Giada Biaggi: io e la mia comic persona tra Miuccia e Freud
“Scusami, scusami, non volevo parlare così tanto! Lo so che sono logorroica”, mi dice Giada Biaggi alla fine della nostra intervista, senza accorgersi che tutto il team che ha lavorato al servizio moda di cui è protagonista (e che trovate qui sotto), è rimasto ad ascoltarla.
Sì, perché che siano scritte nella sua newsletteressa, pronunciate nel suo podcast, Philosophy & The City o sui palchi dove prendono vita i suoi monologhi, le parole sono la forza di Giada. Rompono lo specchio della sua timidezza e arrivano in faccia a chi legge o ascolta spiazzandolo e facendo a pezzi i pregiudizi che si formano all’istante davanti a una ragazza con i boccoli biondi vestita Miu Miu che cita contemporaneamente Freud e Gerry Scotti, parlando di sesso ed erotismo con naturalezza.
Camicia e gonna VERNISSE, borsa HALITE, scarpe SANTONI
Ciao Giada, raccontaci la tua storia. Da dove vieni?
Sono nata a Legnano, ma la famiglia di mia madre è siciliana e quella di mio padre ha origini austriache. Non vengo da una famiglia particolarmente intellettuale, ma a quattro anni ho iniziato a leggere. Leggevo qualunque cosa anche il dizionario, e non mi sono più fermata. Ho sempre avuto un lato performativo: alle recite mi facevano sempre fare la protagonista, ma poi l’ho tenuto da parte, non l’ho sviluppato. Studiavo tantissimo e non facevo altro - ti dico solo che ho bevuto il mio primo cocktail a vent’anni - per cui è come se stessi vivendo ora la mia adolescenza.
Dopo il liceo ho studiato Filosofia in Cattolica per cinque anni specializzandomi in Filosofia del Cinema e mi sono laureata.
Nel frattempo lavoravo nei bar e facevo la guida a Palazzo Grassi. Lì la mia capa di allora, che ogni tanto mi faceva scrivere delle piccole cose, mi ha detto “Ti devo presentare Francesco (Montemagno - ndr) di Hearst”, che all’epoca era a capo della sezione Digital. Così ho iniziato a scrivere i miei primi veri articoli, ai quali sono seguiti un tg erotico chiamato Vagina Breaking News e il podcast Philosophy &The City che hanno iniziato a farmi conoscere. Ma, ecco, vivevo una vita divisa a metà tra formazione accademica e comicità e non riuscivo a trovare un equilibrio.
Quando ti sei accorta che avresti voluto diventare una stand-up comedian?
Mi ero accorta di avere un certo spirito portato alla “comedy”. Seguivo moltissimo gli americani, tra tutti Woody Allen, mia grande passione. Ma il momento in cui ho pensato davvero “ecco, voglio fare anche io questa cosa!” È dopo aver visto lo speciale di Iliza Shlesinger su Netflix. Non avevo mai visto una comica, soprattutto in Italia, che si presentasse in quel modo sul palco, un modello di donna molto aspirazionale ed empowering che facesse però riflettere su tutta una serie di tematiche serie. Questo mix l’ho trovato irresistibile.
Quali sono le difficoltà di essere una stand-up comedian in Italia?
In Italia non c’è una vera “scena” come quella americana. Anche nei programmi famosi che vediamo ora c’è ancora l’idea del travestimento che fa ridere o del tormentone. Difficilmente c’è chi fa monologhi sul palco raccontandosi.
Pensa che all’inizio tutte le agenzie che si occupano di spettacoli di questo genere mi dicevano no, questa cosa non funziona in Italia, non piacerà. Non mi capivano perché per loro non rappresentavo lo stereotipo di comicità tradizionale da un lato, né dell’influencer o tiktoker dall’altro e mi sono trovata un po’ persa.
Total look AVIU, sandali MELISSA
E poi cosa è successo?
Ho conosciuto Filippo, un mio amico deejay che faceva anche il pr all’Apollo di Milano. E così ci siamo inventati il primo vero spettacolo che ho fatto, Daddy Issues. Non avevo mai venduto biglietti prima, avevo partecipato solo a serate open mic e invece mi sono ritrovata a gestire un palco per più di un’ora. Da quel momento ho ricevuto diverse proposte e tutto è partito.
Come è nato Daddy Issues?
Mio padre se n’è andato di casa quando avevo 6 anni e ho sempre cercato figure paterne un po’ bislacche. È stato un modo terapeutico per superare il complesso edipico.
Quale è la cosa che ti preoccupa quando sali sul palco?
La comicità non è adatta a qualunque pubblico. Una professionista come Iliza se la metti davanti a una audience sbagliata potrebbe non far ridere nessuno. Sono importanti gli incastri, non ti puoi mettere dappertutto e devi sapere quale pubblico fa per te, per fare in modo che il tuo messaggio arrivi senza offendere e facendo riflettere. Henry Bergson nel suo saggio sul potere intellettuale della risata diceva che la risata anestetizza il cuore per arrivare direttamente all’intelletto, per prendere in giro qualcosa in modo intelligente devi prima averla compresa.
