretta a convivere sotto lo stesso tetto a causa delle difficoltà economiche di lui, architetto schiacciato dalla crisi lavorativa. E, come mi racconterà a breve, Bejo ha faticato molto ad accettarsi in un ruolo così realistico e nei panni di una donna apparentemente gelida.

Argentina di Buenos Aires, ma cresciuta in Francia in un famiglia sfuggita negli Anni 70 alla dittatura di Jorge Rafael Videla, l’attrice è diventata una star sei anni fa con il film The Artist, dieci candidature agli Oscar, diretto dal marito Michel Hazanavicius, con cui ha due figli (Lucien, 8 anni, e Gloria, 5).

Bérénice è abituata ai film incentrati su potenti drammi familiari, come ha dimostrato nell’intenso Il passato, con cui tre anni fa ha conquistato Cannes come migliore attrice, e il recente Fai bei sogni di Marco Bellocchio, tratto dal romanzo autobiografico del giornalista e scrittore Massimo Gramellini.

Tra poco la vedremo nel ruolo di una donna che non sopporta più di vivere con l’uomo che aveva sposato, mentre nel film di Bellocchio l’abbiamo vista salvare la vita al suo futuro marito. In quale delle due versioni si preferisce?

«Nessuna in particolare. Se accetto un ruolo è perché penso che mi divertirò. La differenza, nei casi che cita, è che per il film di Joachim ho un ruolo da protagonista, mentre in quello di Bellocchio la mia è stata una parte più piccola, anche se mi ha dato un immenso piacere e molte gratificazioni. Dopo il film con Marco volevo lasciare tutto, trasferirmi in Italia e girare ancora con lui».

Guardando Dopo l’amore mi sono chiesta per tutto il tempo il vero significato del titolo: racconta quello che si trasformano nel tempo tutti i matrimoni? succede alla fine di una relazione o mostra quello in cui

«Il titolo italiano è diverso dall’originale francese che tradotto letteralmente sarebbe “L’economia della coppia”. Comunque capisco perfettamente il suo dubbio e sono felice che, fortunatamente, il rapporto con mio marito Michel non assomigli a niente di quello che succede in questo film. Credo che la maggior parte delle persone abbia storie più felici di questa, su due coniugi che fanno un’immensa fatica anche nel dividersi. Ci sono momenti nella vita di Marie e Boris, i protagonisti, in cui i due si odiano davvero. Ma quello che mi piace molto di questo film è che all’improvviso si capisce perché il mio personaggio è così triste e frustrato: non le piace sentirsi così, ma ha bisogno di attraversare una fase di profonda rabbia per riuscire a perdonare».

Lei, infatti, interpreta una donna quasi spietata.

«Ho voluto costruire una figura molto umana e autentica, una moglie che lavora, che ha figli, un marito e che durante la giornata fa cose normali. Poi ci sono momenti in cui non vorrebbe niente della sua routine, ma deve affrontarla ugualmente. E questo è proprio quello che cerca di far capire al suo uomo quando gli dice: “I bambini non ci sono solo quando vuoi giocare con loro, è un lavoro di tutti i giorni e ho bisogno che tu diventi un uomo responsabile”».

L’odio è un male necessario nel processo di separarsi?

«Prima di perdonare qualcuno che hai amato è necessario odiarlo. E se hai due bambini splendidi, una casa magnifica e capisci che avreste potuto essere una buona coppia, è dura. È un po’ come quando hai 15 anni e odi i tuoi geniori, è una fase necessaria per poi assolverli perché non sono perfetti e soprattutto non sono come tu vorresti che fossero. Marie ha bisogno di comprendere che Boris non sa affrontare le cose nello stesso modo in cui le affronta lei, che è diverso. Ma alla fine capisce che, a suo modo, è un buon padre».

Si chiede mai che cosa farebbe al posto dei personaggi che interpreta, specie in questo caso, visto che anche lei ha un marito e due figli?

«Quando recito non proietto mai me stessa sul personaggio, mentre lo faccio quando guardo il film. La mia vita è l’opposto di quello che recito in Dopo l’amore. Marie è spesso insostenibile, l’incarnazione della durezza. Alla fine delle riprese mi dicevo: “Esci dal mio corpo, mi disgusti”. E ricordo che non sono riuscita a guardare il film, era troppo doloroso».

Davvero?

«Era tremendo vedermi in una donna di pietra che mi assomiglia, ha i miei stessi capelli, indossa vestiti come i miei. Mi chiedevo: “A 40 anni sto diventando davvero così? Sto trasformandomi in questo orrore?”. Per fortuna poco dopo mi sono rivista in Fai bei sogni di Bellocchio. Meno male che so essere anche dolce».

Le capita spesso di avere sentimenti così forti guardandosi sullo schermo?

«In passato sono stata molto insicura delle mie interpretazioni, le cose andavano meglio quando mi rivedevo la seconda volta. Ma è normale che succeda, ti metti così tanto in gioco che poi ti spaventi credendo di essere davvero tu quella che è sullo schermo».

Quando ha capito che non funziona così?

«Per esempio quando ho incriociato Glenn Close agli Oscar, per The Artist. Dai personaggi che ha interpretato mi sarei aspettata una donna molto diversa da quella che ho incontrato. Eravamo sul red carpet e mio marito, per sbaglio, le ha calpestato il vestito, lei è stata quasi timida nel rispondergli».

La nomination agli Oscar l’ha fatta sentire più sicura di sé?

«Senza dubbio, mi ha aiutata moltissimo. Ma direi che anche lavorare con registi diversi da mio marito è stato importante. Per esempio, quando ho girato Il passato con Asghar Farhadi, sono stata lontana da casa per sei mesi. Ma ho scoperto che lavorativamente ero in grado di dare moltissimo anche a un altro».

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di lavorare col proprio uomo?

«Quando sono con Michel seguo i progetti dal primo momento e dopo due o tre giorni mi sento già sicura, poi però c’è il problema di non voler deludere l’uomo che amo. Ma è accaduto anche quando ho lavorato con Farhadi, subito dopo The Artist. Era un grande regista e aveva vinto l’Oscar. Per tre settimane mi sono chiesta se fossi all’altezza».

E comunque a breve tornerà a recitare diretta da suo marito.

«Sì, in Redoutable, che è un film biografico sul regista e sceneggiatore Jean-Luc Godard, in cui io ho una parte minore: a raccontare la storia d’amore tra Godard e l’attrice Anne Wiazemsky saranno soprattutto Louis Garrel e Stacey Martin».

Se valuta che cosa le è successo negli ultimi anni e quello che sognava quando ha iniziato questo lavoro, che cosa vede?

«Da piccola ho sempre voluto fare l’attrice, ma non mi sono mai immaginata il successo o ricoperta di premi. Per forza, è impossibile farlo. Inoltre oggi il cinema è visto anche come una vetrina di celeb e c’è troppa curiosità per tutto quello che accade fuori dal set. Ma non era esattamente così quando ero piccola. È tutto un po’ cambiato, quando parlo con ragazzi giovani li sento dire: “Voglio diventare famoso”. La tv e i reality hanno cambiato le priorità».

Che cos’altro ricorda di quando era bambina?

«Volevo fare cinema perché per me era bello andare a vedere i film con i miei genitori. Desideravo ricambiarli per quel dono, quel piacere. Poi le cose sono diventate più grandi di quello che credevo».

© Riproduzione riservata

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