Carolina Capria: Siamo molto più di un'immagine
I ragazzi oggi condividono senza sosta foto e video ed è come se fossero sempre davanti a uno specchio. Nel suo nuovo romanzo la scrittrice Carolina Capria racconta le insicurezze che nascono da quest’abitudine. E qui dice che spetta agli adulti aiutare i giovani ad avere un’idea più completa di se stessi
Se avessi la possibilità di chiedere a mia nonna quante volte al giorno da ragazza guardasse la propria immagine riflessa in uno specchio, sono certa che sorriderebbe e mi risponderebbe: “Mai”. Mi spiegherebbe poi che l’abitudine di specchiarsi non ha fatto parte né della sua infanzia né della sua giovinezza, e che il passaggio davanti allo specchio è diventato un rituale del mattino solo quando era già grande.
Se poi la stessa domanda la ponessi a mia madre, probabilmente riceverei una risposta simile. Mi direbbe che da ragazzina capitava che passasse ore a truccarsi, vestirsi e acconciarsi in vista di una festa o un’occasione speciale, ma poi preciserebbe che non era una cosa che avveniva quotidianamente, e che talvolta le capitava di incrociare il suo sguardo nello specchio solo quando al mattino si lavava la faccia. Ma se invece rivolgessi questa domanda a una ragazza che si appresta a vivere l’adolescenza nel 2022, quasi sicuramente riceverei una risposta diversa, perché appartiene a una generazione che ha spesso lo sguardo puntato su un display, una generazione per cui il contatto con la propria immagine è diventato costante, così come lo è diventato il confronto con l’immagine che di sé offrono gli altri, che si tratti di amici o di sconosciuti.
Il tempo passa, ed è normale che le modalità di comunicazione cambino: è giusto cogliere il numero sempre maggiore di possibilità e approfittare dell’opportunità di esprimersi attraverso mezzi che fino a poco tempo fa non esistevano.
Ma in una società nella quale si ha sempre davanti agli occhi il proprio aspetto, il rischio che questo assuma più importanza di quella che dovrebbe avere è concreto, soprattutto in un momento della vita in cui si cerca di capire chi si è e a che cosa si vuol dare valore.
Mi domando spesso come sarebbe stato per me crescere in una società nella quale i social, e quindi tanto l’autorappresentazione quanto il confronto, fossero così presenti. Sarei stata più insicura? Lo sarei stata di meno? Avrei avuto un rapporto migliore o peggiore con il mio corpo e con il mio aspetto? Avrei passato il tempo a cercarmi difetti e a nasconderli, o invece avrei trovato il modo di affermare la mia esistenza attraverso la consapevolezza della mia unicità?
Risposte ovviamente non ne ho, perché essere nata in un’altra epoca mi permette di valutare solo usando paramenti che non appartengono a chi calpesta il mondo in questo momento.
L’unica cosa che so con certezza è che gli adulti hanno un compito importante: non giudicare, ma essere presenti e cercare di capire, per quanto possibile, un linguaggio che spesso appare oscuro e che sì, comprende anche un uso peculiare della propria immagine.
E provare a ricordare sempre, a noi stessi e alle persone giovani che ci gravitano intorno, che l’immagine che riflette lo specchio o rimanda il display di un cellulare non è l’unica cosa che siamo, ma una parte, un piccolo pezzetto, e che crescere significa anche mettere insieme questi pezzi e sentirsi finalmente tutte intere.
Di Carolina Capria
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