Gilet NITTO, foulard ADAIS, gonna STELLA MCCARTNEY, scarpe slingback SANTONI
Perché non ci sono tante donne ‘comiche’?
Perché spesso le persone vogliono ascoltare donne che fanno lo stesso tipo di comicità che fanno gli uomini, magari che le prendono in giro nel loro aspetto fisico. Non basta essere una donna comica per essere femminista, c’è bisogno di una vera presa di coscienza e di un tipo di comicità che lasci da parte le battute più becere. È importante secondo me porsi il problema di chi prendi in giro e in quale momento storico, non si può prescindere da queste cose. Credo anche che ci sia un po’ una sorta di fratellanza tra comici uomini che si aiutano, lasciando le donne indietro, mentre oggi è molto importante fare sistema e spingersi l’un l’altra.
Sul livello generale secondo me è stato illuminate il Festival di Sanremo: da una parte avevi la musica e gli artisti avanti con la rappresentazione, penso solo a Mahmood e Blanco, e poi quando arrivava la parte che doveva essere comica tutto si abbassava a un livello di intrattenimento davvero scarso.
Camicia NITTO, abito PROVINCIA, anelli ILENIA CORTI VERNISSAGE, slingback SANTONI
Stai lavorando molto con la tua immagine, come ti trovi?
Da piccola ho fatto la modella dai 6 ai 16 anni e mi è sempre piaciuto essere fotografata. Questa cosa però ha sempre lasciato le persone un po’ spiazzate. Ho fatto la giornalista per tanti anni, sto scrivendo un libro e mi scrivo tutti gli spettacoli da sola, ma ancora ci sono persone che vedendomi pensano che abbia dei ghost writer e sinceramente lo trovo un po’ frustrante.
Siamo disabituati a vedere un certo tipo di persone, che si pongono in un certo modo associate al mondo intellettuale. Quando faccio le battute più cerebrali c’è come un effetto di shock da parte del pubblico. E non è perché non le capiscano, ma perché non se le aspettano da una ragazza bionda con il rossetto e vestita di tutto punto. È come se alle donne non fosse concesso il vantaggio della complessità, nessun uomo viene mai tacciato di essere troppo intellettuale o troppo vivace o vestito troppo bene, noi dobbiamo essere sempre chiuse in scatole preconfezionate. Credo sia importante creare nuovi modelli che le ragazze possano seguire.
Orecchini ADAIS, abito SALONI, ankle boots SANTONI
La moda per te è importante, si vede, da dove viene questa passione?
Nasce da Miuccia Prada (lo so sono banale come quelli che dicono che fanno musica perché ascoltavano i Velvet Underground), per me lei è una figura davvero importante in cui in qualche modo mi rivedo. Ha fatto un dottorato in Filosofia e poi ha portato la politica nella moda per cui è stata proprio una folgorazione per me. È grazie a lei che ho iniziato a mixare capi più sexy con cose più ‘tirolesi’, passami il termine. La moda mi aiuta a non disunirmi, come direbbe Paolo Sorrentino, a mettere in sintonia tutte le parti diverse di me.
Ti è capitato di venire criticata, sui social e non?
Quando sei su un palco la maggior parte delle persone forse si aspetta che tu ti faccia portavoce di qualunque battaglia, ma io credo sia importante parlare di quello che conosci tu e di quello che ti riguarda, comic persona permettendo. Ad esempio la mia amica Laura Pusceddu è una comica trans e fa un sacco di battute sulle persone trans ed è giusto così, come Ali Wong fa battute su persone di origine asiatica.
Mi hanno anche accusata di “dick shaming” (ride -ndr) perché ho fatto una battuta sul micropene. Trovo le battute sul sesso troppo divertenti, anche se non mi porteranno a trovare marito temo!
Cardigan MARCO RAMBALDI, gonna SARA LANZI, sandali MELISSA, borsa HIBOURAMA
Cosa ti aspetti dai prossimi mesi?
Questo è un periodo molto bello per tutte le cose che stanno succedendo nel mio lavoro ma anche di grande sofferenza. Ho perso mio padre due settimane fa e sono molto provata però credo anche che nella mancanza si trovi un motore per andare avanti e creare. In un mondo in cui si vuole avere tutto, vivere ai margini della mia mancanza e convivere con il mio dolore si sta rivelando risolutivo.Dall’altra parte c’è il mio libro che uscirà questa estate ("Il bikini di Sylvia Plath" edito da Nottetempo) e tante date sui palchi che mi aspettano come il 13 aprile all’Alcazar di Roma, e sto girando per gli open mic di Milano de Il Nemico in via Piacenza e poi farà un progetto assieme a Zelig. Il mio sogno? Fare un film e trasformarmi nella Woody Allen donna femminista intersezionale che ancora non c’è.
Credits:
Foto: Martina Ferrara
Video: Chiara Arfelli
Styling: Francesca Crippa
Stylist Squad: Anna Opizzi, studentessa di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti
Mua-Hair: Elena Gaggero
Production: Ana Maria Matasel
Creative Direction e intervista: Sara Moschini
Supervisione: Daniela Losini
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